Giorgia Meloni, il 18 ottobre 2020, ha scritto su Facebook: “scandaloso silenzio dell’Ucoii e delle comunità islamiche italiane sul barbaro omicidio del professore Samuel Paty in Francia per mano di un giovane rifugiato musulmano fomentato ad arte dal solito circuito dell’odio islamista sempre più attivo in Europa. Vale la pena ricordare a tutti che in Europa non è contemplata la pena di morte per blasfemia e apostasia, a differenza di quanto previsto in gran parte dei Paesi musulmani. Aspettiamo parole chiare da parte delle comunità islamiche italiane ed europee sulla libertà di parola e di espressione, anche quando non gradite ai dettami della Sharia. Chi vuole vivere in Italia è tenuto a rispettare le nostre leggi e a condividere i nostri valori di libertà. Senza eccezioni”.
A distanza di pochi mesi, riferendosi al gravissimo caso di Saman, la ragazza che purtroppo sarebbe stata uccisa perché rifiutava le nozze combinate, Giorgia Meloni è tornata a polemizzare con l’Ucoii, che ha emesso un parere religioso – fatwa- di condanna delle nozze combinate, tradizione che nulla a che fare con l’Islam.
“In Italia come nell’Isis si impone la Sharia”, attacca Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, secondo cui l’associazione “è convinta di avere il potere di dettare legge nel nostro ordinamento e di riconoscere il separatismo islamico. Notizia assurda che ha creato scandalo perfino negli altri Stati musulmani e che fa cadere l’Italia nel ridicolo”. Meloni auspica “una forte censura da parte del presidente del Consiglio e del ministro dell’Interno, affinché tutto ciò non costituisca un pericolosissimo precedente”.
Vediamo allora cosa ha scritto l’Ucoii. Sulla pagina Facebook dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia si legge: “ Fatwa contro i matrimoni forzati nell’Islam. La presente Fatwa – parere religioso – nasce dalla volontà di ribadire e sensibilizzare su una pratica tribale che non può trovare alcuna giustificazione religiosa, per rafforzare l’impegno delle comunità nel contrasto e nella prevenzione di atti tribali che oltre essere contrari all’ordinamento giuridico del nostro Paese, vanno in pieno contrasto anche con la dottrina islamica. E’ stata formulata ed emessa in concerto con la Commissione per la Fatwa dell’ Associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide Religiose il giorno 22 Shawwal 1442 equivalente al 3 giugno 2021 del calendario gregoriano”.
Segue il testo completo del parere religioso stilato con l’Associazione degli Imam italiani. Dunque bisogna capire: sarebbe più biasimevole un silenzio o un pronunciamento? Lo possono essere tutti e due?
Se queste sono le stranezze della politica è più interessante occuparsi del diritto e quanto scritto da uno dei più illustri giuristi cattolici italiani, sulle pagine scientifiche dell’Università di Pisa, merita attenzione.
Il professor Pierluigi Consorti ricorda che i matrimoni combinati dalle famiglie era prassi diffusa anche in Europa molto tempo fa, è ancora diffusa in parti dell’Asia e dell’Africa sub sahariana, contrasta con l’articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani, è stata oggetto di serie tv seguitissime in tutto il mondo, è un errore dovuto all’ignoranza e aggiunge: “ E’ quindi un bene che le religioni facciano chiarezza su questo punto e ribadiscano che il matrimonio è un atto che si fonda sul consenso prestato liberamente dai due diretti interessati e che costoro abbiano l’età sufficiente per assumerne gli obblighi conseguenti. A mio parere, la fatwa emessa dall’Unione delle comunità islamiche d’Italia si inserisce pienamente in questo contesto e ha il merito di chiarire il punto di vista delle comunità religiose islamiche italiane e delle loro guide spirituali. A questo proposito però le cronache hanno diffuso opinioni discordanti. In qualche caso fondate – ancora una volta – sul falso presupposto che la “fatwa” costituisca una sentenza giuridicamente vincolante.
Il termine “fatwa” invece coincide con il latino “responsum“: è un parere religioso che chiarisce possibili dubbi interpretativi e obbliga i fedeli a rispettarlo come tale, nella misura in cui costoro riconoscono l’autorevolezza della fonte che lo ha emanato. In altri termini, è ben possibile che qualche fedele possa discutere o dissentire sulla legittimità di un determinato parere, magari solo perché non riconosce l’autorevolezza della fonte che lo ha redatto. Nelle comunità religiose, che sono tutte al loro interno molto più plurali di quanto siamo disposti a credere, accade spesso che i fedeli si dividano sull’interpretazione della legge religiosa”.
I termini sembrano finalmente chiariti. Scorrendo nella memoria le vicende recenti ci si ricorda del responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede che dice ai sacerdoti di non benedire coppie omosessuali; con ciò non si proibisce a omosessuali cattolici di convivere. Quindi non si interferisce con la legge italiana. L’impressione è che la fatwa dell’Ucoii aiuti i musulmani italiani a capire che non lo abbiano già compreso che le tradizioni a cui si richiamano non hanno nulla a che fare con la loro fede. Nessuno però sarà obbligato a essere d’accordo. Ma è importante che la più numerosa comunità islamica abbia pubblicamente denunciato questa ipotesi come contraria al Corano e alla volontà del Profeta. Ma si tratta di un parere religioso e non giuridico, questo è il punto.
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