Pasolini e la politica italiana: tra censura e strumentalizzazione

Dietro il sentimento di ostilità, c’era la curiosità verso un intellettuale che affrontava questioni che il Parlamento voleva mettere sotto il tappeto

Pasolini e la politica italiana: tra censura e strumentalizzazione
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29 Luglio 2025 - 16.21 Culture


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A mezzo secolo dalla morte di Pier Paolo Pasolini, assassinato nel 1975, fioriscono in tutta Italia iniziative per ricordarlo. Tra queste, si distingue un libro spiazzante che riscrive il rapporto tra il poeta e la politica italiana. Si intitola Il Parlamento contro Pasolini. Ostilità in forma di prosa verso PPP (Nuova Palomar) ed è firmato da Lanfranco Palazzolo, giornalista di Radio Radicale e corrispondente dalla Camera e dal Senato. Il volume, di 168 pagine, non fa altro che raccogliere ogni citazione fatta dai parlamentari su Pasolini dal 1959 al 1976: l’intellettuale, pur distante dal “palazzo”, era costantemente sotto osservazione da parte delle istituzioni, ben più di altri della sua epoca.

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Il libro, con introduzione di Pino Pisicchio, mostra come il mondo politico – dal MSI fino alla sinistra – seguisse ogni sua mossa. I suoi film, spesso colpiti dalla censura, venivano comunque visti e discussi. È del 1961, ad esempio, l’intervento alla Camera del ministro del Turismo Umberto Tupini, che segnala come le proiezioni private di Accattone avessero reso celebre il film ancor prima della sua uscita nelle sale.

Numerosi gli attacchi, specie da parte di deputati democristiani e Msi. Emblematico il caso del democristiano Giuseppe Costamagna, che propose una proiezione riservata ai parlamentari del discusso Salò o le 120 giornate di Sodoma, con chiara intenzione accusatoria.

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La parte più interessante del libro è il cambiamento di toni nei suoi confronti. Dopo il Sessantotto, e non solo grazie alla celebre poesia su Valle Giulia, Alfredo Biondi del PLI lo elogia a Montecitorio, criticando una proposta di amnistia per i “figli di papà” coinvolti negli scontri universitari. Importante anche la protezione che la polizia gli garantisce per la proiezione del film Medea a Reggio Emilia.

Curiosamente, dopo la sua morte, anche la destra iniziò a citarlo a favore delle proprie battaglie. Nel 1976, i deputati del MSI lo usarono contro Marco Pannella e il “Comitato 13 maggio”, durante il dibattito sull’aborto, riprendendo un suo articolo critico sul tema. Una strumentalizzazione che dimostra, paradossalmente, l’immortalità del suo pensiero.

La sinistra, invece, non lo difese mai adeguatamente. Non mancano gli episodi: dalla freddezza di Giorgio Napolitano durante la Festa dell’Unità del 1973 a Milano, all’atteggiamento evitante di Berlinguer e Togliatti. Un’eccezione fu Pietro Nenni, mentre Aldo Moro fu tra i pochi grandi leader a inviare un telegramma di cordoglio dopo la sua uccisione.

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Il volume è un documento che invita a riflettere su come la politica si relaziona con gli intellettuali che sfuggono alle etichette. Figure scomode ma necessarie, come Pasolini.

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