Nel mio lavoro a volte succedono fatti strani, che però danno lo spunto per riflessioni, altrimenti lasciate “per quando c’è tempo” cioè mai. Il mio giornale, per esempio – latitudeslife.com – in questi giorni ha una pubblicità dell’India il cui pay-off recita: “ L’india si prende cura di te” facendo riferimento alla millenaria tradizione di medicina olistica propria del grande Paese asiatico. Tra le email che quotidianamente riceviamo, una mi ha particolarmente colpito perché, traendo spunto da questa pubblicità, richiama un problema latente, su cui l’opinione pubblica ha una particolare sensibilità.
Mi scrive il lettore: “Sono d’accordo con voi: l’india si prende cura di noi, in particolare dei due nostri soldati trattenuti illegalmente. Complimenti”.
Personalmente non amo entrare in polemica con chi ci scrive, ma una risposta è dovuta, se non altro per cortesia. Colpisce prima di tutto la forma: il lettore protesta con un giornale mentre, se mai, è all’India che dovrebbe indirizzare la sua protesta (come se protestasse con la Rai che pubblicizza Trenitalia, anziché con Trenitalia stessa, se il suo scompartimento è sporco). Il che è indice di quanto alcuni fatti annebbino la ragione.
Ma ancor di più colpisce nel merito: io non so se i nostri militari siano colpevoli dell’uccisione dei due pescatori indiani o meno, neppure so se sia stato un malaugurato incidente. Immagino che nessuno, a parte i due marò, lo sappia con certezza. Sappiamo solo che da una parte ci sono due fucili e dall’altra due morti. C’è una corte che giudicherà. Corte che abbiamo fatto irritare cercando la scorciatoia del maldestro indennizzo anticipato, che puzza di colonialismo tarlato.
L’Italia considera questo processo e la detenzione dei due marò illegale? C’è una corte di Giustizia internazionale cui indirizzare una protesta e il cui giudizio l’India, membro Onu, rispetterà. Al momento ricordo che il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, ha affermato che la Farnesina è sempre al lavoro “per ottenere una soluzione, anche dopo il processo, che riporti a casa i nostri militari. Se mai si dimostrasse in modo ultimativo il coinvolgimento dei due militari nell’incidente, di incidente si sarebbe comunque trattato”. Quindi la possibilità dell’incidente comincia a emergere.
Si potrebbe discutere sulla giurisdizione, che dipende dalla posizione della nave in quel momento. Si trovava o no in acque internazionali? Ricordo che quando sono state nostre le vittime e statunitensi gli omicidi, Lozano che uccise Calipari, gli aviatori che tagliarono il cavo della funivia del Cermis (e qui non c’era dubbio sulla giurisdizione) abbiamo chiesto la stessa cosa che ora chiede l’India: di poterli processare. E ci siamo scandalizzati perché i colpevoli, che erano certi, non ci sono stati consegnati. Stavolta sono scambiate le parti. E ricordare aiuta un giudizio più sereno.
Detto questo, spero che i nostri marò, peraltro trattati MOLTO diversamente dai normali detenuti, non siano responsabili e che comunque possano ritornare dopo un processo giusto. Ma occorre soprattutto distinguere la verità dalle bandiere, senza farsi accecare.