di Carlotta Caldonazzo
Nonostante non riescano a costituire un unico movimento di protesta, le manifestazioni nel paese sono all’ordine del giorno. Medici, lavoratori, cittadini che non si attendono nulla dalle consultazioni per le riforme non trovano tuttavia spazio nelle visite ufficiali dei rappresentanti di Usa e Francia. I primi in visita ufficiale per discutere della sicurezza nel Magreb, i secondi per la cooperazione economica.
Un paio di settimane dopo la venuta del comandante dell’Africom Carter Ham, è iniziata la tre giorni ad Algeri di una delegazione Usa che discuterà con le autorità algerine della crisi libica, dei pericoli che ne conseguono in termini di diffusione delle armi e della cooperazione algero-americana nella lotta al terrorismo. Da gennaio è la quarta volta che Algeri riceve inviati di Washington responsabili della sicurezza, con lo scopo di “scambiare informazioni e analisi” sulla proliferazione delle armi e sulla possibile destabilizzazione della regione.
I tre incontri precedenti hanno avuto luogo con Johm Brennan, consigliere del presidente Barack Obama sulla sicurezza nazionale, con Daniel Benjamin, coordinatore della lotta al terrorismo al dipartimento di stato, e con il comandante di Africom. Negli ultimi anni l’Algeria si è presentata sempre più come un alleato importante a livello strategico e militare, ma dall’altra sponda del Mediterraneo si considera anche il suo ruolo economico. Dopo gli accordi siglati nelle scorse settimane con svariate imprese francesi (quelle attive in territorio algerino sono più di 420) in materia di investimenti, è attesa per oggi la visita del ministro degli esteri francese Alain Juppé. Dopo l’inizio dei bombardamenti in Libia, osserva un responsabile della comunicazione del ministero degli esteri algerino, “i numerosi scambi di visite tra i due paesi e l’attuazione di nuovi meccanismi di concertazione politica e di facilitazione degli investimenti hanno permesso di consolidare e diversificare la cooperazione bilaterale e di estenderla a tutti i settori di interesse comune.” Tra gli argomenti di discussione, oltre agli accordi economici, ci saranno la candidatura di Christine Lagarde alla guida del Fondo monetario internazionale, la situazione regionale, la lotta al terrorismo, il conflitto in Medioriente e il Sahara Occidentale.
La società algerina intanto non smette di essere attraversata da tensioni e proteste. Nei giorni scorsi violenti scontri sono scoppiati nella regione di Ouargla tra gruppi di giovani senza lavoro e forze dell’ordine. A Said Otba i manifestanti, che hanno costituito un comitato nazionale per i diritti dei disoccupati, hanno incendiato un commissariato di quartiere.
L’episodio è seguito a numerosi sit-in davanti alle sedi della wilaya (provincia) di Ouargla, e del distretto di Hassi Messaoud, accompagnati da scioperi della fame e tentativi di immolazione, per protestare contro la loro esclusione dal mercato del lavoro e l’indifferenza delle autorità. Sabato scorso la rabbia è esplosa nel quartiere Gharbouz di Ouargla dopo il suicidio di un giovane disoccupato. Secondo le statistiche ufficiali della wilaya, l’offerta di lavoro ogni anno raggiunge una media di 19mila posti, a fronte delle sole 10mila domande accolte. I disoccupati chiedono pertanto trasparenza e la pubblicazione dei risultati dei colloqui disposti dal ministero del lavoro. Estate particolarmente calda anche a Souk Ahras, dove la questione dell’emergenza abitativa ha raggiunto dimensioni preoccupanti, nonostante la promessa del wali (presidente di provincia) dell’assegnazione di 6mila alloggi entro il 2012. Ad alimentare la collera c’è l’alto tasso di disoccupazione, che aumenta di anno in anno di pari passo con l’uscita di centinaia di giovani dall’università. In tutto il paese inoltre più della metà della popolazione attiva secondo le statistiche lavora in nero, al di fuori della copertura della Cassa della sicurezza sociale.
Il fenomeno è particolarmente grave nelle aree rurali dove la percentuale di lavoro irregolare tocca il 60%. Protesta anche il sindacato nazionale dei giornalisti (Snj) dopo che lunedì scorso Hamid Yacine, redattore del quotidiano arabofono El Khabar, è stato accusato di violazione del segreto istruttorio per un articolo sull’uccisione del direttore generale della Sicurezza nazionale Ali Tounsi. Yacine rischia da uno a sei mesi di prigione e una multa da 500 a 5mila dinari. A Tiaret infine una trentina di cittadini hanno inaugurato il Salone nazionale delle protestee dei sit in, con cartelli e striscioni per esprimere le loro rivendicazioni sociali e politiche. Finora hanno raccolto più di 500 firme a loro sostegno, contro la corruzione e il degrado della città, ma le forze dell’ordine hanno fatto sapere che intendono intervenire se questo “circo illegale” non sarà sgomberato in fretta.
Intanto il Consiglio nazionale economico e sociale (Cnes) ha avviato mercoledì una conferenza di tre giorni con i rappresentanti di tutti i settori professionali, delle associazioni, dei sindacati e del mondo della cultura e dei media. Ai primi “stati generali della società civile” saranno ammesse anche le organizzazioni studentesche e giovanili, per discutere del cambiamento e del futuro dell’Algeria. Si tratta, secondo gli organizzatori, dell’applicazione della linea dettata il 15 aprile scorso dal presidente Abdelaziz Bouteflika, ma non mancano le polemiche, legate soprattutto alle assenze. Infatti né i sindacati autonomi, né le organizzazioni indipendenti, né le Ong figurano nella lista degli invitati, oppure hanno boicottato l’evento.