di Lorenzo Lazzeri
Nel prestigioso contesto delle Gallerie d’Italia di Milano, polo museale di Intesa Sanpaolo dedicato alla valorizzazione del proprio patrimonio artistico e all’organizzazione di mostre di rilievo internazionale, si apre una sezione dedicata all’arte del secondo Novecento. Per la prima volta in assoluto l’intero nucleo di opere di Robert Rauschenberg – figura cardine del Neodadaismo e precursore della Pop Art – proveniente dalle collezioni private di Luigi e Peppino Agrati sarà accessibile al grande pubblico. L’appuntamento è fissato per il 29 maggio con l’inaugurazione della mostra “Una collezione inattesa. La nuova arte degli anni Sessanta e un omaggio a Robert Rauschenberg”. L’esposizione, curata con acume da Luca Massimo Barbero, curatore associato delle collezioni di arte moderna e contemporanea della Banca, promette di svelare aspetti inediti di una delle più importanti raccolte d’arte costruite in Italia nel dopoguerra, oggi patrimonio dell’istituto bancario.
L’evento coincide con le celebrazioni per il centenario della nascita di Rauschenberg (1925-2025), artista rivoluzionario noto per aver infranto i confini tra pittura e scultura con i suoi celebri “Combine Paintings”. L’esposizione sottolinea il profondo e fertile legame con l’Italia – paese che visitò più volte e che influenzò la sua produzione – e in particolare con l’industriale e collezionista Peppino Agrati. Con quest’ultimo strinse un rapporto privilegiato testimoniato dalle 17 opere presenti in collezione, mai esposte assieme prima d’ora. Tra queste spiccano capolavori come il vibrante “Blue Exit” del 1961, esempio della sua fase più matura e l’imponente “Trasmettitore Argento Glut” del 1987, opera appartenente alla serie dei “Gluts” realizzati con rottami metallici e legata alla storica esposizione napoletana del gallerista Lucio Amelio, figura di giunzione tra il dialogo delle avanguardie italiane e quelle americane.
“Una collezione inattesa” non si esaurisce nell’omaggio a Rauschenberg, nonostante le oltre 60 opere esposte che offrono uno spaccato della “Nuova Arte” che negli anni Sessanta rivoluzionò i linguaggi visivi, aprendosi alla cultura di massa, a nuovi materiali e a inedite riflessioni concettuali. Accanto a Rauschenberg il percorso espositivo permette di ammirare lavori di icone della scena artistica globale come Yves Klein (con le sue ricerche sul monocromo e la materia), Jasper Johns (ponte tra Espressionismo Astratto e Pop), Andy Warhol e Roy Lichtenstein (emblemi della Pop Art), James Rosenquist, Robert Ryman, Richard Serra, Carl Andre e Robert Mangold (rappresentanti delle diverse anime del Minimalismo e del Postminimalismo), Edward Ruscha e Jean-Michel Basquiat, quest’ultimo testimone di una sensibilità più tarda ma affine allo spirito della collezione. Fondamentale è la presenza di maestri italiani che dialogarono attivamente con quel contesto internazionale, tra cui Lucio Fontana (con i suoi tagli e buchi che aprono la tela allo spazio), Piero Manzoni (con le sue radicali ricerche concettuali), Enrico Castellani, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto e Jannis Kounellis (figure centrali dell’Arte Povera). Si delinea così un dialogo serrato tra la scena americana, le ricerche europee (Nouveau Réalisme) e le avanguardie italiane (Spazialismo, Azimuth, Arte Povera).
La collezione stessa ha una storia affascinante, perché fu creata con passione e lungimiranza a partire dal 1968 dai fratelli Luigi e Peppino Agrati, importanti industriali lombardi e figure rappresentative di quella “borghesia illuminata” del dopoguerra che vide nel sostegno all’arte contemporanea una forma di impegno civile e culturale. Dopo la scomparsa di Peppino fu Luigi, insieme alla moglie, a compiere un gesto di grande generosità, decidendo di donare lo straordinario tesoro – che include anche opere di Christo, Mario Schifano, Alberto Burri e Fausto Melotti – a Intesa Sanpaolo. La banca ne è oggi non solo proprietaria e custode, ma attiva promotrice, garantendone la conservazione, lo studio critico e la fruizione pubblica attraverso iniziative come tale mostra, confermando il proprio ruolo nella diffusione della cultura.