Iraq: cifre folli per la sicurezza
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Iraq: cifre folli per la sicurezza

Baghdad presenta il bilancio di spesa 2012: 111 miliardi di dollari, il 15% dei quali per la creazione di un’aviazione militare propria.

Un F-16 Lockheed Martin, obiettivo del nuovo governo iracheno
Un F-16 Lockheed Martin, obiettivo del nuovo governo iracheno
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21 Settembre 2011 - 12.00


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di Emma Mancini

La sicurezza costa e pure le armi degli americani. Il governo iracheno ha presentato il bilancio previsto per il 2012: un programma da 111 miliardi di dollari, che segna un +36% rispetto alle spese interne previste per l’anno in corso. A spingere in alto le previsioni di bilancio irachene è proprio la sicurezza: il 15% del budget verrà speso per l’esercito e la polizia interna.
Un investimento che peserà sulle casse di Baghdad: le entrate previste saranno pari a 91 miliardi di dollari, lasciando sul terreno un deficit del 18%. Il portavoce del governo, Ali al-Dabbagh, ha spiegato che il gap sarà coperto con l’eventuale avanzo nel bilancio 2011, un avanzo atteso a causa dell’aumento del prezzo del petrolio e della produzione di greggio.

Nel 2011 il costo medio di un barile di greggio si è aggirato intorno ai 76,5 dollari e le esportazioni previste hanno toccato i 2,2 milioni di barili al giorno. Così, le previsioni di entrate sarebbero più alte di quelle attese: a luglio il Paese ha rifornito le proprie case di 7,31 miliardi di dollari grazie alla vendita di greggio. Ovvero, per il quinto mese consecutivo si sono superati i sette miliardi di entrate.

Una ricchezza inattesa che ha permesso a Baghdad di raggiungere nei primi nove mesi di quest’anno un ricavo pari a 48,6 miliardi di dollari e che fa pensare alla possibilità di toccare alla fine del 2011 quota 80 miliardi. Un incremento complessivo del 53% rispetto ai 52 miliardi di entrate registrate nel 2010, che permetterebbe a Baghdad di coronare il sogno di un’aviazione militare propria.
Proprio come ai tempi di Saddam Hussein quando l’aviazione irachena era la sesta nel mondo per grandezza con i suoi oltre 900 jet, 40mila dipendenti e 24 basi operative. Completamente distrutta durante l’Operazione Desert Storm del 1990, era da allora rimasta un miraggio.

Fatti i conti in tasca al governo iracheni, quello che di certo si sa è che la sicurezza occuperà il primo posto della lista della spesa, in un Paese in cui la violenza non ha fatto che acuirsi in otto anni di occupazione militare e instabilità politica. L’Iraq è sul punto di chiudere un accordo con gli Stati Uniti per l’acquisto di diciotto Lockheed Martin F-16, jet militari necessari per un solo squadrone aereo della nascente aviazione irachena.
Obiettivo delle nuove forze aeree sarà colmare il gap militare con i vicini arabi, in particolare con la Turchia che compie sempre più spesso attacchi aerei contro i separatisti curdi nelle regioni Nord dell’Iraq. Un obiettivo comune a quello dell’amministrazione americana, che ufficialmente lascerà il Paese alla fine di quest’anno. Gli Stati Uniti hanno bisogno di sapere con certezza se le forze armate irachene saranno in grado di garantire la sicurezza e di mantenere la stabilità nei confronti dei Paesi vicini.

Il contratto per i jet arriva dopo che il premier iracheno Nour al-Maliki ne aveva bloccato uno precedente da 2,4 miliardi di dollari per l’acquisto di diciotto F-16 Black 52, lo scorso febbraio. Il governo aveva giustificato la sospensione dell’ordine con le spese immediate e urgenti per venire incontro alla crisi economica interna: sostenere le famiglie irachene era necessario ad evitare scontri e rivolte sul modello tunisino e egiziano.
Nuovo cambio di rotta a giugno, quando Maliki ha annunciato di voler fornire la nuova aviazione militare irachena di ben trentasei F-16: “Dobbiamo provvedere l’Iraq di aerei in grado di salvaguardare la nostra sovranità”, aveva detto all’epoca il primo ministro. Ora, a qualche mese di distanza, si torna a parlare di diciotto jet. Ma non solo: l’accordo tra Washington e Baghdad prevedrebbe anche manutenzione, addestramento dei piloti iracheni e armi.

Un accordo poco chiaro, dal momento che il capo dell’aviazione Usa di stanza in Iraq, il generale Russel Handy, continua a parlare di trentasei F-16: “L’Iraq sta chiedendo di acquistare un numero di F-16 maggiore di quello originale, oltre trentasei”, ha detto Handy. Se si trattasse effettivamente di una quantità così corposa di jet militari, si potrebbe pensare che l’obiettivo di Maliki sia quello di assicurarsi e assicurare la presenza americana in Iraq per un lungo periodo, certamente oltre la data di scadenza dell’occupazione, il 31 dicembre 2011.

Altre fonti governative spingono ancora più in alto il potenziale numero di aerei militari che l’Iraq penserebbe di acquistare (si parlerebbe di 96 F-16, sufficienti a formare sei squadroni aerei). Una forza imponente che, fortunatamente per Washington, sarebbe l’ennesima giustificazione per rimanere in Iraq un tempo di nuovo indefinito.

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