Fatica, febbre e mialgie: dopo un anno dal Covid ecco i sintomi per i guariti

La ricerca dell'Iss: "La mancanza di una definizione precisa e l'ampiezza dei sintomi rendono difficile una valutazione epidemiologica"

Sintomi del Covid a lungo termine
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2 Luglio 2021 - 09.51


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Le ripercussioni del Covid si sentono anche dopo un anno: questa è la sua forza.

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Fatica, astenia, febbre, mialgie: sono questi alcuni dei sintomi del ‘long Covid’.

“A distanza di oltre un anno dall’inizio della pandemia da Sars-CoV-2 un numero importante di persone colpite da Covid-19 presenta manifestazioni cliniche non si esauriscono nelle prime settimane della fase acuta sintomatica, ma possono prolungarsi precludendo un pieno ritorno al precedente stato di salute. Questa condizione di persistenza di sintomi, che può riguardare soggetti di qualunque età e con varia severità della fase acuta di malattia, è stata riconosciuta come una entità clinica specifica, denominata appunto ‘long Covid'”.

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A fare il punto è l’Istituto superiore di sanità (Iss) nel rapporto ‘Indicazioni ad interim sui principi di gestione del Long-Covid’ pubblicato online.

“Questa condizione, sebbene ampia e variabile nella sintomatologia, ha richiesto la creazione di percorsi locali di diagnosi e assistenza basati su un approccio multidisciplinare – chiarisce l’Iss – Il rapporto sintetizza l’inquadramento attuale di questa nuova condizione e fornisce indicazioni generali per la sua presa in carico, in linea con le raccomandazioni fornite dall’Organizzazione mondiale della sanità”.

“Le manifestazioni cliniche del ‘long-Covid’ sono molto variabili e ad oggi non esiste un consenso sulle loro caratteristiche – ricordano gli esperti dell’Iss – poiché i sintomi attribuiti a questa condizione sono numerosi ed eterogenei e possono riguardare soggetti di qualunque età e con varia gravità della fase acuta di malattia. La mancanza di una definizione precisa di questa condizione e l’ampiezza dello spettro sintomatologico rendono difficile la valutazione epidemiologica. La grande variabilità di sintomi e segni clinici, infatti, possono presentarsi sia singolarmente che in diverse combinazioni. Possono essere transitori o intermittenti e possono cambiare la loro natura nel tempo, oppure possono essere costanti. In generale si considera che più grave è stata la malattia acuta, maggiore rischia di essere l’entità dei sintomi nel tempo”.

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Le possibili manifestazioni del long-Covid, possono essere suddivise in due categorie: “Manifestazioni generali e manifestazioni organo-specifiche. Tra le prime vengono rilevate: fatica persistente/astenia, stanchezza eccessiva, febbre, debolezza muscolare, dolori diffusi, mialgie, artralgie, peggioramento dello stato di salute percepito, anoressia, riduzione dell’appetito, sarcopenia – precisa l’Iss – Tra le seconde: problemi polmonari come dispnea, affanno e tosse persistente. Tra gli altri sintomi sono descritti anche disturbi cardiovascolari, neurologici, gastrointestinali, psichiatrici”.

“E’ molto importante l’identificazione del paziente ‘long-Covid’ – rimarcano gli esperti – Proprio in considerazione della ampia gamma di sintomi e condizioni che lo caratterizzano, la valutazione delle persone affette da questa condizione deve essere multidimensionale e comprendere numerosi aspetti clinici, funzionali, cognitivi, psicologici e nutrizionali”.

“Appare fondamentale – si sottolinea – svolgere, infatti, una valutazione della storia clinica completa che comprenda: storia di Covid-19 acuto (sospetto o confermato); natura e gravità dei sintomi precedenti e attuali; tempistica e durata dei sintomi dall’inizio del Covid-19 acuto; storia di altre condizioni di salute; trattamento farmacologico attuale e pregresso; valutazione dei segni e sintomi specifici di ‘long Covid’; valutazione dell’impatto psicologico del Covid-19 e del ‘long-Covid, con particolare attenzione alla comparsa di sintomi di ansia, depressione e all’isolamento sociale; valutazione dell’impatto sugli aspetti nutrizionali, le modifiche del peso corporeo e la perdita di interesse nel mangiare e nel bere, in particolare nelle persone anziane; valutazione della presenza di nuovi sintomi cognitivi o annebbiamento cerebrale (brain fog), utilizzando uno strumento di screening validato per valutare lo stato cognitivo”.

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“Questi elementi rappresentano un set minimo di valutazioni da svolgere nei pazienti che presentino o riferiscano segni o sintomi attribuibili al Covid-19 presenti per più di 4 settimane dall’infezione acuta. Queste informazioni possono essere raccolte da operatori sanitari o tramite questionari autocompilati e autogestiti dal paziente. Per le persone anziane o che possano avere difficoltà nel riferire segni e sintomi è importante coinvolgere nella valutazione un membro della famiglia o un assistente”, conclude l’Iss.

 

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