La rivolta araba contro la democrazia
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La rivolta araba contro la democrazia

Intervista all'esperto di Medio Oriente Renzo Guolo: "Così i gruppi fondamentalisti, soprattutto salafiti, si oppongono alla democratizzazione".

La rivolta araba contro la democrazia
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14 Settembre 2012 - 18.54


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di Patrizia Anastasi

Un venerdì di protesta nei Paesi arabi, dopo la diffusione su internet delle immagini del film blasfemo contro l’Islam. Abbiamo intervistato il professor Renzo Guolo docente di Sociologia e Sociologia delle Religioni presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Trieste ed esperto dei movimenti fondamentalisti islamici, dell’Islam italiano ed europeo, dei rapporti tra attori politici e sociali nazionali con l’Islam italiano, della geopolitica del mondo musulmano.

Proteste efferate oggi nei paesi arabi. Ma che fine ha fatto la primavera araba?

Ovviamente la protesta rileva un atteggiamento anti-occidentale e questo fa capire che il processo di democratizzazione non è ancora stato compiuto. Le ribellioni non sorprendono, visto che i gruppi, soprattutto salafiti, fanno in modo che proprio il processo di democratizzazione non venga portato a termine.

Cosa sta succedendo da quelle parti? Un film può scatenare tanta violenza?

Succede che gruppi qaedisti che condividono una certa maniera di vedere le cose colgono l’occasione, che sia l’11 settembre o un film anti-islamico, per scatenare le loro reazioni e ribellarsi a qualsiasi processo di democratizzazione.

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E’ necessario però fare dei distinguo da paese a paese?

Sì. Sono situazioni diverse. Per esempio in Egitto sono i salafiti che premono perché il premier Morsi, ricordiamo che è vicino ai Fratelli musulmani, è in giro per il mondo. Gli estremisti puntano a condizionare il dialogo con Obama e con gli altri.

In tutto questo, quanto incide la guerra in Siria?

Naturalmente quello che succede a Damasco ha una sua dimensione. Ma non dobbiamo dimenticare che Usa e Francia combattono con i musulmani in Siria, per cacciare Assad. Insomma, combattono per lo stesso fine. Ma negli altri Paesi si fronteggiano.

A Tunisi è comparsa anche una bandiera di Al Qaeda, dobbiamo preoccuparci? Cosa può succedere?

Sì, possono succedere incidenti e le proteste possono ancora proseguire. Ma bisogna continuare ad avere relazioni con questi Paesi e cercare di costruire la democrazia. E’ necessario non prestare il fianco a queste manifestazioni violente.
Adesso c’è da capire come i governi di questi Paesi riusciranno a contenere la piazza. Gli interessi sono tanti e le difficoltà pure.

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