In occasione della Giornata mondiale del Coming Out, che si celebra oggi 11 ottobre, Leo Gullotta, uno dei volti più amati e versatili del panorama cinematografico e teatrale italiano, torna a parlare con schiettezza e coraggio della sua esperienza personale. In un’intervista esclusiva concessa a La Repubblica, l’attore catanese di 79 anni ripercorre il suo percorso di accettazione e le ombre che lo hanno accompagnato, denunciando una censura che ha segnato la sua carriera e criticando aspramente l’attuale clima politico in Italia. “Per il mio coming out fui censurato – racconta Gullotta –. Ora i ragazzi sono più liberi, ma questo governo è retrogrado e offensivo dal punto di vista civile e umano”.
Gullotta, noto al grande pubblico per ruoli indimenticabili come quello in Caffè Express di Nanni Loy (1980) o per le sue interpretazioni nei film di Giuseppe Tornatore – tra cui il David di Donatello vinto per Il professore (1986) – ha sempre mescolato comicità e profondità nei suoi personaggi. Ma è nella vita privata che emerge la sua forza più autentica. Il suo coming out risale al 1995, durante una conferenza stampa per il film Uomini, uomini, uomini. Un giornalista gli pose una domanda diretta: “Sei anche tu omosessuale?”. La risposta di Gullotta fu serena e disarmante: “Sì, perché?”. Quell’istante, raccontato oggi con un misto di nostalgia e ironia, fece scalpore. “Pagine strapiene di giornali – ricorda l’attore –. Allora il coming out non era una pratica comune, e pagai il prezzo della sincerità”.
Il prezzo, infatti, fu alto. Gullotta, che fino ai 30 anni aveva vissuto relazioni eterosessuali – “Ho capito che la cioccolata non mi piaceva più, desideravo la crema” – si scontrò con una società e un ambiente artistico pronti a etichettarlo. Un episodio emblematico risale al 2012, quando gli fu tolto il ruolo di don Pino Puglisi in una fiction Rai. “Un funzionario si preoccupò che il Vaticano, con la beatificazione in arrivo, non volesse un omosessuale a interpretare un santo – spiega Gullotta nell’intervista –. La pochezza di pensiero porta a questo. Non ho fatto drammi, ma è una ferita che resta”. Quella “censura”, come la definisce oggi, non fu solo professionale: rappresentò un’Italia bigotta, dove l’orientamento sessuale poteva diventare un ostacolo insormontabile per un artista di fama internazionale.
Oggi, a quasi trent’anni di distanza, Gullotta guarda con ottimismo al presente, ma non senza riserve. “I ragazzi di oggi sono più liberi – afferma –. Possono esprimere se stessi senza la paura che ho provato io. Non c’è niente di cui vergognarsi, niente di malato”. L’attore, che dal 2016 è unito civilmente a Fabio Grossi, il compagno di una vita da oltre 43 anni, celebra questi progressi come una vittoria collettiva. Il matrimonio, celebrato a 70 anni suonati, è stato per lui un atto di ribellione e amore: “L’ho colto subito quando è arrivata la legge sulle unioni civili. È un diritto che va esteso, non compresso”.
Ma il tono si fa duro quando Gullotta volge lo sguardo al governo Meloni, al potere dal 2022. “È retrogrado – tuona –. Offensivo dal punto di vista civile e umano. Giorgia Meloni è una donna intelligente e furba, ma è attorniata da fascisti che vogliono comandare tutto. Parlano tanto, ma non ascoltano. La cultura? La vedono come una spesa, non come un investimento”.
Parole che riecheggiano le sue critiche passate, come quelle espresse nel 2023 a La Repubblica o nel 2024 a DiMartedì su La7, dove non risparmiò stoccate alla premier sui diritti LGBTQ+. Per Gullotta, uomo di sinistra da sempre, la responsabilità è condivisa: “Se abbiamo questo governo, è anche colpa della sinistra che gli ha preparato il terreno su un piatto d’oro”. E sull’opposizione, un cauto ottimismo per Elly Schlein: “Una persona serena, capace di guidare il Pd”.
In un’Italia che ancora lotta con discriminazioni e arretratezze legislative – dall’accesso alle adozioni per coppie omosessuali ai rigurgiti omofobi in certi contesti – l’intervista di Gullotta arriva come un monito potente. Non è solo il racconto di un attore che ha trasformato il pregiudizio in forza, ma un invito a non arretrare. “Se c’è un signore su una carrozzella accanto a voi all’autobus, aiutatelo – diceva già nel 1995 a Rome Gay News –. L’amore, la tenerezza, non si definiscono: si vivono”. Oggi, a 79 anni, Leo Gullotta continua a essere un esempio di resilienza, un giullare che non smette di denunciare le ingiustizie con il sorriso e la verità. In questa Giornata del Coming Out, il suo messaggio è chiaro: la libertà non è un lusso, è un diritto. E va difeso, a ogni costo.