La vicenda delle Pussy Riot, gruppo punk femminile che lo scorso febbraio era entrato nella chiesa del Santissimo Salvatore a Mosca cantando una canzone che invocava l’intervento della Madonna per liberare la Russia da Putin, sta diventando un caso internazionale.
Tre componenti del gruppo si trovano agli arresti da mesi. In questi giorni sono coinvolte nel processo che le riguarda, dopo essere state accusate di cospirazione e violazione dell’ordine pubblico aggravata dall’odio religioso.
Il patriarca Kirill, infatti, all’indomani dell’irruzione delle ragazze in chiesa aveva tuonato contro di loro, rivolgendosi addirittura a Putin in persona. Quest’ultimo aveva messo in pratica la punizione per le Pussy Riot in tempi record; ma ora per le donne, che rischiano sette anni di carcere, è in atto una mobilitazione internazionale.
Amnesty International ha diffuso un [url”appello”]http://www.amnesty.it/russia-pussy-riot-processo[/url] affinché le donne russe vengano rilasciate: come si legge nel documento, le Pussy Riot possono essere ormai «considerate prigioniere di coscienza, perché detenute e accusate solo per aver esercitato il loro diritto alla libertà d’espressione».
In Gran Bretagna molte popstar hanno levato la loro voce contro l’assurdità della vicenda, un vero e proprio processo d’opinione, sottoscrivendo una lettera pubblicata dal Times.
Nella speranza che l’indignazione generale possa portare alla liberazione delle Pussy Riot, il caso non manca di sottolineare ancora una volta come il potere politico e quello religioso in Russia condividano pericolosamente lo stesso raggio d’azione.
redazione[GotoHome_Home]