di Caterina Abate
Nella fruttuosa dinamica tra privato (la famiglia) e pubblico (la società) può svilupparsi il benessere psico relazionale dell’individuo. È questa l’iniziale premessa su cui si è fondato il Family Report del Cisf per l’anno 2025 e che ha dato luogo alla pubblicazione Il fragile domani – La famiglia alla prova della contemporaneità.
“Il fragile domani non è solo questione personale o individuale, ma riguarda la qualità di vita, la coesione sociale e il benessere dell’intera collettività. Per questo abbiamo voluto scattare una fotografia sullo stato di salute della società tra solitudini, difficoltà economiche e sfide educative”, ha spiegato Francesco Belletti, direttore dei Cisf.
La ricerca, svolta dalla società Eumetra, ha preso in analisi un campione ampio ed eterogeneo, costituito da 1600 soggetti di cui: il 43% con figli conviventi (11% monogenitoriali); 32,1% famiglie con un unico componente; 20,6% coppie senza figli; 4,3% di altri tipi di nuclei familiari.
All’interno di questi gruppi familiari si è rilevata la presenza – in una su dieci – di una persona disabile, rilevante poiché questa presenza si accompagna alla necessaria funzione di caregiving del contesto familiare. Inoltre, all’interno del campione, l’11,3% di giovani adulti non ancora indipendenti restano a vivere ancora all’interno della famiglia d’origine. Il 74% di questi ha, infatti, dichiarato di trovarsi in una condizione di status socio-economico basso o medio-basso, cosa che continuerebbe a non consentire loro di rendersi totalmente indipendenti.
Sempre sulla questione dell’analisi dello status socio economico, mentre i picchi estremi sono marginali (8,7% per uno status alto, e 4,8% per uno status basso) la maggior parte delle famiglie si trova in uno stato mediano (45% circa medio basso e 41% circa medio alto). Nella composizione familiare aumenta la presenza di un unico figlio (nel 58% del campione) e la presenza di un animale domestico, a volte assurto a ruolo di figlio in mancanza di prole, fenomeno che prende il nome di dog parenting.
Rilevante il dato inerente lo stress e l’ansia, sperimentati da oltre un terzo degli intervistati con una certa frequenza, oltre ad un generale pessimismo per il futuro. Le motivazioni di innesco di malessere psicologico sono eterogenee, dalla salute alla solitudine e alle difficoltà relazionali, con gli uomini più preoccupati per questioni lavorative, e le donne per la salute, i soldi e le relazioni coi figli.
Ad esprimere maggiore disagio psicologico sono i soggetti con istruzione più alta, e motivi di preoccupazione sono anche la situazione economica e politica internazionale. Un dato, afferma la psichiatra Sara Nanetti, che “sollecita una riflessione ulteriore sulla natura della vulnerabilità contemporanea, che non si configura più (solo) come mancanza, ma anche come una sovraesposizione nei termini di responsabilità e consapevolezza”.
Con l’innalzamento dell’età in cui si genera il primo figlio, si innalza anche l’età dei nonni, che non riescono più ad essere la generazione di supporto e di ammortizzatore dei figli neogenitori, ma richiedono essi stessi assistenza. Una generazione intera schiacciata tra i doveri neogenitoriali e quelli di figli. È questa la così detta generazione sandwich: il 43% circa delle famiglie con figli intervistate ha compiti di caregiving nei confronti dei genitori non più autosufficienti. Proprio tale impegno risulta essere più gravoso per oltre la metà del campione degli intervistati, rispetto alla crescita dei figli.
All’interno della vita familiare vengono individuate poi delle attività che rivestono un ruolo nella vita affettiva e simbolica dei nucleo parentale, pratiche rituali relazionali, che diventano anche narrazione identitaria, scambio intergenerazionale e progettualità condivisa: il dialogo, la condivisione della tavola e le vacanze condivise. Dall’altra parte emerge, invece, la solitudine come fattore di sofferenza soprattutto tra i giovani adulti indipendenti, che spesso hanno le famiglie lontane, e non hanno modo di crearne una nuova. Vivere soli, mangiare soli, sentirsi soli: i gesti quotidiani divengono vettori di vulnerabilità emotiva. La solitudine non è più esperienza soggettiva marginale, ma impatta sul corpo e sulla vita sociale.
Scrive Giovanni Magliarese, in uno dei capitoli del report, che il benessere psicologico deriva “da un ecosistema, da una rete estremamente interconnessa che integra ambiti differenti […]. È evidente che in questa rete di connessione la famiglia è un ambito centrale da considerare […] uno dei principali determinanti sociali della salute mentale, potendosi porre alternativamente sia come fattore favorente di benessere che come fattore di rischio”. Pur in un contesto di fragilità, quindi, nel nostro paese la famiglia resta ancora baluardo di sicurezza, con i suoi pregi e suoi tanti difetti.