L’Islanda ha deciso di ritirare la sua candidatura per l’adesione all’Ue: lo ha reso noto il ministro degli Esteri di Reykjavik ,Gunnar Bragi Sveinsson in una nota fatta pervenire alla Lettonia, (Paese che ha la presidenza di turno del Consiglio Ue) nella quale si comunica che il governo islandese ha deciso che non intende far ripartire i negoziati.
L’Islanda aveva chiesto di entrare a fare parte dell’Ue nel 2010, sotto il governo socialdemocratico, ma nel 2013 l’arrivo al potere dei due partiti euroscettici, aveva cambiato le cose e le condizioni generali dell’Unione nell’anno e mezzo successivo non sono state certo in grado di cambiare questo orientamento.
A fine gennaio dello scorso anno le due formazioni euroscettice al governo in Islanda – il Partito del progresso (centro) e quello dell’indipendenza (destra) – avevano raggiunto un accordo su un progetto di legge che chiedeva al governo di “ritirare la candidatura per una adesione all’Unione Europea” e dunnque si erano messe d’accordo per l’abbandono della richiesta di adesione depositata dal Paese nel 2010.
“Questo progetto di legge sarà di mia responsabilità – aveva detto il ministro degli Esteri, Sveinsson – era stato il ministero degli Esteri a presentare la candidatura, è quindi naturale che sia io a presentare il progetto per ritirarlo”.Peraltro, nel 2009 la decisione dare il via ai negoziati non era stata sottoposta a consultazione popolare ( a differenza di quanto accaduto negli altri Paesi Scandinavi) ed inoltre ersa approvata dal Parlamento con una maggioranza risicata (32 voti contro 28).
La resistenze di buona parte dei finlandesi alle sirene di Bruxelles derivano in gran parte dalla solida economia del Paese, caratterizzata da standards di vita particolarmente alti, che a tema di molti potrebbero soltanto soffrire della partecipazione ad un sistema economico e normativo continentale. L’Islanda avrebbe potuto entrare nella Ue quasi immediatamente, tanto è vero che all’epoca della domanda si prevedevano appena due o tre anni di trattative, ma in particolare i conservatori avevano continuato a sostenere che da una mossa simile l Paese avrebbe avuto soltanto da pardere, compromettendo fra l’altro un’importante pilastro dell’economia, ossia la zona di pesca d’esclusivo utilizzo nazionaleche va ben oltre i limiti concessi dai normali trattati e già in passato ha provocato tensioni con altri Paesi, specie il Regno Unito con il quale sfociò in quella che fu chiamata “la guerra del merluzzo”.
A dimostrare gli alti standards economici, polici e sociali dell’Islanda è stato anche l’andamento dei negoziato fino al 2013: in meno di due anni fra 32 capitoli dell’ “acquis” comunitario, i capitoli 25 (Scienza e ricerca) e 26 (Istruzione e cultura) sono stati aperti ed immediatamente chiusi dato l’alto livello di allineamento in questi settori. Sono stati inoltre aperti i capitoli 5 (Appalti pubblici) e 10 (Società dell’informazione e media) e dopo due mesi anche questi sono stati immediatamente chiusi in quanto anch’essi allineati agli standard UE. Stessa sorta è toccata ai capitoli 2 (Libertà di movimento per i lavoratori) e 7 (Proprietà intellettuale). Il 12 dicembre sono stati aperti i capitoli 6 (diritto societario), 20 (politica industriale e aziendale), 21 (reti transeuropee), 23 (giustizia e diritti fondamentali), 33 (disposizioni finanziarie e di bilancio), ed ancora una volta i primi quattro subito sono stati cobclusi sempre perché allineati agli standard europei, se non più avanti. Poi dall’aprile 2013 i contatti sono entrati in una situazione di stallo con la vittoria alle elezioni politiche nazionali del Partito del progresso, e la nomina di Sigmundur Gunnlaugsson a primo ministro
La piccola isola nazione, con una popolazione di 325.000, rimane ancora membro dello Spazio economico europeo (SEE), dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA)e della zona Schengen, oltre ad essere partner dell’UE nel promuovere la cooperazione in Europa del Nord: in sostanza, L’ Islanda mantiene molti dei vantaggi dell’ Unione come fosse un membro a pieno titolo senza dover subire gli aspetti negativi delle leggi comunitarie centralizzate e della pianificazione. Da Reykjavik l’Unione europea viene vista come un autobus da prendere all’occorrenza, ma senza l’obbligo di rispettarne tutte le fermate.
Fonti : Agenzie