Un venerdì di protesta nei Paesi arabi, dopo la diffusione su internet delle immagini del film blasfemo contro l’Islam. Abbiamo intervistato il professor Renzo Guolo docente di Sociologia e Sociologia delle Religioni presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Trieste ed esperto dei movimenti fondamentalisti islamici, dell’Islam italiano ed europeo, dei rapporti tra attori politici e sociali nazionali con l’Islam italiano, della geopolitica del mondo musulmano.
Proteste efferate oggi nei paesi arabi. Ma che fine ha fatto la primavera araba?Ovviamente la protesta rileva un atteggiamento anti-occidentale e questo fa capire che il processo di democratizzazione non è ancora stato compiuto. Le ribellioni non sorprendono, visto che i gruppi, soprattutto salafiti, fanno in modo che proprio il processo di democratizzazione non venga portato a termine.
Cosa sta succedendo da quelle parti? Un film può scatenare tanta violenza?Succede che gruppi qaedisti che condividono una certa maniera di vedere le cose colgono l’occasione, che sia l’11 settembre o un film anti-islamico, per scatenare le loro reazioni e ribellarsi a qualsiasi processo di democratizzazione.
E’ necessario però fare dei distinguo da paese a paese?Sì. Sono situazioni diverse. Per esempio in Egitto sono i salafiti che premono perché il premier Morsi, ricordiamo che è vicino ai Fratelli musulmani, è in giro per il mondo. Gli estremisti puntano a condizionare il dialogo con Obama e con gli altri.
In tutto questo, quanto incide la guerra in Siria?Naturalmente quello che succede a Damasco ha una sua dimensione. Ma non dobbiamo dimenticare che Usa e Francia combattono con i musulmani in Siria, per cacciare Assad. Insomma, combattono per lo stesso fine. Ma negli altri Paesi si fronteggiano.
A Tunisi è comparsa anche una bandiera di Al Qaeda, dobbiamo preoccuparci? Cosa può succedere?Sì, possono succedere incidenti e le proteste possono ancora proseguire. Ma bisogna continuare ad avere relazioni con questi Paesi e cercare di costruire la democrazia. E’ necessario non prestare il fianco a queste manifestazioni violente.
Adesso c’è da capire come i governi di questi Paesi riusciranno a contenere la piazza. Gli interessi sono tanti e le difficoltà pure.