Oltre 60 guerre in corso anche se non raggiungono i nostri schermi

Oltre all’Ucraina e a Gaza, un’altra parte del mondo vive il dramma di laceranti conflitti. Nel 2024 se ne stimavano attivi ben 61. Le crisi umanitarie in Sudan, Siria e Repubblica Democratica del Congo.

Fonte: wired.it
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21 Ottobre 2025 - 17.49 Culture


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di Giada Zona

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Nel 2024 sul pianeta terra si contavano 61 conflitti attivi con 233 mila vittime in episodi di guerra e oltre 123 milioni persone costrette a fuggire. È questo il quadro più che attendibile delineato dall’Uppsala Conflict Data Program (UCDP). Questo vuol dire che oltre alle guerre in Ucraina e a Gaza, ampiamente trattate dai media occidentali e quindi conosciute dall’opinione pubblica mondiale, il mondo conta tanti altri conflitti che spesso rimangono nell’ombra. Il silenzio dei media non permette ai cittadini di conoscere realtà drammatiche impedendo quindi una presa di coscienza e adeguati impegni e mobilitazioni.

L’Africa meridionale ed orientale, ad esempio, conta 85 milioni di persone che necessitano assistenza e aiuti umanitari, dunque un terzo della popolazione mondiale, con la crisi in Sudan che assume una forte rilevanza. È infatti dal 2023 che il Sudan è al centro di conflitti tra l’esercito regolare, le Sudanese armed forces guidate da Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan e le Forze di supporto rapido (Rsf), una milizia diventata esercito con a capo Mohamed Hamdan Dagalo.

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Quello che accade in Sudan è un vero e proprio conflitto che, sebbene non sia sotto i riflettori dei nostri media, ha causato la fuga di milioni di persone e tra le 40 e le 150mila vittime e ha persino reso le risorse naturali del paese una leva politica. “Capitalismo di guerra” è un’espressione usata per descrivere la guerra in Sudan, paese che si colloca al terzo posto in Africa per riserve d’oro, dove è diventato ormai centrale nell’economia sudanese. Ogni anno il paese ne estrae circa 90 tonnellate, ma solo poche di queste sono ufficialmente registrate: l’oro diventa così un terreno di scontro e una dimensione cruciale del conflitto.

Oltre all’oro, in Sudan è rilevante come viene affrontata online la guerra: il Digital forensic research lab e Disinfo.Africa sostengono che su X vi siano più di 200 account che diffondono video e messaggi a favore delle Forze di supporto rapido. Blocchi e limiti di accesso alla rete sono le risposte dell’esercito sudanese (Saf), come dimostrato da NetBlocks, il sito di monitoraggio che ha registrato blackout digitali in 11 località tra il 2023 e il 2025.

Oltre al Sudan, anche la Siria e la Repubblica Democratica del Congo presentano gravi situazioni che talvolta sono dimenticate dai nostri media. Sono 16,7 milioni le persone che in Siria necessitano di aiuto umanitario e più del 50% della popolazione si trova in uno stato di carestia. I bambini sono una delle fasce più colpite dal conflitto in Siria: si stima che quasi il 50% non abbia frequentato la scuola e che più del 75% dei 10,5 milioni di bambini siriani siano nati durante la guerra civile, essendo così esposti a gravi condizioni.

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Nella Repubblica Democratica del Congo si contano più di 21 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria e circa 25,6 milioni persone che si trovano in una situazione di emergenza alimentare. Ed è anche l’istruzione a risentirne: più di 2mila scuola sono chiuse nel Nord e Sud Kivu e circa 800mila bambini non possono ricevere un’educazione. COOPI, un’organizzazione umanitaria indipendente nata in Italia nel 1965, sta portando avanti più di 200 progetti di sviluppo ed emergenza in 33 paesi, tra cui quelli sopra elencati, spesso sconosciuti o poco trattati in occidente. È invece necessario riportare in superficie queste crisi dimenticate, la cui presenza richiede – almeno – sensibilità e mobilitazione dell’opinione pubblica mondiale.

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