L’insofferenza crescente di Meloni e Fazzolari verso il Colle dietro l'attacco di Bignami

A Palazzo Chigi cova da settimane un’inquietudine che ha finito per esplodere in pubblico, trasformandosi in uno scontro diretto con il Quirinale.

L’insofferenza crescente di Meloni e Fazzolari verso il Colle dietro l'attacco di Bignami
Fazzolari e Meloni
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19 Novembre 2025 - 12.14


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A Palazzo Chigi cova da settimane un’inquietudine che ha finito per esplodere in pubblico, trasformandosi in uno scontro diretto con il Quirinale. La miccia si accende nei giorni successivi allo stop imposto dal presidente della Repubblica al decreto sulla sicurezza e sulla violenza di genere, un provvedimento che il governo Meloni considera strategico. Dal Colle arrivano osservazioni tecniche sulla copertura finanziaria e sulla tenuta costituzionale del testo, ma a Roma, nelle stanze del governo, quelle riserve vengono vissute come un’ingerenza politica. Un sentimento di fastidio che circola da tempo tra i collaboratori più stretti del premier e che si cristallizza in una serie di messaggi scambiati in una chat Telegram ristrettissima, in cui figure chiave dell’esecutivo si confrontano con toni sempre più irritati.

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È in quella chat, gestita e animata dal sottosegretario Claudio Fazzolari, che prende forma la linea dura. Fazzolari, uomo di fiducia di Meloni e punto di riferimento dell’apparato comunicativo del governo, è tra i primi a indicare il Quirinale come un ostacolo alla piena attuazione dell’agenda di Palazzo Chigi. Nei messaggi, che secondo ricostruzioni giornalistiche sarebbero circolati in forma di screenshot, emerge un linguaggio aggressivo e un invito esplicito a reagire pubblicamente. Il deputato di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami raccoglie immediatamente il suggerimento e prepara un attacco frontale. Il suo post sui social, in cui accusa Mattarella di un “golpe istituzionale”, appare meno come un’iniziativa personale e più come un tassello di una strategia definita a monte.

Dietro le quinte, Meloni segue ogni passaggio. Non interviene per fermare l’affondo e anzi, secondo fonti interne, incoraggia i suoi a mostrare compattezza e determinazione. Il clima, nel suo entourage, è quello di una crescente insofferenza verso i moniti del Colle, percepiti come un freno in un momento in cui il governo vuole dare accelerazione su dossier identitari. Le tensioni, in realtà, non sono episodiche. Dalle perplessità presidenziali sul condono fiscale ai dubbi sulle nomine nelle partecipate pubbliche, fino ai richiami sulla legittimità di alcune norme, ogni intervento di Mattarella ha alimentato un senso di accerchiamento nelle file della maggioranza.

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L’uscita di Bignami scatena reazioni immediate. Le opposizioni parlano di una deriva eversiva, Forza Italia e Lega prendono le distanze, mentre nel governo si lavora a fissare una linea di comunicazione capace di minimizzare il conflitto senza rinnegare l’impostazione di partenza. Fazzolari, in un’intervista radiofonica, sceglie un registro più misurato ma non rinuncia a lanciare frecciate al Colle. Meloni, nel frattempo, convoca una riunione ristretta a Palazzo Chigi in cui invita i suoi a non arretrare e ribadisce la necessità di mostrare “autonomia politica” rispetto alla presidenza della Repubblica. È un modo per serrare i ranghi e per riaffermare la leadership del premier in un momento di tensione crescente.

Dal Quirinale la risposta non arriva sotto forma di dichiarazioni pubbliche, ma con un incontro riservato tra Mattarella e Meloni. I toni sono sobri, ma il confronto è franco. Il presidente ricorda i limiti imposti dalla Costituzione; il premier rivendica la legittimità del mandato ricevuto dagli elettori. Sullo sfondo rimangono i prossimi passaggi istituzionali che rischiano di esasperare ulteriormente il rapporto tra i due palazzi: l’approvazione della legge di bilancio, i nodi europei su migrazioni e fondi del Pnrr, le riforme che il governo intende rilanciare nei mesi successivi.

Fra le file della maggioranza emergono crepe, soprattutto tra chi teme che uno scontro frontale con il Colle possa indebolire il governo in un momento in cui servirebbe maggiore equilibrio. Ma Meloni sembra intenzionata a trasformare la vicenda in un’occasione per rafforzare la propria presa sul partito, elogiando pubblicamente chi è rimasto fedele alla linea e invitando chi ha dubbi a farsi da parte. Una strategia che guarda già alle prove future, dalle amministrative all’orizzonte del 2026 fino alle dinamiche che si apriranno con il successivo passaggio quirinalizio.

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La vicenda del decreto sicurezza resta sospesa in un limbo, mentre il governo studia modifiche per evitare un braccio di ferro formale con Mattarella. Ma è evidente che il punto di rottura non è solo un provvedimento legislativo. È il rapporto tra potere esecutivo e presidenza della Repubblica a essere entrato in una nuova fase, più tesa e più fragile, con una premier convinta che il sistema stia limitando la sua azione politica e un capo dello Stato determinato a difendere il ruolo di garanzia che la Costituzione gli assegna. La crisi, per ora latente, è destinata a riaffiorare. La chat di Fazzolari ne è solo il sintomo più visibile.

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