Era attesissimo il discorso che Raul Castro. E la notizia della concessione dell’indulto, in considerazione “delle sofferenze di tante famiglie e delle sollecitazioni di tante istituzioni religiose” è parsa significativa. Il regime ha voluto dimostrare così tutta la sua considerazione e apertura nei confronti del Vaticano, che ha recentemente annunciato un imminente viaggio del papa a Cuba. Ma i cubani si aspettavano un altro regalo di Natale, l’apertura delle frontiere, la libertà di uscire dal Paese, il riconoscimento dell’anelato diritto di viaggiare. Su questo invece Raul Castro non ha annunciato decisioni, solo possibilità. Così il dibattito oggi è se il bicchiere castrista sia mezzo pieno o mezzo vuoto.
Escono dal carcere per indulto 2900 detenuti, ma su quanti? I calcoli più accreditati parlano di 70/80mila detenuti. Tra i graziati ce ne sono 85 provenienti da altri 25 Paesi del globo, ma non Alan Gross, americano, condannato a 15 anni di detenzione per introduzione clandestina nel Paese di sofisticati sistemi di telecomunicazione. I cubani chiedono che siano prima gli Usa a fare un “passo” verso l’Avana, gli Usa invece vincolano, manco a dirlo, proprio alla liberazione di Gross la possibilità di prendere in considerazione qualche apertura verso Cuba e i cubani, compresi quelli detenuti negli Usa.
I blogger vicini al regime cubano sostengono che l’indulto sia un chiaro segnale inviato da Castro all’Unione Europea, ma in assenza dell’apertura più attesa, quella sui diritto di espatrio, Yoani Sanchez, notissima sulla rete per le sue critiche al regime, ha avuto gioco facile a dire che Castro apre le piccole carceri ma non il grande penitenziario, Cuba.