Uno studio italiano rivela la spia per l'Alzheimer precoce

Si tratta della degenerazione della sostanza bianca cerebrale. Lo studio dei ricercatori dell'Irccs ospedale San Raffaele di Milano

Uno studio italiano rivela la spia per l'Alzheimer precoce
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3 Giugno 2015 - 22.09


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Secondo uno studio firmato da un gruppo di scienziati dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano un nuovo marker permetterà di diagnosticare l’Alzheimer precoce. Si tratta della degenerazione della sostanza bianca del cervello. Il lavoro, finanziato dal ministero della Salute, è pubblicato su Radiology. Per i ricercatori l’Alzheimer si annidi sulle fibre della sostanza bianca, da una regione all’altra del cervello. E proprio le anomalie di questa sostanza sarebbero rivelatrici, in particolare, delle forme giovanili o atipiche della patologia neurologica.

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“L’Alzheimer è una malattia della sostanza grigia – ha sottilineato Federica Agosta, ricercatrice presso l’Unità di Neuroimaging quantitativo diretta da Massimo Filippi, e co-autrice dello studio – Tuttavia il danno alla sostanza bianca gioca un ruolo centrale nel determinare le modalità di comparsa e di progressione della patologia”, caratterizzata dalla presenza di depositi anomali di placche amiloidi e proteina tau a livello del cervello, e da una progressiva perdita di tessuto cerebrale, ma dall’origine ancora misteriosa.

Gli esperti del San Raffaele hanno utilizzato uno strumento di imaging avanzato, chiamato Dti (Diffusion Tensor Imaging), per studiare la sostanza bianca di 53 pazienti colpiti da 3 tipi diversi di Alzheimer: quello a esordio precoce e 2 varietà atipiche di Alzheimer giovanile dette ‘sindromi focali’, che colpiscono soltanto alcune parti del cervello. La Dti – ha precisato una nota da via Olgettina – è una tecnica di risonanza magnetica che sfrutta il movimento delle molecole di acqua per caratterizzare la microstruttura dei tessuti biologici ed è estremamente sensibile alle alterazioni della sostanza bianca.

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“Nel nostro studio – hanno spiegato Agosta e Francesca Caso, prima autrice del lavoro – abbiamo utilizzato la Dti per individuare analogie e differenze nel danno della sostanza bianca nell’ambito di tutto lo spettro della malattia di Alzheimer a esordio giovanile e in rapporto ai quadri di atrofia corticale”. Dall’analisi è emerso che tutti i pazienti avevano un esteso danno alla sostanza bianca (corpo calloso, fornice e fasci principali antero-posteriori) e presentavano danni regionali a carico della sostanza grigia. “Ma il danno alla sostanza bianca nei pazienti con sindromi focali – ha aggiunto Agosta – era molto più grave e diffuso del previsto e non spiegabile solo attraverso l’atrofia della sostanza grigia, che era più localizzata”.

A differenza dell’Alzheimer a esordio tardivo, che colpisce dopo i 65 anni ed è caratterizzato principalmente da una progressiva perdita di memoria chi soffre di Alzheimer precoce presenta alterazioni a carico di diverse parti del cervello, in aggiunta al classico quadro di atrofia dell’ippocampo, e conseguenti deficit delle funzioni esecutive e visuo-spaziali. Le sindromi focali possono determinare alterazioni visive e deficit di linguaggio.

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