Mutilazioni genitali: un fenomeno che cresce e cambia in Italia
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Mutilazioni genitali: un fenomeno che cresce e cambia in Italia

Una nuova indagine delle Università di Milano-Bicocca e Bologna stima circa 88.500 donne sopra i 15 anni vittime di mutilazioni genitali, evidenziando una concentrazione tra le comunità immigrate e la speranza nelle nuove generazioni.

Mutilazioni genitali: un fenomeno che cresce e cambia in Italia
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28 Ottobre 2025 - 20.05 Culture


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di Azzurra Arlotto

Le Mutilazioni Genitali Femminili (abbreviato MGF) rappresentano una grave violazione dei diritti umani che, a livello globale, interessa almeno 230 milioni di donne. Un recente studio condotto dall’Università di Milano-Bicocca e dall’Università di Bologna ha acceso i riflettori su questo dramma anche all’interno dei confini italiani, fornendo un quadro statistico aggiornato e indispensabile per la programmazione socio-sanitaria.

Secondo le stime aggiornate al 1° gennaio 2023, si calcola che circa 88.500 donne residenti in Italia e di età superiore ai 15 anni abbiano subito una forma di MGF. Questo dato segna un aumento, seppur contenuto (circa l’1%), rispetto all’ultima rilevazione disponibile del 2019, confermando la persistenza e la necessità di monitoraggio continuo del fenomeno. L’indagine, presentata a Milano in collaborazione con Amref Health Africa, mette in luce dinamiche demografiche precise.

La schiacciante maggioranza delle donne colpite – il 98% – è nata all’estero, sottolineando come il fenomeno sia strettamente legato ai flussi migratori da Paesi in cui la pratica è radicata. Le comunità in cui si registrano i numeri assoluti più elevati sono quelle egiziane, nigeriane ed etiopi. Tuttavia, l’incidenza più alta in termini percentuali si osserva tra le donne provenienti da Somalia (97,8%), Guinea (91,5%) e Sudan (90,8%), paesi dove la pratica è quasi universalmente diffusa.

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I dati rivelano che il picco di incidenza si registra tra le donne over 50 e diminuisce progressivamente con il calare dell’età. Questo è un elemento fondamentale e, come sottolineano le ricercatrici Patrizia Farina (Milano-Bicocca) e Livia Ortensi (Bologna) insieme ad Alessio Menonna (Fondazione Ismu), suggerisce un cauto ottimismo: “In diversi Paesi si registrano riduzioni significative: le giovani subiscono le MGF meno frequentemente rispetto alle adulte”. Un trend, questo, che riflette gli sforzi di sensibilizzazione e integrazione.

La comunità internazionale è unanime nel condannare le MGF difatti le Nazioni Unite, attraverso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e altri organismi, considerano queste pratiche una violazione dei diritti umani che riflette la disuguaglianza tra i sessi e costituisce una forma estrema di discriminazione contro le donne e le bambine. Tali atti infrangono il diritto alla salute, all’integrità fisica, alla libertà dalla violenza e persino, nei casi estremi, il diritto alla vita, contravvenendo a risoluzioni fondamentali come la Risoluzione A/RES/67/146 dell’Assemblea Generale ONU del 2012 (rafforzata da successive, come la A/RES/71/168 del 2016) che chiede l’intensificazione degli sforzi globali per eliminare le MGF.

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In Italia, questa condanna è stata tradotta in legge con la Legge 9 gennaio 2006, n. 7, recante “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile”. Tale normativa ha non solo previsto sanzioni penali specifiche (art. 583-bis del Codice Penale, che punisce chiunque pratichi o induca le MGF), ma ha anche introdotto un piano nazionale di prevenzione attraverso interventi sanitari, sociali e culturali.

L’aspetto più allarmante, e che richiede immediate politiche di prevenzione, riguarda il rischio per le bambine sotto i 15 anni. Lo studio stima che siano circa 16.000 le minori potenzialmente a rischio di subire mutilazioni genitali in Italia. Sebbene la pratica sia vietata, la persistenza di reti comunitarie e la possibilità di “viaggi dell’escissione” verso i Paesi d’origine rendono queste bambine vulnerabili.

Paola Crestani, presidente di Amref Italia, sottolinea che la sola strategia efficace per contrastare il fenomeno è il dialogo e l’ascolto: “La sola strada che conosciamo, insegnataci dall’Africa, è il dialogo con le comunità e con tutti gli operatori coinvolti”. L’obiettivo, alla luce delle nuove stime, è rafforzare l’impegno a tutti i livelli – sanitario, sociale e culturale – per trasformare i dati incoraggianti sulla diminuzione della pratica tra le nuove generazioni in una definitiva inversione di tendenza.

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Lo studio, condotto all’interno del Progetto Dora, fa intendere che la sfida delle MGF in Italia non è solo un problema di sanità pubblica, ma una complessa questione di integrazione, tutela dei diritti e dialogo interculturale che dovrebbe essere affrontata con urgenza e capillarità, a partire dalla creazione di centri di supporto specializzati in ogni Regione.

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