Cannes 2025: il cinema europeo alza la voce. "La Settima Arte in pericolo”
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Cannes 2025: il cinema europeo alza la voce. "La Settima Arte in pericolo”

Una richiesta che ha scosso il panorama audiovisivo: cineasti, registi e sceneggiatori chiedono all’Europa di difendere la propria identità culturale, minacciata da leggi di mercato

Cannes 2025: il cinema europeo alza la voce. "La Settima Arte in pericolo”
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19 Maggio 2025 - 12.36 Culture


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Durante il Festival di Cannes, cineasti, registi e sceneggiatori europei – tra cui l’associazione italiana 100 autori – hanno lanciato un grido d’allarme: “Il cinema e l’audiovisivo sono in pericolo”, chiedendo in un appello comune un‘Europa della Cultura. Nel documento presentato si denuncia la riduzione del cinema a semplice merce, sottomessa esclusivamente alle leggi del mercato. “Le nostre immagini, le nostre lingue e i nostri racconti sono la nostra ricchezza. Ma questa cultura è in pericolo” – si legge nel testo.

Il cinema è un’arte, e come tale ha la responsabilità di proporre al pubblico un pensiero, un punto di vista e uno spettacolo. La sua missione culturale è stata chiara fin dalle origini, quando i Fratelli Lumière lo introdussero in Europa, è stata la base su cui si è costruita l’industria cinematografica, forte e dinamica.

Nonostante la potenza economica di Hollywood, il cinema europeo ha prosperato, proponendo con mezzi spesso limitati una grande varietà di punti di vista e una vibrante libertà di espressione. Oggi, però, è in atto una guerra economica con gli Stati Unit che, con le politiche di Donald Trump, hanno cercato di indebolire la legislazione europea per favorire i colossi digitali americani, mettendo in discussione la dimensione culturale del cinema. La Commissione Europea, infatti, rischia di ridurre la politica del settore a una regolazione di mercato.

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Se il cinema fosse considerato solo come una merce, soggetta esclusivamente alle leggi del mercato, le produzioni americane prenderebbero il sopravvento, penalizzando la diversità dei film offerti al pubblico e il pluralismo dei racconti che sono essenziali per la vita democratica.

Gli autori chiedono che la legislazione europea continui a riconoscere il cinema e l’audiovisivo come settori culturali, anche nella loro dimensione commerciale, mantenendo il principio dell’Eccezione Culturale. Ogni film europeo è un prototipo unico, che non risponde necessariamente alla domanda del mercato, ma che ha comunque dimostrato di poter raggiungere successi internazionali. Questo equilibrio tra arte e industria ha reso il cinema europeo il terzo più importante al mondo, e il primo per quanto riguarda la coproduzione di opere da parte di cineasti di altri continenti.

Ma la guerra economica che gli Stati Uniti stanno conducendo è anche una guerra culturale. I cineasti, registi e sceneggiatori europei si dichiarano pronti a difendere senza compromessi la specificità culturale del cinema e dell’audiovisivo. Pur comprendendo la necessità dell’Unione Europea di combattere la disinformazione e promuovere il pluralismo dei media, gli autori rifiutano che questo venga utilizzato come pretesto per estendere i poteri normativi alle industrie cinematografiche e audiovisive. Questi settori non devono diventare merce di scambio nei negoziati commerciali. Devono rimanere parte integrante dell’eccezione culturale europea, che è una responsabilità collettiva da preservare.

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L’Unione Europea ha il dovere di difendere i nostri valori, le nostre identità, le nostre lingue, la nostra libertà di pensiero e le nostre espressioni artistiche – dichiarano gli autori. Il ruolo dell’Europa è di rispettare la diversità dei suoi 450 milioni di cittadini, e per farlo, è essenziale che sostenga la Settima Arte come una componente fondamentale della nostra cultura. Il documento si chiude con una dichiarazione potente: “La cultura europea non è negoziabile. Noi, cineasti, registi e sceneggiatori, chiediamo di rifondare un’Europa della Cultura”.

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