Erdogan alla Siria: non vogliamo la guerra
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Erdogan alla Siria: non vogliamo la guerra

Rimane alta la tensione al confine tra Turchia e Siria, ma lo scoppio di un conflitto si allontana. Ankara dà il via libera a interventi mentre Damasco si scusa.

Erdogan alla Siria: non vogliamo la guerra
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5 Ottobre 2012 - 08.38


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È sempre alta tensione al confine fra Turchia e Siria, ma lo scoppio di un conflitto al momento sembra scongiurato. Il governo siriano si è scusato per il colpo di mortaio che mercoledì ha ucciso cinque
persone nella cittadina turca di Akcakale, e Ankara ha sospeso i bombardamenti di ritorsione, nei quali hanno perso la vita “numerosi soldati siriani”, secondo Damasco.

Il premier Recep Tayyip Erdogan ora cerca di calmare gli animi: «La Turchia non ha
intenzione di iniziare la guerra», ha detto. Il Parlamento turco ha intanto dato via libera per un anno, come richiesto dal premier, a possibili azioni militari in Siria se il governo lo riterrà necessario. Subito dopo il vicepremier Besir Atalay ha gettato acqua sul fuoco affermando che la Turchia non vuole la guerra con Damasco. «Non è una mozione per la guerra», ma una misura dissuasiva, ha spiegato. In serata lo stesso Erdogan ha assicurato di non volere «iniziare una guerra». Ma, ha avvertito, la Turchia: «Siamo in grado di difendere le nostre frontiere e i nostri cittadini. Nessuno deve sfidare la nostra
determinazione».

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Il paese è fortemente ostile a una possibile guerra. Ieri ci sono state manifestazioni a Ankara e Istanbul, e l’hashtag #savassahayir (noallaguerra, ndr) è rapidamente diventato il tema più diffuso su Twitter in turco. E i sondaggi mostrano che la maggioranza della popolazione è contro un conflitto con la Siria.

Intanto, già da mercoledì sera, dall’Ue, come da Berlino, Londra e Parigi, sono arrivati messaggi di solidarietà e di forte condanna della strage di civili di Akcakale. Ferma anche la condanna del Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha chiesto a Damasco che «simili violazioni del diritto internazionale cessino subito e non si ripetano più». Ed ha invitato la Siria al «pieno rispetto» dell’integrità territoriale dei Paesi confinanti.

Damasco ha risposto chiedendo ad Ankara «autocontrollo», e di «porre fine alle infiltrazioni di terroristi armati» dal suo territorio verso la Siria. Per il governo Assad Turchia, Qatar e Arabia Saudita favoriscono l’arrivo di centinaia di jihadisti vicini al al Qaida, probabilmente responsabili di buona parte dei crescenti attentati kamikaze o meno. Ieri una bomba ha ucciso a Damasco 21 guardie repubblicane. Il bilancio degli scontri, secondo gli attivisti anti-regime, è stato ieri di oltre 90 morti, in gran parte nei
sobborghi della capitale siriana.

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