Il 53 per cento dei 14 milioni di rifugiati di tutto il mondo (esclusi i richiedenti asilo) viene da tre paesi: Somalia, Siria e Afghanistan. Il 41 per cento di loro è stato accolto in cinque paesi: Turchia, Pakistan, Etiopia, Iran e Libano. Sono i dati dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).
Questi dati sono significativi per due aspetti. Sapere quali sono i paesi da cui provengono può aiutare l’Europa a capire le cause di questo esodo per sposare finalmente una politica estera e militare più efficace di quella attuale. Facciamo l’esempio dell’Afghanistan. I motivi della fuga sono dovuti alla guerra mai conclusa che da quasi 15 anni affligge il Paese dopo che Bush, all’indomani dell’attacco alle Torri gemelle, decise di intraprendere. Ma anche in Siria e Somalia i conflitti vedono forti responsabilità dell’occidente.
Sapere dove quasi la metà di questi profughi si rifugia invece serve a ridimensionare, quella che continuiamo a chiamare emergenza e che invece è un problema che l’Unione europea potrebbe affrontare senza grossi problemi se unita. 40 mila migranti possono essere assorbiti senza problemi, ma i governi di sinistra e destra del vecchio continente hanno deciso di ascoltare solo la “pancia” del proprio elettorato. L’emergenza ergo è solo un problema di assetti politici interni agli stati.
Facciamo l’esempio del caso ungherese. Ieri la commissione europea ha chiesto “chiarimenti immediati”, dopo l’annuncio del governo di Budapest che avrebbe sospeso unilateralmente la normativa sulle richieste di asilo nell’Unione europea per “proteggere gli interessi ungheresi”. Una portavoce della Commissione europea ha detto che l’esecutivo ungherese guidato da Viktor Orban ha motivato la decisione con “ragioni tecniche”, quindi Bruxelles “ha chiesto all’Ungheria immediati chiarimenti sulla natura e sulla dimensione di queste difficoltà tecniche”.
La “zattera è piena”, aveva sintetizzato il portavoce del governo Zoltan Kovacs, giustificando la decisione con il fatto che l’Ungheria è vittima dall’inizio di quest’anno di un’affluenza insostenibile di migranti. La normativa sospesa per un periodo imprecisato da Budapest – il cosiddetto regolamento di Dublino – disciplina le richieste d’asilo in Europa e stabilisce che queste debbano essere esaminate nel paese d’arrivo.
Ma cerchiamo di leggere in maniera meno ipocrita la vicenda. La maggior parte dei migranti che arriva in Ungheria – 54mila dall’inizio dell’anno provenienti dalla Siria, dall’Iraq, dall’Afghanistan ma anche dal Kosovo – passa dalla frontiera serba con l’intenzione, non di restare in Ungheria, ma di raggiungere la Germania o altri paesi del Nordeuropa, attraversando l’Austria e la Repubblica ceca. Gli stessi paesi che si scandalizzano riguardo all’annunciato muro sono disposti ad accoglierli, o ci saranno altre decine di Ventimiglia? I Paesi che fanno i buoni sono sempre quelli che non confinano con le situazioni di crisi ma che si nascondono dietro l’accordo di Dublino che lascia allo stato di primo approdo tutto il carico della gestione.