Non è più la Russia sovietica, comunista, è la Russia che ha mandato il numero due del suo patriarcato a sostenere esplicitamente Assad. Ora le cupole ortodosse del Cremlino cercano di trovargli una via d’uscita, politica, dai pasticci in cui si è cacciato.
La Russia infatti blocca i lavori del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla carneficina siriana. Il ministero degli Esteri russo si oppone alla linea degli Stati Unti e del rappresentante della Lega Araba (che invocano il passaggio dei poteri al vice di Assad e poi elezioni libere sul modello di quanto appena fatto per lo Yemen) insistendo a proporre un dialogo, a Mosca, tra regime e rivoltosi: “Abbiamo suggerito alle autorità siriane e all’opposizione di mandare i loro rappresentanti a Mosca per contatti informali… Abbiamo ricevuto una risposta positiva da parte delle autorità siriane”.
Il Presidente della leadership di opposizione esterna siriana, il “Consiglio Nazionale Siriano” Borhan Galyoun ha risposto: “Qualsiasi negoziato per la transizione è condizionato dalle dimissioni di Assad… Se il governo russo accetta questa condizione, che Assad, faccia un passo indietro, è possibile tenere negoziati in Russia senza alcun problema… Se i russi vogliono una soluzione negoziata per la tragica situazione devono riconoscere la necessità che Assad si dimetta, in quanto non può essere colui che uccide il suo popolo a muovere il Paese verso la democrazia”.
Non molto dissimile la linea dell’opposizione interna siriana. Il Coordinatore Generale dell’Organismo nazionale di coordinamento per il cambiamento democratico in Siria, Hassan Abdel Azim, ha detto: “Siamo con l’iniziativa araba, Assad deve dimettersi, non può vincere la linea della violenza e delle uccisioni indiscriminate. Non c’è spazio per un dialogo con lui.”