Scatta il Tour dell’infuocato duello tra Pogacar e Vingegaard
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 Scatta il Tour dell’infuocato duello tra Pogacar e Vingegaard

La corsa più famosa del mondo partirà da Lilla il 5 luglio e approderà a Parigi il 27. Tutti gli occhi puntati sui due ultimi vincitori ma al via ci sono tutti i grandi ciclisti. Solo undici quelli italiani e con scarse possibilità di salire sul podio.

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4 Luglio 2025 - 18.54 Culture


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di Francesco Tunda

Sarà tutta corsa nel suolo francese questa edizione del Tour de France 2025. Dopo cinque anni la corsa ciclistica più antica del mondo abbandona così la partenza da un altro Paese: nata nel 1903 è alla centododicesima edizione. In questo assolato luglio (si parte il 5 e si arriva il 27) si correranno ventuno tappe per un totale di 3.338 km. Si parte da Lilla e si arriva Parigi, sui rituali Champs Élysées.

Muta qualche dettaglio, dunque, ma la grande bouclé mantiene inalterato il suo fascino come a tempi di Coppi e Bartali (da quella curva spunterà la faccia triste di un italiano allegro, canta Paolo Conte), di Anquetil, Poulidor, Merckx e Hinault. Dopo la tanto snervante pianura dei primi nove giorni le prime salite arriveranno con il Massiccio centrale e con l’arrivo di Mont-Dore Puy de Sancy. Poi i Pirenei che sfiancano il gruppo, che comincerà ad assottigliarsi: due arrivi in salita (Hautacam e Luchon-SuperBagnères) e un’’inedita cronoscalata (Peyragudes).

Sul Mont Ventoux si comincerà a scozzonare davvero le carte. Tadej Pogacar, che vene da un’annata strepitosa, si troverà di nuovo a fare i conti con Jonas Vingegaard, specialmente se il danese sarà ritornato quello che abbiamo visto pedalare nel biennio ’22-’23. Ancora salite e salite come quelle del Col de la Loze e La Plagne prima di approdare a Parigi e alzare le mani al cielo sotto l’Arc de Triomphe. Ma quei birbanti degli organizzatori, questa volta, hanno pensato bene di inserire, pure nella giornata finale, un circuito rivoluzionato che presenta tre ascese alla salita della Basilica del Sacro Cuore, nel quartiere di Montmartre.

Dei due principali favoriti e avversari abbiamo già detto. Tutti si aspettano un gran duello. Ma non sono i soli a sperare dal momento che alla monumentale corsa si iscrivono i migliori ciclisti in circolazione, o come gregari di lusso dei due capitani o per giocarsi da isolati la carta vincente. Sepp Kuss, Simon Yates e Wout Van Aert (soprattutto per le sue bizzarre fughe e vittorie di tappa) o Remco Evenepoel (considerato come il più forte al mondo nelle cronometro) non sono personaggi di secondo piano. E Primoz Roglic, che ricaricato dalla conquista della Maglia rosa cercherà di rifarsi da quel sogno accarezzato nel 2020 e scivolato via proprio nelle ultime curve. Da allora, perseguitato dalla sfortuna, non ha mai più portato a termine un Tour. Da quaranta anni la Francia non vince: l’ultimo successo è stato Bernard Hinault. Anche stavolta le chances sono poche e affidate tutte alla nouvelle vague.

Se i cugini d’oltralpe piangono anche l’Italia non ride. Infatti i ciclisti italiani corrono il rischio di rimanere a bocca asciutta o tuttalpiù di accontentarsi di qualche fugace exploit. Partono in undici: Jonathan Milan, Simone Consonni, Filippo Ganna, Edoardo Affini, Matteo Trentin, Alberto Dainese, Davide Ballerini, Simone Velasco, Vincenzo Albanese, Mattia Cattaneo e Gianni Moscon. Ne vedo pochi lottare per il podio; tuttalpiù con Milan e Ganna si può puntare sulle volate e sulle cronometro. Abbiano ancora davanti agli occhi le amate follie di Pantani e l’eroica bravura di Vincenzo Nibali, in quel memorabile tour del 2014. Ma non si può continuare a viverre solo di ricordi.

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