All’inizio del 2025 in Italia risultano presenti circa 484mila cittadini non comunitari titolari di un permesso di soggiorno per motivi di asilo o protezione. Si tratta di un numero in crescita del 17% rispetto all’anno precedente, ma che continua a rappresentare poco più dello 0,8% della popolazione residente. È quanto emerge dal rapporto sul diritto d’asilo curato da Migrantes.
Secondo i dati dell’Unhcr, alla fine del 2024 il nostro Paese accoglieva 313mila rifugiati nel senso più ampio del termine (beneficiari di status di rifugiato, protezione sussidiaria, umanitaria o temporanea); un totale salito a 314mila a metà 2025. Per quantità, l’Italia si posiziona dietro Germania, Polonia, Francia, Regno Unito e Spagna. Inoltre, in rapporto al numero di abitanti, è superata anche da Svezia, Grecia e Bulgaria.
Eurostat rileva, con dati provvisori, che nei primi otto mesi del 2025 le domande di protezione presentate in Italia sono state circa 85mila, cioè il 20% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A fine giugno 2025 risultavano registrati poco meno di 64mila richiedenti asilo.
Il protrarsi della guerra in Ucraina continua a frenare i progetti di ritorno dei rifugiati nel loro Paese. Come si legge nel dossier: “Continua a diminuire la percentuale di rifugiati che progettano o sperano di fare ritorno in patria, presto o tardi: in breve tempo è scesa dal 77% al 62%”.
A fine giugno 2025 l’Europa allargata (gli Stati membri dell’Ue più Svizzera, Norvegia, Islanda e Liechtenstein) ospita complessivamente 4.467.000 cittadini ucraini beneficiari di protezione temporanea, un incremento di 60mila rispetto alla fine del 2024. La Germania ne accoglie circa 1,2 milioni, la Polonia quasi un milione, la Spagna oltre 240mila, l’Italia poco meno di 169mila (163mila alla fine del 2024) e la Francia 55mila.
Sul fronte delle tragedie migratorie, “Alla fine del settembre ‘25 la stima (per difetto) dei rifugiati e migranti morti o dispersi nel Mediterraneo nell’anno sfiora già le 1.300 unità. Per l’ennesima volta, a pagare il tributo di gran lunga più pesante sono coloro che tentano la traversata del Mediterraneo centrale: 885 vittime”.
Il 2024 aveva già registrato numeri altissimi: il maggior totale di vittime mai documentato lungo la rotta atlantica verso le Canarie (1.239 tra morti e dispersi) e lungo i percorsi migratori interni all’Europa (243). Attualmente, il rischio di perdere la vita o sparire nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale è pari a un caso ogni 58 arrivi in Italia o Malta, e risulta ancora più elevato sulla rotta verso le Canarie, con un caso ogni 33 sbarchi.
Migrantes segnala inoltre che “Ancora una volta, nel 2025 il numero di migranti e rifugiati deportati dai ‘guardiacoste’ libici in un sistema collaudato di miseria, arbitrio, vessazioni, taglieggiamenti e violenze è in crescita: solo fra gennaio e settembre ne sono già stati fermati in mare quasi 20 mila, contro i 22 mila scarsi di tutto il 2024”.
Il rapporto dedica ampio spazio alle politiche di esternalizzazione dei controlli di frontiera, soffermandosi in particolare sul cosiddetto “modello Albania”, ritenuto “ai margini della democrazia”. Secondo lo studio, “il progetto rappresenti un laboratorio per l’estensione extraterritoriale del controllo e una messa in scena del potere sovrano sui corpi migranti. L’opacità sistemica, alimentata dall’esclusione di società civile e media, diventa essa stessa strumento di governo, mentre l’inefficacia in termini di rimpatri si trasforma in efficacia politica e disciplinare”.
Il dossier inserisce questa esperienza nel contesto più ampio delle strategie europee di gestione esterna delle migrazioni, osservando che “il modello Albania, piuttosto che essere visto come un ‘mostro’ isolato, va collocato nel continuum delle politiche europee di esternalizzazione, come un banco di prova per la tenuta dei principi democratici e giuridici dell’Unione”. Allo stesso tempo, viene ricordato che le iniziative di protesta e di mobilitazione transnazionale hanno mostrato come “incrinarne l’architettura e riaffermare la centralità del diritto e della trasparenza” sia possibile.