Tra cielo e terra il cristiano deve mantenersi nel mezzo: impegno contro le ingiustizie senza dimenticare la fede
Top

Tra cielo e terra il cristiano deve mantenersi nel mezzo: impegno contro le ingiustizie senza dimenticare la fede

L'icona dell'ascensione, il suo dinamismo terrestre-celeste non è solo un'icona da contemplare è anche una "misura" della nostra vita.

Tra cielo e terra il cristiano deve mantenersi nel mezzo: impegno contro le ingiustizie senza dimenticare la fede
Preroll

Rocco D'Ambrosio Modifica articolo

31 Maggio 2025 - 19.40


ATF

Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio
(Lc 24, 46-53 – Ascensione A).

Ho sempre pensato che la festa dell’ascensione sia uno degli episodi del Vangelo, a un tempo, più “terrestri” e “celesti” allo stesso tempo. Lo penso anche perché è insito nella fede cristiana oscillare tra un guardare tanto, spesso troppo, il cielo e un guardare tanto, spesso troppo, la terra. Aristotele insegna che la virtù sta nel mezzo; del resto il buon senso spicciolo ci avverte che chi guarda troppo il cielo… cade nelle buche! E chi guarda troppo per terra… sbatte contro gli ostacoli! L’ascensione al cielo ci aiuta a mantenerci nel mezzo, a essere virtuosi senza esagerare ed evitando gli estremismi. 

Leggi anche:  Troppe chiacchiere e troppi social stordiscono mentre meditazioni bibliche, libri di valore e dialogo scarseggiano

Più volte Gesù ricorda che il cielo è la meta: viviamo e lavoriamo per andare in cielo, per raggiungere la gioia e la serenità senza fine. Il Cielo è il punto di riferimento: non a caso nel Padre Nostro chiediamo che “la sua volontà sia fatta come in Cielo così in terra”. Ma il Cielo di Gesù ci rimanda alla terra. È Gesù a inviare i suoi discepoli come testimoni sino ai confini del mondo, a tutti i popoli.

La parte “terrestre” di questa festa è l’essere inviati come testimoni, ma anche l’essere sostenuti in questo difficile compito: “Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”. Non mi dilungo su ciò perché conosciamo bene il dinamico scambio tra il nostro impegno di testimonianza e il sostegno della partenza dall’alto, cioè il Suo Spirito.

L’icona dell’ascensione, il suo dinamismo terrestre-celeste non è solo un’icona da contemplare è anche una “misura” della nostra vita. L’impegno in questo mondo – sia esso per la salute, contro le guerre e il malaffare, per la pace e la giustizia in ogni ambiente e cosi via – rischiano spesso, per noi cristiani, di diventare troppo “terrestri”, dimenticando la meta del Cielo. All’estremo opposto, una fede spiritualizzata e disincarnata fa riferimento al Cielo in maniera immatura e deleteria. La virtù mediana è collegare continuamente, nel cuore come nella mente, la meta con l’impegno e viceversa. Non è certamente facile ma è l’equilibrio della nostra fede: i piedi ancorati per terra e uno sguardo al Cielo. Sempre.

Native

Articoli correlati