Caldo record e malori tra il pubblico: i cambiamenti climatici si abbattono anche su Wimbledon

Il tennista italiano conquista la finale contro Alcaraz ma il vero dato che resta impresso sono i tanti malori per il caldo fra il pubblico. Eppure molti governi continuano a rimandare o negare le misure più urgenti in nome dell’economia o del consenso immediato.

Caldo record e malori tra il pubblico: i cambiamenti climatici si abbattono anche su Wimbledon
I prati dell'All England Club sotto il sole tropicale
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Marcello Cecconi Modifica articolo

12 Luglio 2025 - 11.04 Culture


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Jannik Sinner ha scritto un’altra pagina epica dello sport italiano: ha battuto Novak Djokovic in semifinale a Wimbledon, con una prestazione impeccabile che lo proietta, per la seconda volta in pochi mesi, contro Carlos Alcaraz. La finale di domenica promette scintille e sarà, con ogni probabilità, una delle più seguite nella storia recente del tennis.

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Ma se la sfida sportiva è stata memorabile, quella climatica lo è stata forse ancora di più, e non in senso positivo. Londra ha risposto con entusiasmo al torneo, come ogni estate. Ma quest’anno lo ha fatto con 34 gradi di temperatura, già al secondo giorno di gioco. Un valore fuori scala, se si considera che la media stagionale a luglio nella capitale inglese è di 24°C.

I prati verdi e impeccabili del All England Club si sono trasformati in una sorta di serra tropicale dove i giocatori hanno dovuto affrontare condizioni al limite della sopportazione con tempi di recupero allungati, pause forzate. Ma almeno loro sono abituati, tanto che a soffrire di più è stato soprattutto il pubblico. Malori in tribuna già dal primo giorno e ieri giovedì 10 luglio, durante l’incontro tra Aryna Sabalenka e Amanda Anisimova, un improvviso malore tra gli spettatori ha costretto l’arbitro a interrompere la gara per alcuni minuti per l’intervento dei medici.

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Episodio simile, oggi venerdì 11, durante la semifinale maschile tra Carlos Alcaraz, secondo nel ranking Atp e campione uscente sull’erba londinese, e lo statunitense Taylor Fritz, numero cinque del mondo. Anche in questo caso, la partita è stata sospesa per un altro malore tra gli spettatori, ancora una volta causato dalle alte temperature che hanno continuato a imperversare.

Un Wimbledon tropicale, dove il bianco classico dell’eleganza ha dovuto cedere il passo a turbanti di fortuna, occhiali da sole extra large, creme solari passate sotto i tantissimi cappelli di paglia bianca. Wimbledon è da sempre sinonimo di tradizione, di rituale, di eleganza inamidata. Ma quest’anno si è piegato, senza alternativa, alla brutalità della crisi climatica e anche per questo ci sono stati spesso gli spalti vuoti come abbiamo visto anche nelle prime fasi della semifinale odierna tra Sinner e Djokovic. L’ombra viene preferita al tennis.

E non è un caso isolato: ai recenti Australian Open, il gioco è stato sospeso per calore e fumo da incendi, negli US Open 2023, si sono superati i 39°C a New York e in Francia, al Roland Garros, si sono verificati crolli termici repentini e piogge torrenziali in pieno giugno.

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I grandi eventi sportivi globali sono già dentro la crisi climatica e la retorica del “è solo una giornata calda” non regge più. I dati scientifici parlano chiaro, e la realtà li conferma con puntualità spietata. E mentre Sinner corre verso una sicura finale, il nostro pianeta corre verso un futuro sempre più insicuro. In questo scenario, fa sempre più impressione il disinteresse di molti governi, soprattutto quelli sovranisti e populisti, che continuano a rimandare o negare le misure più urgenti in nome dell’economia, dell’“identità nazionale” o del consenso immediato.

Ma quando anche Wimbledon ha bisogno del piano anti-caldo, e il pubblico dell’erba più nobile del tennis si rifugia sotto le tende come in un festival musicale, è evidente che le priorità vanno ricalibrate. È il tempo della scelta collettiva, della responsabilità globale, dell’unione tra sport, cultura, società e politica per lavorare davvero sul futuro, invece che sull’oggi.

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