Dieci anni senza Margherita Hack, la testimone del Novecento
Top

Dieci anni senza Margherita Hack, la testimone del Novecento

La recensione del libro di Fabio Pagan e Serena Gradari: un racconto diviso in tre sezioni, frutto di conversazioni svolte all'inizio del 2013 a casa di Margherita a Trieste.

Dieci anni senza Margherita Hack, la testimone del Novecento
Margherita Hack
Preroll

Eleonora Ferroni Modifica articolo

29 Giugno 2023 - 09.15


ATF

Raccontare Margherita Hack come in pochi l’hanno conosciuta. Raccontare alcuni episodi inediti della sua vita. Raccontare le sue emozioni e i suoi traguardi scientifici. A riuscire in questa impresa sono stati Fabio Pagan, biologo e giornalista scientifico, e Serena Gradari, laurea in astrofisica e divulgatrice, autori di “Io penso che domani”, (Scienza Express, 2013, pp. 134, € 15,00).


Si tratta di un lungo racconto diviso in tre sezioni, frutto di conversazioni svolte all’inizio del 2013 a casa della stessa Margherita nella sua amata Trieste. Poco dopo aver concluso le interviste, purtroppo però, il 29 giugno la Hack è venuta a mancare, aveva 91 anni. I due autori hanno deciso di andare avanti comunque con la stesura del testo, anche in suo onore.


La prima parte del libro, “Il racconto di una testimone del Novecento”, è un viaggio nella vita della grande astrofisica: Margherita Hack racconta in prima persona i suoi ricordi di infanzia in Toscana, l’amore verso gli animali e la natura (che l’hanno accompagnata per tutta la vita), come anche la passione per lo studio, le numerose scoperte scientifiche, i successi sul lavoro, le battaglie per i diritti civili e il legame indissolubile con Aldo De Rosa, il suo compagno di vita, la sua metà, il suo punto di riferimento. Il tutto testimoniando anche diversi avvenimenti storici del nostro Paese. Nata a Firenze il 12 giugno 1922, la Hack è stata una delle menti più brillanti della comunità scientifica del nostro Paese.

Leggi anche:  Il cuore come orologiaio dell’anima

Oltre ad essere ricordata da tutti come la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia (ovviamente a Trieste), la Hack ha svolto un’importante attività di divulgazione: il suo modo di raccontare l’astrofisica era unico e sempre affascinante. Margherita ha dato un importante contributo alla ricerca per lo studio e la classificazione spettrale di molte categorie di stelle (nel 1945 si è laureata in fisica proprio con una tesi sulle stelle variabili Cefeidi). La scienziata era anche membro dell’Accademia dei Lincei, dell’Unione Internazionale Astronomi e della Royal Astronomical Society.


La seconda parte del libro, “Pagine di scienza e di sane incertezze”, è più scientifica della prima. Queste pagine racchiudono i segreti lavorativi e scientifici di Margherita: come lei ha guardato e raccontato per anni le stelle, ripercorrendo anche alcune delle sue osservazioni più celebri. Nella terza sezione di “Io penso che domani” Pagan ricostruisce poi il suo rapporto con Margherita Hack, la loro amicizia. L’intento è quello di rendere più “umana” una donna che non solo ha cambiato per sempre il modo di fare astronomia in Italia (ma anche nel mondo), ma che in generale ha contribuito a fortificare il ruolo delle donne nel nostro Paese, lanciando un importante messaggio soprattutto ai giovani, ai quali Margherita teneva molto.

Leggi anche:  Invecchiamento cerebrale: le differenze tra uomini e donne aprono nuove strade per la ricerca


Il libro si chiude con una nota biografica di Margherita Hack e con una bibliografia di 70 libri scritti da lei o dei quali è stata co-autrice. In questa ultima parte sono stati raccolti anche alcuni articoli divulgativi, degli anni Settanta-Ottanta, che la Hack scrisse per “Il Piccolo” e “Aliens” e che altrimenti sarebbero andati persi.

Native

Articoli correlati