di Justinianus Severus
Miei cari lettori, è con il cuore gravato da un’urgenza civile, ma con la penna lievemente intinta nell’inchiostro dell’ironia, che mi accingo a proporre una soluzione definitiva al dilagante problema dei putiniani che infestano le pianure digitali del nostro amato web. Costoro, armati di tastiere e di un’ardente fede nello Zar di tutte le Russie, hanno trasformato i social media in un campo di battaglia dove la ragione si arrende e il complotto regna sovrano. Ma non temete: con spirito pratico e un pizzico di umorismo, vi offrirò un rimedio che, se non risolverà il problema, almeno ci farà sorridere mentre il mondo virtuale brucia.
Il fenomeno: un’armata eterogenea di cavalieri dello Zar
Osserviamo innanzitutto la natura di questi putiniani, una fauna digitale tanto variegata quanto prevedibile. La loro legione si compone principalmente di nostalgici del fascismo, devoti alla camicia nera e al culto dell’uomo forte, che vedono in Vladimir Putin un novello Mussolini, ma con più gasdotti e meno treni in orario. Costoro, con un’ammirazione quasi liturgica per l’ordine autoritario, trovano nello Zar un baluardo contro il caos della democrazia, che essi considerano una debolezza per anime molli. Non importa se Putin non abbia mai letto Il Principe di Machiavelli o se il suo Cremlino sia più vicino a una corte bizantina che a un’utopia reazionaria: per loro, è il Duce 2.0, con un accento slavo e un debole per le foto a torso nudo.
Ma non si creda che i putiniani siano un monolite di destra. Oh no! Tra le loro fila marciano anche i reduci dell’estrema sinistra, quei romantici del Che Guevara che, smarriti nei meandri dell’anti-sistema, hanno scambiato la Russia di Putin per un paradiso socialista. Costoro, con un candore che rasenta l’eroismo, ignorano che il socialismo in Russia è morto da decenni, sostituito da un regime che coccola l’estrema destra europea – da Le Pen a Orbán – e che considera il collettivismo un simpatico aneddoto storico. Eppure, essi persistono, convinti che ogni critica a Putin sia un complotto della CIA, mentre lo Zar, dal suo trono, brinda con oligarchi e patriarchi ortodossi.
E poi ci sono i tratti comuni, i fili rossi che uniscono questa variegata armata. I putiniani sono, quasi senza eccezione, no-vax e nemici giurati della scienza. Per loro, i vaccini sono un’arma del Nuovo Ordine Mondiale, mentre il cambiamento climatico è un’invenzione di Greta Thunberg per vendere più trecce. Sono complottisti di professione, capaci di collegare i puntini tra il 5G, Bill Gates e l’invasione delle locuste con una creatività che farebbe invidia a Dan Brown. Ogni fake news proveniente dal Cremlino – che si tratti di biolaboratori ucraini o di missili NATO nascosti nei kinder sorpresa – trova in loro un amplificatore entusiasta. E quando si osa ricordare le nefandezze di Putin, dalla guerra in Ucraina alla repressione dei dissidenti, essi rispondono con un mantra universale: “E allora gli altri?”. Come se il fatto che l’Occidente non sia un coro di angeli giustificasse ogni crimine commesso sotto la bandiera della Madre Russia.
La radice: il sogno dell’uomo forte
Ma qual è il cuore pulsante di questa devozione? È il desiderio reazionario di un uomo forte, un condottiero che, sia esso Putin, Mussolini o Trump, possa rimettere in ordine un mondo percepito come caotico. I putiniani non vogliono la democrazia, che richiede fatica, compromessi e responsabilità. Essi sognano un leader che, con un pugno di ferro e un sorriso sardonico, schiacci i nemici – reali o immaginari – e riporti l’umanità a un’età dell’oro che esiste solo nei loro deliri. Putin, con il suo mix di propaganda, machismo e disprezzo per le regole, è il loro idolo perfetto. E poco importa se il suo regno è costruito su corruzione, censura e carri armati: per i putiniani, la forza è verità, e la verità è un optional.
La modesta proposta: un’Accademia dei Putiniani
Veniamo dunque alla mia proposta, ispirata al pragmatismo di quel grande pensatore, Jonathan Swift. Poiché i putiniani sono una forza inarrestabile, che invade ogni spazio digitale con la grazia di un’orda di troll, perché non canalizzare la loro energia in un progetto costruttivo? Propongo la creazione di un’Accademia Internazionale dei Putiniani del Web, un’istituzione ufficiale che li accolga, li formi e li indirizzi verso attività utili alla società.
- Formazione specializzata: L’Accademia offrirà corsi intensivi su come creare meme complottisti, scrivere post in maiuscolo e ignorare le fonti attendibili. Gli studenti più promettenti potranno specializzarsi in “E allora gli altri?: Fondamenti di Relativismo Morale” o “Da QAnon al Cremlino: Teorie del Complotto Avanzate”. Per i nostalgici del socialismo, un modulo speciale spiegherà perché la Russia di Putin non è l’URSS, ma è comunque “meglio dell’Occidente”.
- Canali ufficiali per la propaganda: Invece di intasare i commenti di ogni post su X con link a blog dubbi e video di dubbia provenienza, i putiniani saranno incoraggiati a pubblicare su una piattaforma dedicata, chiamata ZarinaNet. Qui potranno condividere fake news certificate dal Cremlino, discutere di come i vaccini causino il controllo mentale e lodare Putin senza disturbare il resto del web.
- Servizio civile digitale: Per dare un contributo concreto, i putiniani saranno impiegati in attività di “pulizia digitale”. Ad esempio, potrebbero moderare i commenti sotto i video di gattini, eliminando qualsiasi riferimento alla scienza o alla democrazia. Oppure, potrebbero essere incaricati di rispondere a ogni critica a Putin con un “E allora Biden?”, automatizzando così il loro mantra e liberando tempo per altre attività, come la caccia al chemtrail.
- Riconoscimento pubblico: I migliori putiniani riceveranno medaglie virtuali – magari un’icona di Putin a cavallo – e saranno invitati a eventi esclusivi, come webinar con influencer complottisti o dirette streaming da Mosca. Questo li terrà occupati e ridurrà la loro presenza nei gruppi Facebook dedicati al giardinaggio o alle ricette di torte.
I benefici per la società
Questa proposta non solo disciplinerà l’orda putiniana, ma apporterà benefici tangibili. Primo, il web tornerà a essere un luogo dove si può discutere senza essere accusati di essere un agente della NATO. Secondo, i putiniani troveranno uno scopo, trasformando la loro rabbia digitale in una carriera strutturata. Terzo, la società potrà studiare questo fenomeno in un ambiente controllato, scoprendo forse perché qualcuno preferisce credere che la Terra sia piatta piuttosto che leggere un articolo di giornale.
E se qualcuno obiettasse che questa soluzione è troppo indulgente? Rispondo con lo spirito dei putiniani stessi: “E allora gli altri?”. Se possiamo tollerare influencer che vendono tisane dimagranti e politici che promettono l’impossibile, perché non trovare un posto per questi cavalieri dello Zar? In fondo, il loro fervore è quasi commovente, come quello di chi crede ancora nelle favole, ma con più emoji di carri armati.
Miei cari, il problema dei putiniani non si risolverà con il sarcasmo o con i ban dai social. Essi sono una forza della natura, un’onda che travolge il buonsenso con la tenacia di un meme virale. Ma con la mia modesta proposta, possiamo trasformarli da minaccia a risorsa, da troll a membri di una comunità che, se non altro, ci farà ridere mentre scorriamo X. E se falliremo, beh, almeno avremo provato. Nel frattempo, vi invito a unirvi a me nel brindare alla libertà di pensiero – quella vera, non quella che si compra con un retweet da Mosca.