Qualcuno cerca di presentare Leone come anti-Francesco: ma Prevost sarà gradualista e riformista
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Qualcuno cerca di presentare Leone come anti-Francesco: ma Prevost sarà gradualista e riformista

Il suo sarà un pontificato gradualista, ma riformista. Francesco che doveva smuovere la Chiesa dal suo immobilismo in queste materia ha dovuto “strappare”. Papa Prevost intende portare avanti questi cambiamenti, che però, una volta avviati, richiedono gradualismo.

Qualcuno cerca di presentare Leone come anti-Francesco: ma Prevost sarà gradualista e riformista
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

22 Maggio 2025 - 22.02


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Uno strano tentativo è in corso con il pontificato di Leone XIV: rappresentarlo per ciò che non è, o quantomeno non rappresentano per ciò che è. Tutti sappiamo che con papa Francesco è cominciata una profonda riforma ma pochi di noi sanno in cosa questa grande riforma consista, quantomeno principalmente. Si tratta di un tema complesso anche da spiegare; il ritorno dopo tanti secoli a una Chiesa sinodale. Per tentare di spiegarci si può dire che sin qui la Chiesa cattolica si è presentata con una forma piramidale, gerarchia, clericale. A capo di tutto ovviamente c’è il papa, poi gli uffici romani che con lui collaborano, tutti costituiti da vescovi o arcivescovi o cardinali, coadiuvati da monsignori.

Dunque la Chiesa è universale ma ha una cultura, una visione e una dimensione tutta clericale. In questa visione e dimensione “romana”, centrale, uguale per tutto il mondo, può essere cooptato un monsignore o un vescovo indiano, o del Paese che voi volete: lui diventa “romano”, viene assorbito da questa visione “totale”. Così la Chiesa “romana”, clericale, governa la Chiesa universale, uniformandola a sé. 

Con la Chiesa sinodale non funziona così. Sinodo in greco vuol dire “camminare insieme”, e quell’insieme fa la differenza. E se la Chiesa diviene un camminare insieme allora non si capisce perché debba avere una solo cultura e perché a governarla debba essere solo il clero. E’ tutto il popolo di Dio, cioè tutti i battezzati, che sono chiamati a questi compiti, nelle diversità ambientali, culturali, con il papa che garantisce l’unità del tutto. Ecco che con Bergoglio sono state varate delle novità che hanno consentito a laici e a donne di assumere la guida di dicasteri vaticani. E’ un esempio di come diviene una Chiesa non più clericale, o per meglio dire afflitta dal clericalismo, la malattia che rende il clero il proprietario della Chiesa. Il clero, i sacerdoti, hanno la potestà di amministrare i sacramenti, non più, grazie a Bergoglio, la potestà di governo.

La Chiesa è del popolo di Dio, cioè di tutti i battezzati, non del clero. Davvero? E’ interessante che durante l’omelia con cui ha avviato il suo pontificato, papa Leone XIV abbia detto: “se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive»  chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo”. 

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Le parole decisive mi sembrano proprio queste: “tutti siamo costituiti pietre vive chiamati con il nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio…”. La più importante novità bergogliana, la Chiesa sinodale quella su cui papa Francesco è stato combattuto da tutto il fronte “autoritario”, clericale, mi sembra espressamente e coraggiosamente confermata.Si potrà dire che le parole sono tali, a differenza dei fatti, ma il fatto è arrivato oggi, 22 maggio, con la prima nomina nella curia romana. Di chi si tratta? Di una donna: “il Santo Padre ha nominato Segretario del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica la Reverenda Suora Tiziana Merletti, già Superiora Generale delle Suore Francescane dei Poveri”. Il discorso sulle distorsioni potrebbe finire qui, con disdoro per certuni. 

 Ma “Chiesa sinodale” non vuol dire solo una diversa distribuzione del potere di indirizzo e di gestione tra laici, donne e ordinati: vuol dire anche, come dice Leone XIV nelle parole susseguenti, “nella convivenza delle diversità”. Dunque non c’è solo la visione romana, come nella Chiesa romana che uniforma a sé, alla sua visione, alla sua interpretazione, alla sua agenda culturale,  tutta la Chiesa universale. Lo ha spiegato molto bene, proprio durante il recente sinodo sulla sinodalità, (espressione durissima ma decisiva, cioè sinodo su cosa sia e come debba essere questo “camminare insieme”) proprio l’attuale Leone XIV, al tempo cardinale Prevost, quando ha detto: “ciò che potrebbe essere importante nella Chiesa degli Stati Uniti potrebbe non esserlo affatto nella Chiesa della Corea del Sud”. Tutti cattolici, ma con diversità. 

Ecco che è strano che Francesco sia accusato da alcuni di essere stato un autocrate, lui, il primo papa che ha creato un consiglio dei cardinali per affiancarlo e coadiuvarlo nella riforma della Chiesa. E non a caso gli uffici della curia romana non sono più uffici che collaborano con il papa, ma sono espressamente chiamati a collaborare con tutti i vescovi del mondo, proprio perché, come ha detto il cardinale Prevost, ciò che potrebbe essere importante per la Chiesa negli Stati Uniti potrebbe non esserlo per quella in Corea del Sud. Ora dunque il centro serve il papa e le periferie, non è più vero che le periferie devono adeguarsi al centro. 

A me sembra che qui abbiamo l’indicazione più importante di quale sia la rotta del pontificato di Leone: una rotta intenzionata a proseguire sulla via del rinnovamento sinodale, consapevole che la forma originaria della Chiesa era questa, nonostante le resistenze dei romanocentrici, di chi crede che il clero debba avere non solo il potere di amministrare i sacramenti ma anche quello di governare la Chiesa. Certo, l’allora cardinale Prevost, dopo aver detto che ciò che conta per una Chiesa può non contare per un’altra, ha aggiunto che la Chiesa non cambia in un giorno, ci vorrà tempo. Ma la strada è questa. Dunque c’è o non c’è continuità con la Chiesa di Francesco?

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Leggendo però  questo tratto decisivo, cruciale, lo ho poco:  oggetto  facile offuscamento, preferendo puntare su altro, per esempio le presunte novità sulla famiglia fondata su una relazione stabile tra un uomo e una donna. E quando mai Francesco aveva detto che la famiglia è altro da questo? In quale discorso Francesco aveva trasformato la famiglia? Lui ha riconosciuto altre unioni, grazie al cielo, ma mai equiparandole alla famiglia. Al più il problema potrebbe stare in quello “stabile”, che va ben capito: quando Leone XIV parla di “unione stabile” a cosa si riferisce? Dopo un divorzio, magari per colpa dell’altro coniuge, una persona non può far nascere una “relazione stabile”?

Questa nuova “famiglia” fondata sull’unione tra un uomo e una donna è esclusa dalle famiglie di cui parla Leone? Io non lo so. So però che non pensava agli omosessuali, né per escluderli né per includerli. Anche la famosa benedizione delle coppie omosessuali autorizzata da Francesco era chiarita come benedizione dei singoli, non dell’unione: la Chiesa di Francesco non è mai stata ideologica, ha guardato sempre alle persone. Qui non si può parlare né di continuità né di discontinuità con Francesco, semplicemente perché il discorso è inafferente alle novità. Diverso sarebbe se papa Prevost avesse inteso dire che solo un uomo e una donna uniti per la prima e ultima volta in vita loro nel loro eterno matrimonio possono costituire una vera famiglia, tutti gli altri mai. Questo, che sarebbe un arretramento rispetto non a Francesco ma a Giovanni Paolo II, per il quale i divorziati risposati sono nella comunione spirituale ecclesiale, non dei “pubblici infami” come diceva il diritto canonico da lui cambiato. Ma io non mi sento di dire che “unione stabile” voglia dire questo. 

Dunque il passaggio decisivo in tutto questo discorso mi sembra la frase del cardinale Prevost che nessuno cita: “la Chiesa non cambia da un giorno all’altro”.

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Il suo sarà un pontificato gradualista, ma riformista. Francesco che doveva smuovere la Chiesa dal suo immobilismo in queste materia ha dovuto “strappare”. Papa Prevost intende portare avanti questi cambiamenti, che però, una volta avviati, richiedono gradualismo, come ogni persona saggia sa. Ma chi vuole rappresentare la sua rotta in altro modo, a mio avviso fuorviante, omette tutto questo, capovolge i fatti. Facciamo un esempio concreto di queste forzature.

Monsignor Vincenzo Paglia ha guidato, e eseguita a guidare, l’Accademia per la Vita in Vaticano. Questa accademia si occupa di temi delicatissimi, come si capisce dallo stesso nome. E lui continua a guidarla pur avendo compiuto 80 anni. E’ stata una scelta di Francesco che papa Prevost sin qui non ha toccato, ma prima o poi l’orologio della vita suona per tutti.

Ma monsignor Paglia prese anche la guida di un istituto, connesso con l’Università Lateranense , che si occupava di tematiche affini, i cui statuti andavano adeguati. Siccome l’Università Lateranense e gli istituiti collegati sono sempre stati sotto l’autorità del Vicariato di Roma, Leone ha ritenuto di riportare questo istituto, sin qui gestito da  Monsignor Paglia, nel vicariato. Si può dire, come alcuni hanno fatto, che monsignor Paglia è stato silurato? Non si vede piuttosto una riorganizzazione, che forse va a ridare peso a un Vacariato di Roma da riassestare.  Può comportare un gradualismo nella riflessione accademica, questo sì, ma non un siluramento, altrimenti a monsignor Paglia sarebbe stato tolto l’incarico pesante, l’Accademia per la Vita, non quello di contorno. Insomma, non è stato cambiato il titolare di questo istituto, l’istituto è stato ricondotto dove stava. I motivi di questa scelta possono essere tanti, ma chi la ideologizza non tiene conto che l’attuale Vicario di Roma non è un restauratore, tutt’altro.

Non mi sogno di dire che Leone sia un clone di Francesco, certamente no. Con le sue differenze dal suo precedessore prosegue però nel suo solco, consapevole che sia l’ora del gradualismo per attenuare gli strappi, consolidare i cambiamenti, apportare le necessarie modifiche a quanto sin qui fatto. Ma il tentativo di farne un restauratore, un sovvertitore del pontificato precedente, è un lavoro che sostituisce la realtà con la rappresentazione (di parte) che se ne vuole dare. Un gioco destinato a fallire? Non è detto: i fatti a volte contano meno del modo in cui vengono rappresentati a chi li segue distrattamente. Su questo papa Prevost dovrà prestare, a mio avviso, molta attenzione. 

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