di Arianna Scarselli
“Vi assicuro che il clima è preoccupante e noi – ha commentato Crosetto – non siamo in grado, una volta usciti dalle acque internazionali ed entrate nelle acque di un altro Stato, di garantire la sicurezza: né noi, né nessun altro Paese al mondo. E questo vorrei che fosse chiaro”. Forse il nostro ministro dimentica che la legittimità del blocco navale attivo a Gaza dal 2007 è stata più volte messa in discussione dall’Onu, da Amnesty, dalla Corte Internazionale di Giustizia e altre organizzazioni perché accusato di essere una punizione collettiva, vietata dall’articolo 33 della IV Convenzione di Ginevra. Con l’escalation degli ultimi due anni la definizione di illegittimo in quanto “ha il solo scopo di affamare la popolazione civile o di negarle altri oggetti essenziali per la sua sopravvivenza” e per cui “il danno alla popolazione civile è, o può essere previsto che sia, eccessivo rispetto al vantaggio militare concreto e diretto previsto dal blocco” è difficilmente criticabile.
“Mi sono posto una domanda: era proprio necessario mettere a repentaglio l’incolumità di cittadini italiani per portare aiuti a Gaza?”, ha proseguito il ministro. La risposta gli è arrivata dalle piazze mondiali in queste giornate ed è sì, è necessario, perché la popolazione civile si sta mobilitando per il solo fatto che i governi non hanno agito come sarebbe stato loro dovere. L’invio di due navi della Marina Militare italiana e una dell’Armada spagnola a scortare la Flotilla sono la dimostrazione della crescente pressione dell’opinione pubblica.
“Non ci saranno altre soste tecniche per le nostre 50 barche, – hanno ribadito gli attivisti a bordo della Flotilla – continueremo diretti fino a Gaza. Siamo consapevoli delle minacce, ma ci rendono solo più uniti” “Siamo – aggiungono – nel momento più critico, ma dobbiamo essere ottimisti: noi vinceremo perché abbiamo ragione”. Dopo gli attacchi e i commenti del ministro degli Esteri israeliani Kleoniki Alexopoulou, attivista del comitato direttivo, ha ribadito, “Non credete a una sola parola della propaganda che avete visto ieri e l’altro ieri dal ministero degli Esteri di Israele. Siamo cittadini pacifici: accademici, medici, semplici lavoratori, madri, perfino veterani americani. Siamo persone che chiedono giustizia per il popolo palestinese”.
Durante la conferenza stampa di oggi gli attivisti hanno allertato la comunità internazionale in merito a “informazioni credibili di intelligence che indicano che è probabile che Israele intensifichi gli attacchi violenti contro la flottiglia entro le prossime 48 ore, utilizzando potenzialmente armi che potrebbero affondare, ferire e/o uccidere i partecipanti”. Gli attivisti hanno risposto anche alla proposta del Governo italiano di lasciare gli aiuti a Cipro perché vengano distribuiti dal patriarcato latino di Gerusalemme: “dare gli aiuti a Cipro non garantisce che vengono poi consegnati e che, eventualmente, e i palestinesi non siano presi di mira mentre questi aiuti vengono distribuiti”.
Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar ha colto la palla al balzo e risposto che “Israele ha accettato la proposta del governo italiano di scaricare gli aiuti nel porto di Cipro e poi trasferirli a Gaza. La flottiglia ha respinto la proposta italiana, dimostrando che il suo vero scopo è la provocazione e il servizio ad Hamas. Israele non consentirà alle navi di entrare in una zona di combattimento attiva e non permetterà la violazione di un legittimo blocco navale. Israele è ancora pronto a impegnarsi in qualsiasi accordo costruttivo per trasferire gli aiuti in modo legale e pacifico”.
Gli attivisti della Global Sumud Flotilla hanno ricordato che la loro è “una campagna di diritti che porta con sé aiuti perché quelli che ci sono non vengono autorizzati a entrare”.