Enrico Mattei, perché il governo Meloni evoca in modo strumentale il “partigiano dell’energia”

L’operazione è più di forma che di sostanza e apre interrogativi sulla reale continuità con i valori del fondatore dell’Eni. Oggi, però, servirebbe un visionario che sappia ribaltare i rapporti di forza anche con le Big Tech come lui fece con le Sette Sorelle

Enrico Mattei, perché il governo Meloni evoca in modo strumentale il “partigiano dell’energia”
Enrico Mattei
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Marcello Cecconi Modifica articolo

24 Ottobre 2025 - 19.22 Culture


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Si fa presto a dire “Piano Mattei”. Ma chi era, e cosa voleva  davvero l’uomo che perse la vita, nel lontano 27 ottobre del 1976?  Se rimane un mistero quell’incredibile incidente, si conoscono bene quali fossero gli intenti del fondatore dell’Eni. Oggi è la presidente del Consiglio  Giorgia Meloni ad evocarlo, varando il “Piano Mattei”, un’operazione ritenuta strategica per i rapporti energetici e di cooperazione con l’Africa. Ma quando dello spirito visionario e democratico  di Mattei si riflette oggi in questa operazione? Basta dare una sguardo alla sua vita e alle sue scelte per avere una risposta. Anche se indiretta. 

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Nato nel 1906 nelle Marche, Enrico Mattei fu operaio, dirigente, partigiano, industriale e uomo delle istituzioni. Dopo la guerra, entrò nella Democrazia Cristiana per liquidare l’Agip, l’Azienda Generale Italiana Petroli, eredità del regime fascista. E invece la rilanciò avendo colto il valore strategico dell’azienda. Da quella intuizione nacque l’Eni, simbolo di un capitalismo pubblico moderno e competitivo.

Mattei fu anche un abile nel capire come la comunicazione incidevano sull’economia e sulla politica. Aveva problemi in Confindustria e così decise di farsi un giornale che fosse specchio delle sue idee progressiste. Certamente poteva essere per lui più utile dell’ingessato e conservatore Corriere della Sera. Insieme al corregionale Cino Del Duca, già affermato nell’editoria dei romanzi popolari e Gaetano Baldacci, ex inviato del Corriere, dette vita ad un giornale che divenne un  vero laboratorio: vicino ai temi del progresso sociale, della modernità e del boom economico. 

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Mattei sfidò apertamente il monopolio di quelle che lui per primo chiamò le “Sette Sorelle”, le grandi compagnie petrolifere anglo-americane, negoziando accordi più equi con i Paesi produttori e restituendo parte della ricchezza all’Italia. La sua visione non era solo economica ma politica perché in lui c’era la convinzione che un Paese indipendente da punto di vista energetico fosse capace di difendere l’interesse nazionale senza rinunciare alla cooperazione internazionale.

Allora forse non è un caso che il Governo Meloni riprenda il nome di Mattei per dotarsi di una nuova strategia geopolitica, cooperando con l’Africa, per garantire all’Italia un ruolo centrale nella sicurezza energetica e nello sviluppo del Mediterraneo. L’obiettivo dichiarato è costruire relazioni “paritarie e non predatorie” con i Paesi africani richiamandosi direttamente al metodo Mattei. 

Questa scelta, che evoca la figura di un partigiano antifascista vicino alla sinistra sociale della Democrazia Cristiana, apre interrogativi sulla reale continuità con i valori del fondatore dell’Eni che, oltre la fiducia nello Stato, si materializzavano nella redistribuzione dei vantaggi acquisiti e nell’indipendenza dai monopoli privati.

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Ma oggi il potere non scorre solo nei gasdotti, che pure sono ancora parte dei noccioli duri intorno ai quali si dipanano le infinite guerre attuali, ma anche, e soprattutto, nei cavi di fibra ottica. E allora servirebbe davvero un nuovo Mattei capace di immaginare un modello digitale pubblico, cooperativo, europeo. Un uomo o una donna visionari che sappiano ribaltare i rapporti di forza con le Big Tech come Mattei fece con le Sette Sorelle, riportando al centro non il Roe, ma l’interesse collettivo, la conoscenza e il lavoro. 

Ecco perché il “Piano Mattei” del governo Meloni si presenta come un’operazione di forma, con scarsa sostanza e solidarietà, nel tentativo di riscrivere la cooperazione con l’Africa nel nome della (nostra!) sicurezza economica, energetica e dei confini. Il rischio è che resti solo un’etichetta evocativa.

Il vero omaggio a Mattei sarebbe quello di fare un progetto capace di emancipare l’Italia e l’Europa dalle nuove dipendenze, energetiche o digitali, con la stessa audacia e lo stesso spirito di servizio che animarono il “partigiano dell’energia”.

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