Imperversa la crisi in Europa. Ogni giorno autorevoli opinionisti ipotizzano la fine dell’euro o possibili rivisitazioni degli accordi raggiunti sinora. C’è chi è in credito e chi in debito, chi sceglie di salvare l’altro lasciando sottintendere all’opinione pubblica che potrebbe non farlo e chi adotta misure a scapito delle fasce più deboli. Le ricette prospettate hanno in comune un pesante ridimensionamento dello stato sociale.
Tutt’altre melodie provengono da oltreoceano.
La Celac – la Comunità degli Stati Latinoamericani e del Caribe fondata lo scorso Dicembre a Caracas – sta delineando un’occasione storica per consolidare nella regione un’effettiva collaborazione in materia di economia, infrastrutture, tecnologia, energia e per coniugare la crescita con l’inclusione sociale.
Di integrazione si tratta, quindi, ma non solo. L’obiettivo è più alto, più ambizioso.
L’America Latina sta lavorando, per la prima volta, come un unico blocco economico e culturale su più piani per acquisire protagonismo sulla scena internazionale e per ridisegnare la geometria del potere mondiale in chiave multipolare, solidale e cooperativa.
A livello regionale, il Presidente Cileno Piñera dovrà coordinare i lavori della Celac durante il 2012. Le linee guida sono tracciate dal Piano d’Azione, il documento approvato durante il vertice dai 33 paesi, che si propone di lavorare ad “una nuova architettura finanziaria regionale basata sui principi di solidarietà, giustizia e trasparenza” e “ a nuovi sistemi quali la compensazione multilaterale dei debiti e dei crediti”.
Sul piano internazionale va sottolineato il ruolo giocato dall’America Latina in questi giorni in occasione del vertice dei G20 che, non a caso, si tiene a Città del Messico. A partire da quanto dichiarato dal Ministro delle Finanze brasiliano Mantega: “il prossimo presidente della Banca Mondiale non dovrà essere statunitense”, il messaggio comune è chiaro: i paesi emergenti potrebbero creare un istituto alternativo.
Del resto il precedente c’è ed è di quelli destinati a fare storia. Sei anni fa durante un vertice a Mar del Plata in Argentina, i paesi latinoamericani bocciarono l’Accordo di Libero Commercio ALCA che, stando a quanto sostiene la Presidentessa argentina Kirchner, gli Stati Uniti volevano imporre.
La sfida è complessa, tuttavia le profonde differenze culturali, politiche, ideologiche che caratterizzano questi 33 paesi non sembrano rappresentare un ostacolo alla collaborazione, anche su temi strutturali.
Prende vita così un’America che, come ha dichiarato il Presidente del Nicaragua Ortega, dopo 148 anni sta seppellendo la Dottrina Monroe. E potrebbe diventare il laboratorio per un’economia altra.
Come sostiene il Presidente dell’Aladi “Chacho” Alvarez “esiste la possibilità di creare un sistema che collochi la politica democratica al di sopra dei mercati”.
Per un vecchio continente che una volta coniugava sviluppo e democrazia si tratterebbe della perdita di un primato. O di un’ancora di salvezza.