L'Ikea russa epura i replicanti Pussy Riot
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L'Ikea russa epura i replicanti Pussy Riot

Sul sito russo del colosso svedese appare una foto di alcuni giovani, somiglianti al gruppo punk, seduti sui famosi divani fai da te. E scatta l'epurazione.

L'Ikea russa epura i replicanti Pussy Riot
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29 Settembre 2012 - 14.18


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di Belinda Malaspina

In questi giorni le Pussy Riot, gruppo punk femminile russo simbolo della lotta al regime repressivo di Putin, sono ovviamente nell’occhio del ciclone. Arresto, processo a tempo record, accusa di odio religioso e condanna a due anni di carcere per tre di loro. Per le altre, che sono riuscite a scappare, una ridicola taglia di poche centinaia di euro, promessi dal governo russo a chi gli fornirà informazioni sulle ragazze. Una rocambolesca vicenda insomma, con protagoniste alcune principesse giovani e graziose, che non poteva non diventare un caso mediatico. Tant’è che sul sito dell’Ikea russa, che ha indetto un concorso online per raccogliere le proposte fotografiche degli utenti da pubblicare nella copertina del prossimo catalogo, è apparsa per qualche tempo una immagine particolare. Alcuni giovanotti con il passamontagna colorato, in perfetto stile Pussy Riot, siedono come se niente fosse nel tipico salotto Ikea: questa la proposta di un utente che partecipa al concorso con un tema scottante, ma che a un campione del marketing può fare gola. Nel giro di poche ore l’immagine diventa la più votata.

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A questo punto la democratica, occidentale Ikea, non nuova a campagne pubblicitarie provocatorie e talora persino censurate, fa un passo indietro. E rimuove la foto. «Noi siamo un’organizzazione commerciale indipendente da qualsiasi visione politica e religiosa», afferma l’Ikea Russia. Vero è che se nel grande Paese amministrato da Putin si potesse dire la propria, non ci sarebbe bisogno di farlo, le Pussy Riot sarebbero a casa coi bambini e tutti vivrebbero felici e contenti. Ma se qualcuno può cominciare a smuovere la cortina, questi sono proprio i grandi colossi commerciali: l’unico argomento al quale Putin, a giudicare dalla sua selvaggia politica economica, riesca a prestare orecchio.
E poi l’Ikea che cos’ha da perdere, se persino in Italia è riuscita a far digerire la reclame a favore delle coppie gay? Se è difficile pensare che Putin rifornisca i suoi uffici nei negozi Ikea, ancora meno si può immaginare che lo faccia il Vaticano. Che per una volta, buon per tutti ma non per le Pussy Riot, arriva solo secondo.

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