La destra strumentalizza la storia della famiglia nel bosco per delegittimare i magistrati e piegare il referendum
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La destra strumentalizza la storia della famiglia nel bosco per delegittimare i magistrati e piegare il referendum

Strumentalizzare la triste vicenda della famiglia nel bosco a fini politici è un’operazione spregiudicata e immorale.

La destra strumentalizza la storia della famiglia nel bosco per delegittimare i magistrati e piegare il referendum
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Giovanna Musilli Modifica articolo

27 Novembre 2025 - 22.17


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Strumentalizzare la triste vicenda della famiglia nel bosco a fini politici è un’operazione spregiudicata e immorale. La destra di governo, indefessamente impegnata a delegittimare la magistratura per potersi garantire l’impunità, si sta servendo di una vicenda delicata per fare propaganda. Lo scopo, naturalmente, è quello di indirizzare il rancore dell’opinione pubblica verso la magistratura, così da vincere il referendum costituzionale sulla separazione delle carriere. 

Il ministro dei trasporti Matteo Salvini che ha apostrofato come “ladra di bambini” la giudice che ha disposto l’allontanamento della famiglia. E la stessa giudice è stata poi oggetto di minacce di morte. D’altronde, additare alla pubblica gogna una singola persona non può che avere conseguenze del genere. 

Il ministro della giustizia Carlo Nordio rivendica la libertà dei genitori di gestire i propri figli, in nome di un liberismo che vede nello stato un ingombro, un male necessario, un ente estraneo e oppressivo al quale dovrebbe essere attribuito l’unico compito di garantire l’ordine pubblico. Si tratta con ogni evidenza di una variante della concezione dello “stato minimo” di matrice liberale, che interpreta la società in chiave atomistica, frammentata, individualistica, in cui ciascuno fa per sé, gli ultimi restano indietro, e la disuguaglianza la fa da padrona. Il contrario dello stato delineato dalla nostra Costituzione. In questa prospettiva, i bambini devono affidarsi alla buona sorte e sperare di nascere in famiglie capaci di crescerli in modo equilibrato. 

Peraltro, l’afflato libertario del governo vale solo per i cittadini bianchi e ruralisti, mentre non vale per i rom, tanto che di recente Giorgia Meloni si è vantata di una legge che fissa a due anni la pena per chi non manda i figli a scuola e non usufruisce del sistema codificato dell’homeschooling. 

Nel caso specifico, lo stato ha riscontrato criticità nella gestione di tre bambini che vivevano senza acqua potabile, senza elettricità, senza fornire un adeguato servizio di istruzione, senza rete fognaria, senza controlli sanitari. Dopo un anno di tentativi di mediazione con i genitori, gli assistenti sociali sono intervenuti allontanandoli dal bosco. 

La questione è delicata, perché separare una famiglia non è mai facile. Soprattutto laddove non vengano riscontrati abusi fisici o psichici, come in questo caso. 

In effetti, se c’è una critica che è legittimo muovere alla decisione del giudice, è proprio questa: la famiglia avrebbe potuto essere condotta nella casa-famiglia senza essere separata. Non c’è motivo per cui la madre possa vedere i figli solo tre ore al giorno e il padre solo qualche minuto. 

Tanto più che, nonostante i proclami del governo, la medesima severità non sembra applicarsi a tutti i bambini che non vanno a scuola (si pensi a tanti bambini rom), né tantomeno ai bambini maltrattati di famiglie perfettamente integrate nella società dei consumi. È di pochi giorni fa la notizia del bimbo ucciso dalla madre che per mesi aveva chiesto di non rimanere solo con lei. 

Nel caso della famiglia nel bosco, sembra essere stata applicata una severità ingiustificata.

Il che non significa che lo stato non dovesse intervenire: in un paese democratico, lo stato deve vigilare che la libertà dei singoli non sconfini nel mettere in pericolo terzi, tanto più se si tratta di minori. La Costituzione delinea uno stato che combatta le disuguaglianze, che garantisca servizi universalistici ai suoi cittadini, che li protegga da condizioni di vita pericolose, a maggior ragione se minori. Bambini in condizioni igieniche di rischio, non sufficientemente alfabetizzati, non vaccinati, ed esclusi anche da minime forme di socialità devono essere tutelati, se non dai genitori, dallo stato. D’altro canto, però, separarli dai genitori non può che averli ulteriormente traumatizzati, e avrebbe dovuto essere evitato. 

Insomma, mentre il governo strumentalizza la vicenda per vincere il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati, lo stato applica misure inutilmente severe contro una famiglia che ha scelto di vivere come si faceva prima della rivoluzione industriale, ma di sicuro non ha né maltrattato, né abusato dei figli. 

Si spera che la maggior parte dei cittadini riesca a evitare le tifoserie da stadio, e a comprendere le implicazioni emotive, morali, sociali e politiche di una vicenda troppo complessa per essere data in pasto all’opinione pubblica come bistecche ai leoni.

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