In un clima politico già avvelenato da mesi di propaganda e tensioni pre-elettorali, l’ennesimo affondo contro le istituzioni arriva da Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, che torna a colpire il Quirinale brandendo come arma un articolo di un giornale notoriamente di parte come La Verità. Ancora una volta, il partito della premier sceglie di inseguire una narrazione complottista che mette in discussione la lealtà del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e lo fa appoggiandosi su una ricostruzione che non ha nulla del giornalismo d’inchiesta e molto della fabbrica del sospetto.
Tutto si accende dopo il pezzo di Maurizio Belpietro, intitolato “Il piano del Quirinale per fermare la Meloni”, un testo che sembra più un esercizio di fantapolitica che un reportage, e che tratteggia un gruppo di oscuri consiglieri impegnati a tramare contro il governo. In questo quadro caricaturale spicca il nome di Francesco Saverio Garofani, descritto come l’artefice di un disegno per far crollare l’esecutivo. Una narrazione tanto grave quanto priva di riscontri, ma sufficiente per offrire a Bignami il pretesto per insinuare che il Colle stia “ostacolando” la premier, un’accusa che avrebbe richiesto cautela, non un assalto frontale.
La reazione del capogruppo di FdI è infatti immediata e minacciosa. Chiede una “smentita senza indugio” al Quirinale, dando per scontato che, in mancanza di una presa di posizione, le fantasie pubblicate da La Verità assumerebbero valore di prova. Una logica rovesciata che finisce per trasformare la Presidenza della Repubblica in imputato di un processo costruito a tavolino. Dietro le parole di Bignami affiora una strategia chiara: insinuare che il garante della Costituzione stia lavorando per indebolire il governo, un’accusa che sconfina apertamente nella delegittimazione istituzionale.
A complicare il quadro c’è la posizione di Belpietro, che invece di chiarire, raddoppia l’attacco sostenendo di confermare “parola per parola quanto pubblicato oggi” e accusando chi critica il suo articolo di voler mettere “il silenziatore”. L’idea che un consigliere del Presidente complotti per produrre un “provvidenziale scossone”, come riportato nel pezzo, suona meno come una notizia e più come un pretesto costruito per colpire il Quirinale nel cuore della sua funzione di equilibrio. Il tentativo di Belpietro di trasformare un retroscena traballante in una verità politica appare come parte di un disegno di destabilizzazione che giova solo a chi vuole trascinare Mattarella nella polemica quotidiana.
Il Quirinale, con una nota che non lascia spazio a interpretazioni, ha risposto con fermezza, esprimendo “stupore” per le parole di Bignami e definendo l’ennesimo attacco “costruito sconfinando nel ridicolo”. È un richiamo forte, di quelli che arrivano quando la linea viene superata. La Presidenza della Repubblica mette così un punto definitivo su una vicenda che non avrebbe dovuto nemmeno toccarla, se non fosse per il tentativo di una parte della maggioranza di creare un caso artificiale contro l’unica istituzione rimasta estranea al gioco della propaganda.
Eppure Bignami insiste, ribaltando il senso della nota quirinalizia e trasformando la richiesta di smentita in un ulteriore strumento di pressione. “Io non mi sono minimamente permesso di tirare in ballo il Quirinale”, afferma, mentre ogni sua parola dimostra esattamente il contrario. Rivendica di non aver chiesto l’intervento di Mattarella, ma pretende che a rispondere sia “colui a cui i virgolettati sono attribuiti”, alimentando così un clima di sospetto che non ha alcuna base se non quella costruita dal quotidiano di Belpietro. È un gioco pericoloso: creare un nemico istituzionale dove non esiste, insinuare che il Colle sia parte di una manovra politica, avvelenare l’opinione pubblica con l’idea che il Capo dello Stato complotti contro il governo.
L’opposizione condanna compatta quello che definisce un attacco “inaudito” e “intollerabile”. Chiara Braga sottolinea che “FdI getta fango sul Quirinale”, mentre Zingaretti, Boccia e altri dirigenti dem denunciano l’assurdità di trasformare una “bufala” in un caso politico. Le parole di +Europa e Avs sono ancora più nette: Riccardo Magi parla di un “retroscena squinternato della solita stampa di destra”, mentre Angelo Bonelli definisce l’episodio “gravissimo” e accusa Bignami di “gettare ombre sul Colle per fini politici”. Tutti, con toni diversi, convergono su un punto: l’attacco non è casuale, è parte di una strategia. E se Meloni non prende le distanze, quella strategia rischia di portare il conflitto tra istituzioni a un livello mai visto dalla nascita della Repubblica.
Il caso non è solo un’altra polemica. Ha il sapore di un test: vedere fino a che punto si può spingere la macchina della propaganda contro un’istituzione che ha sempre rappresentato la stabilità del Paese. Per questo la vicenda non è marginale, né è soltanto un episodio mediatico. È il segnale che una parte della maggioranza sta tentando di trascinare il Quirinale nella competizione politica, delegittimandolo con insinuazioni costruite attorno a un articolo che non reggerebbe a un controllo di veridicità. È un precedente pericoloso, che alimenta sfiducia e mina il ruolo super partes del Presidente della Repubblica.
In un’Italia già attraversata da crisi economiche e tensioni internazionali, attaccare Mattarella con narrazioni senza fondamento non è solo irresponsabile: è un atto di fragilizzazione del sistema istituzionale. La sensazione è che qualcuno, dalle parti della destra di governo, stia cercando un capro espiatorio preventivo, da agitare nel caso in cui le elezioni del 2027 non vadano come previsto. Intanto, La Verità rivendica uno “scoop” senza prove, Bignami si aggrappa a un retroscena inconsistens e il Quirinale è costretto a ribadire l’ovvio: la Presidenza della Repubblica non trama, non parteggia, non complotta. E chi insinua il contrario lo fa per indebolire l’unica istituzione che, in questa stagione di estremismi e propaganda, continua a essere percepita come un punto fermo.
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