Tra popolo e circoli: il bivio della Chiesa tra vecchi chierici e Vangelo vissuto nel mondo

Con il vocabolo chierico indichiamo usualmente chi ha il compito di amministrare i sacramenti, ma in italiano arcaico indica gli uomini di studi, depositari del sapere.

Tra popolo e circoli: il bivio della Chiesa tra vecchi chierici e Vangelo vissuto nel mondo
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

8 Maggio 2025 - 12.25


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Se c’è una cosa interessante, da decifrare, è il “trionfalismo iper-allarmato” che in particolare nei momenti caldi della storia emerge nel linguaggio di vecchi e nuovi chierici. Con il vocabolo chierico indichiamo usualmente chi ha il compito di amministrare i sacramenti, ma in italiano arcaico indica gli uomini di studi, depositari del sapere. Il loro pensiero ha fatto capolino nell’omelia pronunciata ieri dal cardinale Re, quella “pro eligendo pontifice”, che ha parlato della società odierna, che è “caratterizzata da grande progresso tecnologico, ma che tende a dimenticare Dio”. Il trionfalismo sta nel fatto che loro non se ne dimenticherebbero, l’allarme invece sta nel fatto che il mondo cattivo invece tenderebbe a dimenticarsene.

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Eppure ieri in Piazza San Pietro, ad attendere una fumata che tutti sapevano sarebbe stata nera, c’erano 50mila persone. Strano? No, perché per oltre 12 anni sulla cattedra di Pietro c’è stato un uomo che più che ai  depositari di questo o quel sapere, cercava di parlare con il mondo  cattivo, che però – forse – pensa di poter fare a meno di loro, dei vecchi chierici, più che di Dio. Infatti se uno ci parla con questo “mondo cattivo”, invece che chiudersi in indici ammonitori e linguaggi inaccessibili, il mondo riscopre il gusto del Vangelo, anche se si è allontanato davanti a tante rigidità, non sa di credere o  se crede.

Per questo non mi ha stupito né il gran numero di persone in piazza San Pietro né la rapida eclissi dei riferimenti ufficiali al defunto pontefice, perché questo è il momento in cui rivolgersi agli ambienti chiusi, ai circoli. Così il linguaggio dei molti nuovi chierici, i ministri del sacro, in queste ore si incontra facilmente con quello dei vecchi chierici, ansiosi di ottenere nuovo spazio. Se i nuovi chierici lo fanno perché il momento è “chiuso” al mondo, i vecchi chierici sembrano voler approfittare del loro allarme, la dimenticanza di Dio, per dire “tornate da noi, siamo i soli a sapere come si faccia a riscoprirlo”. Ma i cinquantamila accorsi in piazza lo hanno fatto da soli, auspicandosi di vedere il nuovo Francesco. 

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Da destra o da sinistra diversi vecchi chierici sembrano ricordare alla Chiesa la lezione di tal Voltaire quando diceva: “tutto per il popolo, niente con il popolo”. Per questo motivo hanno, ufficialmente o ufficiosamente, definito Francesco un papa populista: perché lui in cattedra ci portava la vecchina che gli avrebbe detto in una chiesetta argentina, “Dio perdona tutto, altrimenti il mondo sarebbe già finito”. Basta leggere la biografia di Francesco per vedere Francesco in quella galleria non di grandi studiosi, o eruditi, ma di gente incontrata sulle strade del mondo e che costituisce la trama  di questo grande affresco, il neorealismo bergogliano. 

E’ questo il primo bivio davanti al quale occorre scegliere: puntare sui circoli o restare sulle strade del mondo? In queste ore i nuovi chierici, i ministri del sacro, sono obbligatoriamente attenti ai circoli; ma è presente nelle loro fila la tentazione di prediligere il loro conforto.

Questo bivio, popolo o circoli, è poco raccontato. Mette da una parte non tanto i famosi “preti di strada” (che possono essere veri o presunti) , ma tutti quelli che si sforzano, in tanti modi,  di vivere nella loro quotidianità il Vangelo; e lì  si cammina tra la gente, credente o non, come la Samaritana, o il centurione, per fare due esempi noti.   

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