Matrimonio riparatore: quando la vittima scontava la pena del colpevole
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Matrimonio riparatore: quando la vittima scontava la pena del colpevole

Quarantaquattro anni fa spariva dalla nostra legislazione grazie al ‘no’ di Franca Viola. Nel report 2021 fornito dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) emerge come una pratica ancora diffusa in almeno 20 Stati.

Matrimonio riparatore: quando la vittima scontava la pena del colpevole
Immunologa Antonella Viola
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5 Settembre 2025 - 09.51 Culture


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di Vittoria Calabrese

Le feste del Natale 1965 non sono ancora terminate. Ad Alcamo, in Sicilia, il 26 dicembre una ragazza di 17 anni viene rapita e tenuta prigioniera fino al 2 gennaio. Il suo nome è Franca Viola e sulla sua storia si poggia un atto rivoluzionario della storia dell’Italia contemporanea: scardinare il retaggio dell’accondiscendenza femminile. Durante la prigionia Franca viene violentata e in quell’epoca, non così distante dalla nostra, era la vittima a portare a vita il marchio della vergogna. L’unico rimedio ad una convivenza con il disonore era il matrimonio con l’uomo che le aveva tolto la dignità che in questo caso porta il nome di Filippo Melodia.

L’articolo 544 del codice penale sanciva che «per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali». Così, la colpa dell’uomo veniva scontata dalla donna, non solo vittima di violenza, ma anche costretta a condividere il resto della vita con il suo carnefice.

La diciassettenne, appoggiata dalla sua famiglia, rifiutò le nozze con Melodia, divenendo un caso non solo a livello territoriale ma nazionale. Questo porterà il nostro Paese ad affrontare importanti questioni, da quella meridionale fino alla messa in discussione del matrimonio riparatore. La posta in gioco è grossa e va al di là del caso e dei protagonisti. Franca Viola e suo padre non hanno detto no soltanto a Filippo Melodia, hanno detto no a un sistema di rapporti basato sulla sopraffazione del maschio sulla femmina, hanno detto no a tutti tabù e feticci che fanno da pilastro a queste arcaiche società.

Da quel momento dovranno passare 17 anni prima che l’articolo 544 venga abrogato grazie alla legge 442 che prevedeva l’abolizione del matrimonio riparatore e del delitto d’onore. Dal 5 settembre del 1981 la legislazione non contemplerà più sconti per i colpevoli di violenza sessuale. Bisognerà comunque attendere ancora fino al 1996 affinché lo stupro diventi un reato contro la persona e non contro la morale.

La pratica che permette l’assoluzione dell’uomo in caso di matrimonio con la vittima è oggi conosciuta nel mondo con il nome di “Marry your rapist law” e nel report 2021 fornito dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) emerge come una pratica ancora diffusa in almeno 20 Stati tra i quali Kuwait Iraq, Russia e Thailandia (queste ultime la prevedono solo se il colpevole ha 18 anni e la vittima meno di 16).

Oltre all’esempio di Franca Viola, esistono dei ‘no’ mai pronunciati, soffocati da ingiusti retaggi culturali, come quello di Amina el Filali, sedicenne marocchina che nel 2012 scelse di togliersi la vita piuttosto che sposare l’uomo che aveva abusato di lei. Due anni dopo il tragico evento anche il Parlamento marocchino abolì le nozze riparatrici.

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