Fuser e il rimpianto Lazio: ceduto nel 1998 per volontà di Mancini

L'ex calciatore ripercorre la sua vita sportiva: avrei voluto finire la carriera in biancoceleste, ma qualcuno non ha voluto.

Fuser e il rimpianto Lazio: ceduto nel 1998 per volontà di Mancini
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3 Aprile 2014 - 18.54


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di Adriano Stabile

Continua a giocare, ogni tanto, nell’Eccellenza piemontese con il Colline Alfieri Don Bosco, ha 45 anni e un eccellente passato da calciatore con tante maglie importanti: è Diego Fuser, 25 presenze e 3 reti in nazionale tra il 1993 e il 2000 oltre a una bella carriera con Torino, Milan, Fiorentina, Lazio, Parma e Roma.

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Della sua esperienza nella Capitale, soprattutto sulla sponda biancoceleste, gli è rimasto un ottimo ricordo di sei stagioni ricche di soddisfazioni, tra il 1992 e il 1998, ma anche l’amarezza per un addio che non si aspettava: “Sono andato via dalla Lazio a 29 anni, perché a qualcuno non andavo bene – sono le sue parole in una lunga intervista che andrà in onda domani alle 23 su Premium Calcio ne “La tribù del calcio” – volevo finire la carriera in biancoceleste, ma qualcosa non andò bene con qualcuno che voleva fare l’allenatore in campo”. L’allusione, chiara, è a Roberto Mancini che arrivò alla Lazio nel 1997, un anno prima dell’addio di Fuser ai biancocelesti. Parole di stima invece nei confronti del suo ex compagno di squadra, Beppe Signori, recentemente radiato per lo scandalo del calcioscommesse: “Posso dire che è una brava persona, nella vicenda calcioscommesse l’hanno messo in mezzo”.

L’ex centrocampista ripercorre poi la breve esperienza nella Roma (2001-2003) raccontando di come Capello, che l’aveva allenato nel Milan, l’avesse voluto per fare la Champions anche se la maglia laziale è quella che è rimasta maggiormente nel cuore di Fuser. Drammatico invece il racconto della perdita del figlio 15enne, scomparso nel 2011 per una grave forma di epilessia. Nel corso dell’intervista, realizzata da Marco Piccari, Fuser ripercorre anche gli anni vissuti con Toro, Milan, Fiorentina e nazionale. “Cesare Maldini mi ha fatto arrabbiare – conclude – mi ha convocato per tutte le partite di qualificazione a Francia ’98, poi alla fine chiamò Cois. I misteri del calcio”.

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