Il cattolicesimo si 'misura' con l'azione quotidiana non con la presenza alle liturgie
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Il cattolicesimo si 'misura' con l'azione quotidiana non con la presenza alle liturgie

Se comunità dei fedeli tornasse ad essere presente, potrebbe anche perdere presenze alle sue cerimoniose liturgie, ma farebbe di nuovo notizia, cioè eserciterebbe  quella stessa attrazione che esercitò nei confronti dei secolarizzati

Il cattolicesimo si 'misura' con l'azione quotidiana non con la presenza alle liturgie
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

20 Agosto 2023 - 10.57


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L’adagio è noto e si ripete da tempo: le Chiese si svuotano, l’Italia è sempre meno cattolica. Il tema è tornato di attualità con la pubblicazioni dei dati pubblicati dall’ISTAT e ritenuti allarmanti non solo da chi crede e sui quali ha scritto per Globalist un ottimo commento il reverendo Rocco D’Ambrosio, docente alla Pontificia Università Gregoriana. Non avrebbe senso riproporlo tutto ovviamente, ma a mio avviso tra le tesi che vi ha esposto conta ricordarne almeno una: don D’Ambrosio premette che il calo della pratica religiosa riguarda le fedi, non solo quella cattolica, non essendo consentito effettuare sondaggi del genere su una sola  pratica religiosa.

E’ così, ovviamente e quindi si arriva al punto forte che parte ovviamente dalla certezza che se la diminuzione della pratica religiosa riguarda tutti, certamente riguarda anche la religione più diffusa in Italia e afferma:    “ La perdita di peso sociale, culturale e politico della cattolicità, è poi un segno così negativo? È interessante che Gesù parla della testimonianza cristiana come di “sale della terra – luce del mondo” (Mt 5), “lievito nella massa – il più piccolo dei semi” (Mt 13) e cosi via. Per quanto il Signore ci abbia inviato ad annunziare il Vangelo a tutte le persone e in tutti gli ambienti (Mc 16), non è scritto da nessuna parte che l’avvento e l’autenticità del Regno di Dio dipendano da un crescendo di numeri e presenze”. 

Ecco, questo è il punto vero, a mio avviso, e siccome i cattolici commentano spesso il peso e il valore (o disvalore) della presenza dei secolarizzati nella nostra società io vorrei da secolarizzato commentare questa riduzione di peso dei cattolici partendo proprio da quanto dice il reverendo Rocco D’Ambrosio.

La storia della presenza cattolica nelle nostre società europee viene spesso valutata alla luce delle radici cristiane delle stesse, ma con tutto questo Gesù stesso e il senso della sua vita non hanno senso né ruolo. Queste radici infatti affondano nel ruolo conquistato dalla Chiesa nei secoli, nel potere costituito, nei suoi simboli, nei suoi edifici più imponenti ed eterni,  ma tutto questo con il senso dell’avventura umana di Gesù ha poco a che fare. E qual è stato il senso di quell’avventura? Per me è tutto in una parola: no! Mi spiego. 

Il suo no fu a Cesare e lo condusse  alla morte per crocifissione messa in atto dai soldati di Cesare. Così almeno la tradizione cristiana afferma e tramanda. Il no di Gesù è riassunto in una frase celebre e capovolta dai suoi interpreti ufficiali: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”! Per i sacerdoti del cristianesimo alleato di mille Cesari questa frase farebbe di Gesù una sorta di Arlecchino servitore di due padroni. Rispettate il potere di Cesare per quel che attiene alla nostra società e quello di Dio per l’al di là. Non è così, perché tutta la sua vita ha testimoniato il contrario. Quella “e” è oppositiva, non congiuntiva. O seguite i poteri terreni, la loro logica, la loro visione del mondo, o seguite Dio.  Altrimenti perché Cesare lo avrebbe fatto uccidere?  

Ecco perché in molti hanno cominciato a seguirlo, proprio per quell’estremo sacrificio nel nome della Misericordia del Padre, dell’amore del Padre per i suoi figli e non per la prona sottomissione dei figli all’Imperatore. Il potere ha seguitato a perseguitarli, ovviamente, fino a quando Costatino non ha preso i suoi simboli per fare suoi l’impero e la comunità di quei fedeli. Da allora è cominciata un’altra storia cristiana, che probabilmente sarebbe sciocco gettare al mare senza capirne il rapporto con la storia, anche la necessità nel cammino storico. Ma oggi quella storia si è conclusa. Quella storia è finita! La fine di quella storia è nella Seconda Guerra Mondiale, che solo il cristianesimo ha capito nella sua epocalità. Infatti il Concilio Vaticano II ha segnato la rottura con la storia della teologia dell’idillio tra potere politico e potere ecclesiale, alla quale gran parte del mondo ortodosso è rimasto fedele, nel suo rapporto consustanziale con il potere imperiale o nazionale, al pari dei cattolici anti-conciliari.

Dunque una rinascita evangelica del cattolicesimo, e dell’ortodossia, è ciò che si impone, in relazione con la grande lezione protestante che in parte (non mi addentro in questo) aveva anticipato proprio questo cambio di paradigma, aprendo alla modernità.

Oggi la lezione di questo Gesù avrebbe molto da dirci, ma ciò che ha da dirci, anche a noi secolarizzati, non si riassume andando a fare numero nelle chiese dove i suoi presunti adepti vogliono ribadire di contare. No. La sua lezione riguarda un uomo picchiato per strada e lì lasciato dai sacerdoti di questo o quel culto perché praticava un altro culto; mi sembra che accada ogni giorno sulle strade del nostro quartiere,  lungo le coste del nostro Paese, ma gli adepti di Gesù non ne parlano se non marginalmente. La sua lezione poi ci parla anche di una donna lapidata (non più con i sassi) perché ha tradito (magari abortendo) le leggi imposte dai suoi adepti, mentre lui l’ha salvata raccomandandole solo di non peccare più. La morale cristiana, ha detto Francesco, non è non sbagliare mai, ma rialzarsi sempre.  

Io credo che se la comunità dei fedeli tornasse ad essere così, potrebbe anche perdere ulteriormente presenze domenicali alle sue cerimoniose liturgie, ma farebbe di nuovo notizia, cioè eserciterebbe  quella stessa attrazione che esercitò nei confronti dei secolarizzati di allora. E’ l’attrazione, non la conta, l’imprinting del suo fondatore. Gli alleluia di cui riempiono i loro salmi possono anche diminuire, o aumentare, non aumenterà l’eco del messaggio a cui i cristiani devono la loro persistente presenza nella nostra società, ridotta a poco per scelta loro, o della loro presenza “istituzionale”. Le atre presenze ancora attraggono molti. Sarebbe interessante capire:  perché? 

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