Possono esistere nella Chiesa razzismo, assurde interpretazioni evangeliche e attacchi a chi opera nella carità?
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Possono esistere nella Chiesa razzismo, assurde interpretazioni evangeliche e attacchi a chi opera nella carità?

Dovremmo riflettere, pregare e aiutarci ad amare sempre meglio tutti, partendo dagli ultimi e invece inneschiamo assurde e offensive polemiche sui gesti di carità.

Possono esistere nella Chiesa razzismo, assurde interpretazioni evangeliche e attacchi a chi opera nella carità?
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Rocco D'Ambrosio Modifica articolo

17 Maggio 2025 - 20.25


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Il Vangelo odierno: Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 

Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 31-35 – V di Pasqua/C).

La guerra in Ucraina, lo sterminio degli abitanti di Gaza e i conflitti in altre parti del mondo, per quanto lontano possano essere sono un invito a riflettere su come noi amiamo gli ultimi, i poveri e i gesti che poniamo per essi, in tanti modi e occasioni. Eppure non tutti i cattolici la pensano alla stessa maniera: ci sono cattolici chiusi agli altri, poco disponibili, col cuore e col portafoglio, ad andare incontro a chi ha bisogno, per la guerra o per altre disgrazie.

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Non intendo dire che  tutti gli altri – da me per primo – sono capaci di amare come Gesù comanda. Tutti siamo mancanti in termini di amore: lo spartiacque è tra chi si sforza di amare, tra tanti limiti e mancanze e chi pensa che l’amare gli altri non sia fondamentale e decisivo per essere cristiani. Pensiamo al razzismo, al rifiuto dei migranti, delle persone LGBT, dei poveri e degli ultimi, atteggiamenti presenti in politici credenti come in semplici parrocchiani, preti e vescovi.

Mi chiedo: cosa sta succedendo? E’ qualcosa di nuovo? Oppure è sempre esistito, nella Chiesa cattolica italiana e non solo, questo cocktail di razzismo, rifiuto, assurde interpretazioni evangeliche, attacchi a chi opera nella carità e cosi via. Che sta succedendo?

Tra i sentimenti, che questi fatti, suscitano in me è preponderante quello della tristezza. Dovremmo riflettere, pregare e aiutarci ad amare sempre meglio tutti, partendo dagli ultimi e invece inneschiamo assurde e offensive polemiche sui gesti di carità. Poi, in questa domenica e in altri momenti, ascoltiamo Gesù che ci dice: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Ma che senso ha? Quanto scalfisce il cuore e la mente di coloro che, pur facendo la comunione, continuano a essere chiusi agli altri e razzisti irriducibili? Aiuta chi già ama gli altri sinceramente ad amarli ancor più?

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Il comandamento dell’amore, in questo brano, si inserisce in un contesto drammatico. Gesù sta per morire, scomparire dalla vita dei discepoli: vuole rinnovare il loro modo di pensare alla vita di fede (comandamento nuovo) e vuole che la sua opera continui (“da questo tutti sapranno che siete miei discepoli”). In quest’ottica l’invito ad amarsi gli uni altri non è una questione legata al mi piace – ci riesco – mi viene spontaneo. E‘ una questione di responsabilità. Amare come lui ci amato è il modo per continuare la sua opera: da questo tutti sapranno che siete miei discepoli. La sua missione è stata amare per salvarci; la nostra è amare per annunciare quell’amore operoso. 

Ci può aiutare una profonda pagina del non credente Albert Camus ne La Peste

Ecco: lei è capace di morire per un’idea, si vede ad occhio nudo. Ebbene io ne ho abbastanza delle persone che muoiono per un’idea. Non credo all’eroismo, so che è facile e ho imparato che era omicida. Quello che m’interessa è che si viva e che si muoia di quello che si ama».

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Rieux aveva ascoltato il giornalista con attenzione. Senza cessare di guardarlo, gli disse piano: «L’uomo non è un’idea, Rambert».

L’altro saltava dal letto, col viso infiammato dalla passione. 

«E’ un’idea, e un’idea corta dal momento in cui ci distoglie dall’amore. E appunto noi non siamo più capaci d’amore. Rassegniamoci, dottore: aspettiamo di diventarlo e se veramente non è possibile aspettiamo la liberazione generale senza giocare agli eroi. Io, non vado più in là». 

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