Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14, 15-26 – Pentecoste C).
Ci sono cose che vorremo dimenticare, ma purtroppo ci ritornano spesso in mente. Chi non vorrebbe dimenticare tutto il brutto della pandemia e, ora, delle guerre, come anche delle violenze domestiche, degli abusi sui piccoli e le donne e via discorrendo? Ci sono cose che vorremo ricordare sempre, ma che a volte si perdono nelle nebbie della memoria. E cosi via: ricordi, memorie, immagini e sensazioni vanno e vengono dalla nostra testa, spesso perdendo il bandolo della matassa. Cause? Certamente la nostra fragilità psico-fisica, ma non solo. Spesso difettiamo in termini di memoria: ne abbiamo poca – eccezion fatta per alcuni Pico della Mirandola. E abbiamo anche poco gusto per la storia… eppure si conservano odi e rancori in eterno!
Gesù chiama lo Spirito “il Paraclito” e precisa che due delle sue funzioni sono “insegnare e ricordare”. Spesso ho l’impressione che oggi queste funzioni siano appaltate ad altri; in azienda si direbbe che sono “servizi esternalizzati”. Non voglio affatto cadere nella retorica dei tempi moderni peggiori degli antichi, vorrei solo capire perché insegnare/imparare e ricordare oggi incontrano molti problemi. E questi aumentano se si pensa al fatto che tecnologia e big data sono sempre più privatizzati.
L’insegnare non gode di molto successo: non solo scuola e università sono spesso in crisi, ma anche i discenti, piccoli e grandi, disponibili a imparare sono sempre meno. Nel nostro ambiente spesso tutto è ridotto a evento: messe, sacramenti, incontri, convegni ecc. Effetti speciali molti, contenuti pochissimi: omelie e catechesi ne sono spesso un esempio triste e frustrante.
I maestri come Milani, che spiegano le parole e aiutano gli studenti nell’imparare, sono merce rara. Cellulare, TV e computer da essere utili strumenti per apprendere si trasformano in uniche fonti di un sapere frettoloso e superficiale. Scriveva Serafino Germinario (1870-1953, cappuccino, fondatore del PPI in Puglia) più di un secolo fa: “Un altro impedimento a qualsiasi propaganda è l’ignoranza. Noi cristiani dobbiamo inculcare alle masse che la gioventù venga istruita, servirà ad eliminare il pregiudizio fonte di sgretolamento sociale. La cultura è terreno fertile per la rinascita della verità, è ostacolo allo sprigionarsi delle accese fantasie specie meridionali, degli eccitamenti, autosuggestioni e fanatismi, i quali più che nobilitare il senso Religioso, lo disonorano, l’avviliscono e sono armi nelle mani dei nostri avversari”. Quanto attuale questa pagina! Ieri come oggi la mancanza di cultura genera “pregiudizi, sgretolamento sociale, falsità, eccitamenti, autosuggestioni e fanatismi”. Con questo quadro lo Spirito di Dio deve faticare a trovare buoni discepoli. Meno male che lo Spirito ha più forze di un docente o di un formatore!
E il ricordare? È tutto nella memoria di cellulari e computer: foto, note, appunti, impegni, documenti, contatti e così via. È così? Non proprio: ci illudiamo che sia così. I ricordi migliori rifuggono dai supporti tecnologici e sono nella mente e nel cuore, dove solo il buon Dio e noi stessi li possiamo raggiungere. Eppure noi spesso li perdiamo, quasi non riusciamo ad afferrarli. Forse per questo Gesù dice che “il Paraclito ci ricorderà tutto ciò che ci ha detto”. In un certo senso dovremmo lasciare allo Spirito di Dio la “gestione” della nostra memoria, noi non ne siamo molto capaci e spesso combiniamo disastri.
Scriveva Dietrich Bonhoeffer, in una lettera dal lager, nel febbraio del 1944: “Niente resta, niente si radica. Tutto è a breve termine, tutto ha breve respiro. Ma beni come la giustizia, la verità, la bellezza, e in generale tutte le grandi prestazioni, richiedono tempo, stabilità, memoria, altrimenti degenerano. Chi non è disposto a portare la responsabilità di un passato e a dare forma a un futuro, costui è uno smemorato, e io non so come si possa colpire, affrontare, far riflettere una persona simile. Poiché qualsiasi parola, anche se al momento è capace di far impressionare, viene poi inghiottita dalla smemoratezza. Che si può’ fare?…”.
È saggio imparare e ricordare ciò che fa veramente bene, a noi stessi e agli altri: il resto è una perdita di tempo, se non proprio “spazzatura” (Fil 3, 8). È salutare riconoscere che non riusciamo a gestire sempre bene ricordi, memorie, immagini e sensazioni. È liberante affidare al Signore i fili confusi di ciò che abbiamo imparato e di ciò che ricordiamo perché il Paraclito ci indichi il bandolo della matassa.