Era il 3 luglio 1886 quando un ingegnere tedesco di nome Karl Benz, che da tempo nutriva il desiderio di costruire una carrozza che si muovesse senza cavalli, dopo averne depositato il brevetto presentò ufficialmente la sua “Patent-Motorwagen”. Pochi metri percorsi su una strada di Mannheim, città dove aveva sede l’azienda di Benz, che sancirono la nascita della prima automobile della storia. Bisognerà attendere due anni però, più precisamente il 5 agosto 1888, per il primo viaggio vero a proprio. A compierlo, suscitando enorme scalpore per l’epoca, proprio la moglie di Karl, Bertha Benz, che da prima ancora che si sposassero aveva fortemente creduto nel progetto del marito, sovvenzionandolo anche con la propria dote.
Assieme ai suoi due figli percorse i circa 106 chilometri che separavano Mannheim da Pforzheim ufficialmente per andare a trovare la madre, sebbene la motivazione reale fosse pubblicizzare la vettura e renderla nota agli onori della cronaca. Obiettivo che, nonostante i numerosi intoppi che Bertha incontrò nel corso del cammino, dovendo fronteggiare problemi meccanici di varia natura, venne centrato in pieno. Pochi giorni dopo in tutto il mondo i giornali pubblicarono la notizia del viaggio. Iniziò ufficialmente l’era dell’automobile.
Ma la motorizzazione di massa dovrà attendere ancora. Sarà la Ford Model T, prodotta oltreoceano dall’omonima azienda con a capo Henry Ford, a rendere più democratici gli spostamenti su quattro ruote. A permettere ciò un’idea oggi comune ma per l’epoca rivoluzionaria: la produzione in serie per mezzo di catena di montaggio. Sebbene quando venne presentata, nel 1908, la Model T venisse prodotta artigianalmente, ben presto Ford si accorse che fosse possibile abbattere drasticamente i costi. Tutto ciò per raggiungere un obiettivo: quello di far sì che ogni uomo con un buon salario potesse acquistarne una. Grazie all’adozione della prima catena di montaggio mobile riuscì a ridurre i tempi di produzione da 12 ore per veicolo a circa 90 minuti, facendo crollare il prezzo al pubblico da 850 dollari nel 1908 a 360 nel 2016, fino a 285 del 1925. Un’autentica rivoluzione che studiosi come Gramsci battezzarono con il nome di “fordismo”.
I decenni tra gli anni ’30 e i ’60 furono gravidi di innovazioni tecniche, che affinarono aspetti fondamentali per rendere le vetture guidabili ma soprattutto godibili nella vita di tutti i giorni. Si va dall’introduzione della trazione anteriore, che abbatté ulteriormente i costi di produzione per via dell’assenza di un albero di trasmissione, fino a quella dei freni a disco e delle sospensioni indipendenti, garanti rispettivamente di maggiore sicurezza e confort. I consumi della auto non costituiscono ancora una spetto da tenere in considerazione. Ma un evento di portata internazionale cambierà presto tutto ciò.
Nel 1973, nel contesto della guerra del Kippur, gli stati arabi facenti parte dell’OPEC, che esportavano in totale tra il 50 e il 60% del petrolio al mondo, stabilirono un embargo verso i paesi filo-israeliani, tra cui Stati Uniti ed Europa. Gli effetti furono devastanti. In pochi mesi il costo del greggio aumentò del 300% e causò una scarsità di carburante. È in risposta a ciò che vennero introdotte le famose “domeniche a piedi”. Fu chiaro che bisognasse tenere in considerazione anche l’efficienza energetica delle vetture. Le muscle car americane, alimentate da motori particolarmente assetati, divennero improvvisamente economicamente insostenibili per chi le guidava. Ciò contribuì all’ascesa delle case automobilistiche giapponesi ed europee, molto più razionali e parche nei consumi. Aspetti come l’aereodinamica, prima trascurati, divennero di fondamentale importanza. Vennero poste le basi per una nuova cultura della mobilità, più attenta all’ambiente e alla sostenibilità.
Gli anni ’80 videro elettronica e informatica approdare nelle vetture. Computer di bordo e centraline divennero elementi comuni deputati a gestire aspetti cruciali dell’auto, oltre a far funzionare sistemi di sicurezza che oggi diamo per scontati come abs ed esp. A regolare il comportamento del veicolo sono sempre più sonde e sensori che tracciano e gestiscono i vari parametri. Quella che possiamo definire come “era digitale”, in cui siamo immersi, si delinea a partire dagli anni ’90. A contraddistinguerla, che piaccia o meno, la sempre maggiore preminenza di schermi e sistemi di infotainment.
Le sfide del futuro seguono due principali direttrici: quella della sostenibilità e della sicurezza. Riguardo al primo punto già da tempo i produttori propongono veicoli elettrici, che nonostante alcune oggettive criticità il più delle volte rappresentano un’opzione meno impattante rispetto ai corrispettivi endotermici. In Europa la vendita di quest’ultimi dovrebbe essere messa al bando dal 2035, sebbene non si escludono delle proroghe. Guida autonoma, connettività e sistemi di sicurezza avanzati sono altre questioni fondamentali, tanto che in alcuni paesi è già possibile vedere circolare per le strade i primi taxi senza conducente. Cosa sarà di qui a dieci anni? L’auspicio è di riuscire a vederlo.