Un fascista esaltato che non è degno di fare il presidente nemmeno dell’ultimo e infimo circolo, immaginiamoci il Brasile.
“E’ da 60 giorni che combatto questa battaglia. Ora basta, sono stanco”. Questo lo sfogo che Luis Henrique Mandetta ha affidato a ‘Veja’, una testata brasiliana. Mandetta ha detto che intende dimettersi dal suo incarico di ministro della Sanità, confermando le voci che da giorni lo vedevano ormai fuori della compagine di governo del presidente Jair Bolsonaro. Con l’arrivo dell’epidemia di coronavirus i rapporti tra i due si sono fatti sempre più tesi, principalmente a causa della linea di Bolsonaro – definita “morbida” e “mutevole” – di fronte all’emergenza coronavirus.
“E’ da sessanta giorni che devo misurare le parole” ha raccontato il ministro alla testata, lamentando continui “cambi di idea” e problemi che, anche quando sembravano essere risolti, tornavano a presentarsi perché “si cambia avviso”.
Intanto da più parti Bolsonaro è accusato di aver sottovalutato l’epidemia, che ora ha quasi raggiunto i 30.000 contagi, collocando il Brasile al terzo posto nelle Americhe, dopo Stati Uniti e Canada.
In un reportage dell’emittente britannica Bbc, si denuncia che a Villa Formosa, il cimitero “più grande dell’America Latina”, alle porte di San Paolo, le salme e i funerali stanno aumentando rapidamente.
Secondo i responsabili, se in un giorno si accoglievano mediamente 40 feretri, ora sono 60, e la causa è da imputare alla pandemia.
Ai parenti viene dato poco tempo per partecipare alle esequie, e in gruppi di non più di dieci persone, in osservanza delle misure anti-contagio. Proprio oggi le autorità dello Stato di San Paolo hanno fatto sapere che in una settimana i decessi sono aumentati del 180 per cento. Nello stesso arco di tempo i ricoveri in terapia intensiva sono passati da 33 a 525, inducendo i responsabili sanitari a prolungare la “zona rossa” fino al 22 aprile.
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