Federculture certifica il paradosso: voglia di cultura alta, capacità di spesa compressa
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Federculture certifica il paradosso: voglia di cultura alta, capacità di spesa compressa

Il rapporto 2025 fotografa un settore in crescita trainato dagli stranieri e dai giovani, mentre gli over 65 soli si fermano a 50 euro al mese. Mentre i musei statali superano i 60 milioni di visitatori e il turismo culturale traina l'economia, il cinema non recupera i livelli pre-pandemia

Federculture certifica il paradosso: voglia di cultura alta, capacità di spesa compressa
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14 Novembre 2025 - 20.17 Culture


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di Lorenzo Lazzeri

Il sistema culturale italiano vive un paradosso. Da un lato il settore macina numeri da record con i musei statali che hanno superato quota 60 milioni di visitatori nel 2024, generando 382 milioni di introiti. Dall’altro vede le famiglie erodere la propria capacità di spesa in termini reali di oltre il 4% rispetto al 2019. Alberto Bonisoli, ex ministro e ora direttore dell’Ufficio Studi Federculture, ha presentato il ventunesimo rapporto annuale della federazione delle imprese culturali con una certezza: “Gli italiani hanno ancora tanta voglia di consumare cultura”. La voglia c’è, ma si scontra con un dato. La spesa media mensile per ricreazione, sport e cultura si è fermata a 104,96 euro nel 2024, di appena l’ 1,7% in più rispetto al 2019 in termini nominali. Ciò, tradotto in potere d’acquisto reale, significa aver avuto un calo netto superiore al 4%, perché l’inflazione ha divorato gli aumenti nominali lasciando sul campo una contrazione che pesa soprattutto su chi vive da solo e ha superato i 65 anni. Quest’ultimi investono solo 50 euro al mese,

I giovani invece spendono, eccome. Lo fanno soprattutto nello spettacolo dal vivo, segmento che nel 2024 ha messo a segno una ripartenza con oltre 3 milioni di eventi, 253 milioni di spettatori e 4 miliardi di euro complessivi. I concerti pop e rock hanno quasi raddoppiato gli incassi in cinque anni passando da 514 milioni nel 2019 a 989 milioni nel 2024. Un balzo che racconta una richiesta giovanile sempre più orientata verso l’esperienza collettiva piuttosto che verso il consumo solitario mediato dagli schermi.

Il teatro mantiene il suo pubblico fedele e una spesa media tra le più alte del comparto, mentre il cinema fatica ancora a recuperare i livelli pre-pandemia nonostante segnali di ripresa. Le piattaforme streaming continuano a esercitare una concorrenza che rimodella i paradigmi e le abitudini di consumo degli spettatori. Nel comparto spettacolo si contano 147,6 milioni di fruitori per 2,26 miliardi di euro.

Un dato positivo viene dai luoghi della cultura che superano i massimi storici. Gli introiti dei musei statali sono cresciuti del 21,7% rispetto al 2023 e del 57,6% rispetto al 2019, un divario che dà molto da pensare sulla capacità di pricing e sull’attrattività delle istituzioni. I visitatori sono aumentati dell’11% rispetto al periodo pre-pandemico, con gli stranieri che rappresentano la componente trainante, il 57% delle presenze, nei comuni a vocazione culturale. I 43 musei e parchi archeologici autonomi (autonomia scientifica, finanziaria, contabile e gestionale rispetto al MIC n.d.r.) da soli hanno accolto 44,7 milioni di visitatori realizzando 316 milioni di introiti lordi, rispettivamente il 73,5% e l’82% dei totali degli istituti statali.

Le disparità territoriali restano marcate. Trentino Alto Adige, Lombardia e Friuli Venezia Giulia guidano la classifica regionale per spesa familiare in cultura con cifre che arrivano a superare i 150 euro mensili, mentre Campania, Puglia e Calabria si fermano sotto i 50 euro. Un rapporto di oltre quattro a uno che fotografa divari, se non fratture strutturali difficili da colmare. Il Lazio ha l’incidenza più alta di presenze turistiche con il 92,3%, seguito da Umbria con l’82,8% e Toscana con il 76,2%.

I finanziamenti pubblici raccontano una storia di luci e ombre. Il bilancio del Ministero della Cultura ha mostrato un andamento altalenante negli ultimi cinque anni con un picco durante il Covid fino a 4 miliardi di euro, per poi ridursi dal 2023 attestandosi sui 3 miliardi. I dati previsionali fino al 2026 segnalano flessioni tra il 7% e il 12%. I comuni hanno mostrato una crescita degli stanziamenti per la cultura fino al 2023 con un incremento del 36% rispetto al 2019, ma nel 2024 si è registrata una battuta d’arresto.

L’Art Bonus ha superato il miliardo di euro nel dato cumulativo di fine aprile 2025, ma con una distribuzione geografica squilibrata perché il 78% delle erogazioni è concentrato nelle regioni settentrionali mentre il Mezzogiorno attrae meno del 3% delle risorse totali.

L’occupazione culturale ha raggiunto 843 mila occupati nel 2024, pari al 3,5% dell’occupazione totale, superando finalmente i livelli del 2019 con una crescita del 2%. Ma questa è una ripresa che tuttavia nasconde fragilità, visto che il 41,3% degli occupati culturali è costituito da lavoratori autonomi senza dipendenti, una percentuale nettamente superiore alla media nazionale del 14,5%. È da evidenziare che la crescita è stata trainata dai lavoratori altamente qualificati con un aumento del 15,1% tra i laureati, mentre si è registrato un calo del 4,9% per i diplomati e del 20,6% per coloro con licenza media.

Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera, ha dichiarato che i risultati “certificano il buon lavoro che si sta compiendo per incentivare i consumi culturali degli italiani”. Restano però aperti i nodi perché la quota destinata alla cultura è scesa nella spesa familiare complessiva e le differenze territoriali tra Nord e Sud permangono nette.

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