Sud Africa, quando lo stupro diventa la regola

Allarme abusi. Campagna di sensibilizzazione tra milioni di studenti contro la violenza sessuale che subiscono le donne e che dilaga nel paese del post-apartheid.

Sud Africa, quando lo stupro diventa la regola
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2 Marzo 2013 - 09.21


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di Rita Plantera

È partita ieri nelle scuole sudafricane una campagna di sensibilizzazione contro lo stupro voluta tra gli altri anche dal presidente Zuma, accusato e assolto nel 2006 per violenza sessuale. L’iniziativa che coinvolge circa 10 milioni di scolari ha senza dubbio la sua importanza in un Paese in cui anche i bambini e gli adolescenti sono vittime a scuola e a casa di violenza e abusi. Non si può però non essere scettici.

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Si fa fatica a credere che si tratti di un primo concreto passo verso un impegno governativo nel promuovere un diverso modello socio-culturale e nei rapporti tra uomo e donna. Nel 2012, come denuncia un rapporto di Human Rights Watch, la reintroduzione del Traditionalm Courts Bill ha aperto le porte a un sistema giudiziario di tipo patriarcale.

Questo sistema rafforza il potere dei capi locali come garanti del diritto consuetudinario assegnando loro l’autorità di applicare versioni controverse del diritto che prevedono fra l’altro l’ukutwala (il matrimonio forzato). La maggior parte dei leader locali sono uomini e la legge non assegna nessun ruolo alle donne nei tribunali.

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L’assuefazione a una cultura della violenza a sfondo sessuale e delle armi pare essere il collante delle idiosincrasie linguistico-culturali e delle differenze socio-economiche nel Sudafrica del Post-Apartheid, dove le divisioni razziali ancora resistono.

All’alba del 6 febbraio Anene Booysen, 17 anni, è stata trovata in fin di vita in un cantiere edile nel villaggio rurale di Bredasdorp, a 130 km a est di Cape Town. Tra la polvere, accanto al suo corpo, c’erano parti dell’intestino e dei genitali. Anene era stata ripetutamente stuprata e poi mutilata da una gang: dallo stomaco alla vagina c’era un unico squarcio. L’ex fidanzato e un amico di famiglia è tra gli imputati sotto processo. Due settimane dopo, un’altra giovane donna, Reeva Steenkamp, è stata uccisa da quattro colpi di pistola. A essere accusato di omicidio premeditato il suo compagno, Oscar Pistorius.

Ma tra i due casi, ampiamente riportati sia dalla stampa locale che internazionale, ci sono migliaia di altri non denunciati e non raccontati. L’eccezione questa volta è dovuta probabilmente alla estrema brutalità del primo e alla notorietà della vittima e del carnefice nel secondo. Di norma i casi di violenza, in particolare contro le donne, non fanno notizia.

Rappresentano un terrible trend sociale talmente radicato nel sistema socio-culturale da far sviluppare a livello socio-psicologico una sorta di assuefazione che rende immune dalla capacità di reazione. «La violenza sessuale in Sudafrica non conosce età, colore della pelle, preferenze sessuali, né livello di classe e di istruzione», si legge nel comunicato stampa rilasciato dal Sanac Women’s Sector sul sito del South African national aids council (Sanac), il giorno dopo l’omicidio di Anene Booysene.

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Il Sudafrica registra uno dei più alti tassi di stupro a livello mondiale con circa 64 mila casi registrati tra il 2011 e il 2012. Secondo un’ indagine di Gender links for equality and justice (Gl), una ong di Johannesburg, subisce violenza sessuale almeno una volta nella vita una donna su due. Uno studio condotto nel 2009 dal Medical research council (Mrc) in 3 distretti delle provincie dell’Eastern Cape e del Kwazulu Natal, evidenzia che il 27,6 per cento di circa 1738 intervistati ha stuprato una donna e il 46 per cento ammette di aver stuprato più di una donna o una ragazza. In molti tra sociologi, antropologi e operatori umanitari, ne individuano le cause in un modello di società gerarchizzato a livello di genere e patriarcale, e dall’altra nel periodo di oppressione razziale e di genere del periodo coloniale e dell’apartheid.

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