11 settembre 2001: il mondo manicheo di oggi non è forse una vittoria di Bin Laden?
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11 settembre 2001: il mondo manicheo di oggi non è forse una vittoria di Bin Laden?

L’11 settembre è l’evento che segna uno spartiacque tra il prima e il poi, rappresenta la crisi dell’era della globalizzazione che si afferma dopo la caduta del comunismo, inaugura il mondo manicheo in cui l’Occidente combatte contro l’ “asse del male”

11 settembre 2001: il mondo manicheo di oggi non è forse una vittoria di Bin Laden?
11 settembre 2001
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

11 Settembre 2023 - 01.20


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Forse, 22 anni dopo, sarebbe il caso se non di affermare quanto meno di domandarsi se bin Laden non abbia vinto. Forse non la guerra, ma almeno la ventennale partita. Chi ha spiegato meglio di tutti quel che intendo dire è il professor Massimo Borghesi, autorevole biografo di papa Francesco, nel suo fondamentale volume “Il dissidio cattolico”. Vi scrive: “L’11 settembre è l’evento che segna uno spartiacque tra il prima e il poi, rappresenta la crisi dell’era della globalizzazione che si afferma dopo la caduta del comunismo, inaugura il mondo manicheo in cui l’Occidente combatte contro l’ “asse del male” e apre l’era della teopolitica fondata sul contrasto tra amico e nemico. La rinascita del religioso, la desecolarizzazione che caratterizza il nuovo millennio, viene iscritta in una concezione militante e guerriera della fede che trova i suoi avversari nel relativismo etico postmoderno e nell’integralismo fanatico dell’islamismo radicale”. E aggiunge che il cristiano diventa cristianista, cioè un uomo che usa il cristianesimo come vessillo ideologico.

Siccome potrebbe apparire un discorso datato (è del maggio 2022) vorrei chiedere di interpretare queste parole alla luce di quanto ha affermato il patriarca Kirill all’inizio della guerra. Da una parte c’è la Grande Madre Russia cristiana, depositaria della fede in un impero russo dove esiste un solo capo e una sola Chiesa (il patriarcato di Mosca e tutte le Russie). Non può che esservi una sola lotta. Contro di chi? Contro il relativismo etico postmoderno dei governanti di Kiev che vogliono imporre anche nella Santa Russia (di cui devono essere eternamente parte ) i malvagi Gay Pride. E’ questo che va impedito, fino all’ultimo uomo.

Ma, cambiando lato della barricata, il presidente Biden dove andò a rispondere al patriarca? Andò a Varsavia, dove disse, citando Giovanni Paolo II, “non abbiate paura”. Cosa c’entri questo con la democrazia è difficile dirlo, come è difficile capire come i pacifisti nostrani, molto spesso fautori dei diritti degli omosessuali, possano non inorridire davanti a uno zar che fa degli omosessuali l’incarnazione del Male. Dunque ripongo la domanda di partenza: non ha vinto bin Laden? Non siamo diventati tutti manichei, di qui il bene e di là il male, come il patriarca-chierichetto di Putin, l’ex agente del KGB Kirill? 

Bin Laden si impose nel mondo arabo, e a mio avviso oggi in quel mondo sta perdendo, sulla base di un assoluto mimetismo rispetto agli Stati Uniti. Se loro ci hanno bombardato uccidendo i nostri, noi dobbiamo bombardarli, ma con le loro stesse tecnologie: e ha usato gli aerei americani per abbattere le Torri Gemelle. Per diventare lui il Presidente del mondo! E’ diventato cioè l’analogo opposto del suo nemico. Assoluta violenza mimetica. Oggi gli arabi hanno capito quella lezione e la stanno respingendo, ma il binladenismo ha trovato un nuovo terreno assai florido, in Africa, nel Sahel e non solo. 

Il Global South così ha dimostrato anche al recente G20 risentimento, diffidenza verso l’Occidente. Non ha dimostrato simpatia, vicinanza per Putin, ma risentimento verso di noi. Perché? Forse anche perché dopo l’epidemia da Covid 19 noi, il Global North, non ci siamo preoccupati minimamente negandogli i vaccini. Biden aveva promesso di capovolgere la scelta di fregarsene del Global South di Trump: ma non c’è riuscito, è così. I nuovi allarmi sulle varianti del virus sono venuti dal Sud Africa, paese leader del Global South. Ma anche questo non ha modificato l’indifferenza del Global North per la sfida contro il virus a mani nude del Global South. Questi precedenti non hanno aiutato il Global South a non essere manicheo davanti alla guerra in Ucraina: perché, deve essersi chiesto questo Global South, dovrei spendermi per voi del Global North? E’ stato un errore, ma è un altro mimetismo che si capisce: faccio come hai fatto tu con me. 

Con i profughi il Global North procede nello stesso identico modo, o no? Questi figli del Global South fuggono da guerre alla quali partceipiamo, terrorismi che co-alimentiamo, pandemie, disastri ambientali che in gran parte causiamo, golpe prodotti anche da nostre scelte inquietanti, ma ovunque trovano solo porte chiuse. Dovevano i loro Paesi d’origine avere le porte aperte verso la “nostra guerra” per l’Ucraina? A mio avviso sì. Forse questo avrebbe cambiato davvero l’equazione corrente, ma forse no. Forse il Global North sarebbe rimasto quello che è: un conglomerato manicheo che antepone i propri interessi, tutto qui. E così l’errore più grande è tirare in ballo la fede, spesso islamica, di questi profughi, per giustificare la nostra chiusura, facendoci cristianisti, per riprendere il vocabolo coniato dal professor Borghesi e che molto mi convince. Dunque non conosciamo più la “nostra fede”, come gli islamisti non conoscono la loro. 

Così capisco l’accusa ucraina a Francesco di essere filo-russo. Avrà anche commesso errori di comunicazione, ma in un mondo manicheo, polarizzato, dove tutto è bianco o tutto è nero, Francesco non può essere capito. Nè da Mosca né da Kiev. 

Ipotizzare una vittoria momentanea di bin Laden è angosciante. Quell’orrore però ha creato nel l’antiamericanismo anche teorie negazioniste, così assurde eppure diffuse che sarebbe indecente dimenticarle. 

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