Afghanistan, evacuate le ambasciate a Kabul: la sporca guerra denunciata da Gino Strada, profeta inascoltato
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Afghanistan, evacuate le ambasciate a Kabul: la sporca guerra denunciata da Gino Strada, profeta inascoltato

La situazione sta rapidamente precipitando anche a Kabul, dove alcune ambasciate - a cominciare da quella degli Stati Uniti e della Gran Bretagna - stanno pianificando l’evacuazione di tutto il personale.

Donne afghane
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

13 Agosto 2021 - 17.07


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Altro che sei o tre mesi. E’ ormai una questione di giorni. Gli “Studenti coranici” sono a 60 chilometri da Kabul. L’avanzata dei talebani in tutto l’Afghanistan sta subendo una ulteriore accelerazione e le resistenze da parte delle forze governative si stanno via via facendo più deboli. Le milizie dei fondamentalisti islamici hanno conquistato oggi anche la città di Pul-i Alam, capoluogo della provincia di Lowgar, una sessantina di chilometri a sud di Kabul.

Lo ha detto un membro del consiglio provinciale citato dall’agenzia Afp. Altre fonti ufficiali afghane riferiscono che i Talebani hanno assunto il controllo anche della provincia occidentale di Ghor.

Nelle stesse ore Ismail Khan, 75 anni, conosciuto come uno dei “signori della guerra” del Paese si è arreso agli stessi talebani.

Da Herat nell’ovest a Ghazni, nell’est, passando per Kandahar e Laskar Gah, uno dopo l’altro i capoluoghi di provincia afghani cadono nelle mani dei Talebani, che si stanno rimpadronendo con sorprendente velocità del Paese. L’avanzata ricorda quella che li vide protagonisti alla metà degli anni Novanta, quando arrivarono ad instaurare il Califfato guidato dal Mullah Omar. Le loro forze sono ormai arrivate a150 chilometri dalla capitale Kabul, verso la quale fuggono migliaia di civili in condizioni disperate. La caduta della capitale sembra essere ormai solo questione di tempo, e la misura del dramma è data dalla proposta avanzata dal governo agli insorti di una condivisione del potere in cambio della fine delle ostilità. La Germania e gli Usa hanno invitato i propri cittadini a lasciare la città e Washington, esprimendo “grave preoccupazione”, ha annunciato che invierà forze militari per evacuare parte del personale dell’ambasciata. La rappresentanza diplomatica rimarrà tuttavia aperta, con lo staff ridotto all’indispensabile, mentre si valuta un suo spostamento nell’area dell’aeroporto. 

A Kabul, riferiscono all’Ansa fonti locali, la situazione è calma, ma cresce la paura per l’avvicinarsi dei jihadisti mentre la città si sta riempiendo di sfollati fuggiti dalle aree dove infuriano i combattimenti. In meno di una settimana i Talebani si sono impadroniti di un terzo dei capoluoghi di provincia, mentre a causa della recrudescenza dei combattimenti a partire da maggio, in seguito al ritiro delle forze Usa e Nato, quasi 400.000 persone hanno dovuto lasciare le loro case. Ghazni, la città più vicina alla capitale conquistata dai jihadisti, è stata consegnata in cambio di un lasciapassare dal governatore, Mohammad Davud Laghmani, che poi è stato intercettato e arrestato dalle forze governative mentre fuggiva. “Non accetteremo una presa del potere violenta o con la forza da parte di nuovi regimi”, ha affermato Sequi. Cioè del Califfato abbattuto dall’intervento anglo-americano del 2001. Ma una fonte del governo citata dall’agenzia Afp ha detto che, tramite la mediazione del Qatar, Kabul ha sottoposto ai Talebani la proposta “di condividere il potere in cambio della fine della violenza nel Paese”. 

Evacuare le ambasciate

La situazione sta rapidamente precipitando anche a Kabul, dove alcune ambasciate – a cominciare da quella degli Stati Uniti e della Gran Bretagna – stanno pianificando l’evacuazione di tutto il personale. Washington ha annunciato per questa ragione l’invio a Kabul di 3.000 militari. La capitale, dunque, potrebbe cadere molto prima dei 90 giornche erano stati preventivati dall’intelligence americana. La Nato ha convocato una riunione urgente sul deteriorarsi della situazione; oggetto del vertice dovrebbero essere i piani di evacuazione dall’intero Paese. Al momento i Talebani controllano circa l’80% del territorio afghano e la loro avanzata verso la capitale è concentrica.

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha sentito telefonicamente il presidente del Consiglio Mario Draghi, nella tarda serata di ieri, per fare il punto sulla situazione in Afghanistan alla luce degli ultimi sviluppi dopo l’avanzata dei talebani. Durante il colloquio è stata ribadita la necessità di procedere con la massima attenzione per mettere in sicurezza anche il personale dell’ambasciata italiana a Kabul.

La presa di Kandahar.

Città da 651mila abitanti, Kandahara è stata strategicamente e simbolicamente la conquista più importante, essendo in passato la roccaforte dei Talebani. Tutte le forze governative afghane hanno lasciato la città e si sono rifugiate nelle caserme del 205esimo battaglione, hanno riferito alla Dpa i deputati Gul Ahmad Kamin e Arif Noorzai. La ritirata è avvenuta dopo duri combattimenti con le forze talebane intorno e nella città. “Lashkar Gah – ha confermato una fonte della sicurezza – è stata evacuata. I talebani hanno deciso un cessate il fuoco di 48 ore per permettere a uomini dell’esercito e ai funzionari civili di lasciare la città”.

Mercoledì il presidente afghano Ashraf Ghani è andato a Mazar-i-Sharif, una città del nord tradizionalmente ostile ai talebani e attualmente sotto assedio, la cui tenuta è considerata fondamentale perché il governo non perda definitivamente il controllo del nord. Ghani sta provando a rinforzare e allargare l’esercito coinvolgendo i capi locali che controllano milizie e soldati. Mercoledì ha anche sostituito il capo dell’esercito, nominando al suo posto il generale Hibatullah Alizia.

Secondo Reuters, i talebani controllano ora circa due terzi dell’Afghanistan. Dopo aver conquistato facilmente le aree rurali, abbandonate in fretta dall’esercito afghano per concentrarsi sulla difesa della città, hanno velocemente conquistato una capitale provinciale dietro l’altra, prendendo il controllo di aeroporti, prigioni (da cui hanno liberato migliaia di prigionieri) e palazzi governativi, e interrompendo preziose linee di rifornimento per l’esercito afghano.

Mosca si fa avanti

La Russia è favorevole a rafforzare il ruolo dei mediatori internazionali nell’affrontare la situazione in Afghanistan e a includere l’Iran in questi sforzi. 

Lo ha detto il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov “I mediatori internazionali possono giocare un ruolo più significativo qui che in altri conflitti. Questo è l’obiettivo dei nostri sforzi all’interno della troika (Russia, Stati Uniti e Cina, ndr) e della troika allargata che coinvolge il Pakistan.  Saremmo anche interessati a che gli iraniani si uniscano e che altri paesi, compresa l’India, lo facciano in fasi successive”, ha detto Lavrov, citato da Interfax. 

L’avanzata talebana è seguita al ritiro dei soldati statunitensi, che secondo il presidente Joe Biden si concluderà entro l’11 settembre 2021, 20 anni dopo l’inizio della guerra che aveva portato in pochissimo tempo al rovesciamento del regime talebano (che governava il paese dal 1996). È stata favorita anche dalle debolezze dell’esercito afghano, poco addestrato e male armato, e dall’inefficacia dell’azione del governo di Kabul, coinvolto in molti scandali di corruzione negli ultimi anni. I talebani hanno inoltre trovato il prezioso appoggio di alcuni governi stranieri che prima si erano mantenuti più distanti: è il caso della Cina, dell’India, del Pakistan e della Russia.

Donne e bambini pagano il prezzo più alto

 “Circa l’80% di quasi 250mila afgani costretti a fuggire dalla fine di maggio sono donne e bambini“, ha detto a Ginevra la portavoce dell’Unhcr Mantoo. Le Nazioni Unite sono allarmate dall’attuale crisi umanitaria nel paese asiatico dove continua l’avanzata dei talebani e per il World Food Programme la situazione ha tutte le caratteristiche di una catastrofe umanitaria. “Il bilancio umano delle ostilità è immenso”, ha detto Mantoo. La missione di assistenza delle Nazioni Unite ha avvertito che senza una significativa riduzione della violenza, l’Afghanistan rischia di registrare il più alto numero di vittime civili documentate in un solo anno da quando sono contati delle Nazioni Unite. “Circa 400mila civili sono stati costretti a lasciare le loro case dall’inizio dell’anno, sommandosi ai 2,9 milioni di afghani già sfollati all’interno del paese alla fine del 2020″. Il World Food Programme ha descritto una situazione della “sicurezza alimentare e della nutrizione disastrosa“, che riguarda “un afghano su tre” e circa 2 milioni di bambini che “hanno bisogno di cure nutrizionali”. “Il paese è stato colpito da un secondo episodio di siccità in quattro anni e si prevede un raccolto inferiore alla media”, ha ammonito il portavoce Phiri.

Dai territori afghani conquistati dai talebani intanto arrivano notizie allarmanti: soldati uccisi dopo la resa, civili massacrati, donne fustigate e uccise, insieme a bambini. L’alto commissariato per i diritti umani dell’Onu  ha avvertito  che “potrebbero essere in corso crimini di guerra e contro l’umanità”, mentre ci sono migliaia di sfollati in fuga dalle zone conquistate. 

Ponte aereo Usa.

 Di fronte “all’evolversi della situazione di sicurezza” gli Stati Uniti intanto stanno riducendo ulteriormente il personale civile a Kabul e “accelerano i tempi” del ponte aereo per portare fuori dall’Afghanistan gli interpreti e gli altri afghani che hanno collaborato con le forze Usa. Il segretario di Stato, Antony J. Blinken, e il segretario alla Difesa, Lloyd J. Austin, in un colloquio telefonico con il presidente afghano Ashraf Ghani hanno sottolineato che “gli Stati Uniti rimangono impegnati per la sicurezza e la stabilità dell’Afghanistan di fronte alla violenza dei Talebani”, si legge in un comunicato. Blinken e Austin hanno poi “ribadito che gli Usa rimangono impegnati a mantenere forti relazioni diplomatiche e di sicurezza con il governo afghano”. E hanno discusso con Ghani gli ultimi sviluppi sul terreno, con le nuove conquiste dei Talebani, “gli sforzi per ridurre la violenza e le iniziative diplomatiche in corso”. Blinken ha affermato che “gli Usa rimangono impegnati a sostegno di una soluzione politica del conflitto”, conclude la nota del portavoce del dipartimento di Stato.

Accogliere i rifugiati

L’Unhcr,  l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha lanciato  l’allarme per la crisi umanitaria che si sta sviluppando oggi in Afghanistan. “Con l’intensificarsi dei combattimenti – recita un comunicato dell’Unhcr –  le Nazioni Unite in Afghanistan continuano a chiedere un cessate il fuoco permanente ed una soluzione negoziata nell’interesse del popolo afghano. Il prezzo da pagare della spirale di ostilità in termini di vite umane è immenso. La Missione di Assistenza delle Nazioni Unite ha avvertito che senza una significativa riduzione delle violenze, l’Afghanistan rischia di contare il numero più alto di vittime civili in un solo anno da quando le Nazioni Unite hanno iniziato a registrare questo dato. Siamo particolarmente preoccupati per l’impatto del conflitto su donne e ragazze. Circa l’80% dei quasi 250.000 afghani costretti a fuggire dalla fine di maggio sono donne e bambini. Sono circa 400.000 i civili che sono stati costretti a lasciare le loro case dall’inizio dell’anno, e che vanno ad aggiungersi ai 2,9 milioni di afghani già sfollati nel paese alla fine del 2020. Combattimenti in corso sono stati segnalati in 33 delle 34 province dell’Afghanistan. La stragrande maggioranza degli afghani costretti a fuggire rimane all’interno del paese, il più vicino possibile alle loro case. Dall’inizio di quest’anno, quasi 120.000 afghani sono fuggiti dalle zone rurali e dalle città verso la provincia di Kabul. L’Unhcr sollecita la comunità internazionale ad incrementare urgentemente il suo sostegno per rispondere a quest’ultima crisi di civili in fuga in Afghanistan.  I team dell’Unhcr, come parte del più ampio sforzo delle Nazioni Unite, quest’anno hanno valutato i bisogni di quasi 400.000 civili sfollati. Rispondendo inizialmente alle priorità più critiche, stanno ora fornendo cibo, alloggi, kit igienici e sanitari e altre forme di assistenza salvavita, insieme ai propri partner. L’Unhcr chiede inoltre ai paesi vicini di tenere aperti i loro confini alla luce dell’intensificarsi della crisi in Afghanistan. L’impossibilità di cercare sicurezza può mettere a rischio molte vite. L’Unhcr è pronto ad aiutare le autorità nazionali ad incrementare la risposta umanitaria in base alle necessità presenti. In un contesto di insicurezza generalizzata che si riscontra in molte parti dell’Afghanistan, è sempre più chiaro che gli afghani fuori dal paese possono avere bisogno di protezione internazionale. L’Unhcr chiede a tutti gli stati di garantire loro la possibilità di cercare sicurezza, indipendentemente dal loro status legale attuale. Alla luce della drammatica escalation del conflitto, l’Unhcr accoglie con favore le azioni intraprese da diversi stati per fermare temporaneamente le espulsioni dei richiedenti asilo diniegati e garantire l’accesso alle procedure di asilo”.

Non esistono cifre precise e definitive delle vittime del conflitto, la Brown university stima che in totale, tra vittime dirette e indirette del conflitto in Afghanistan e in Pakistan, siano state uccise 240mila persone in 20 anni, 70mila uomini e donne delle forze di sicurezza afghane, più di 3.500 soldati della coalizione, due terzi dei quali americani. L’Italia ha perso in guerra 53 soldati. Più di 4 milioni di afghani hanno lasciato il Paese e vivono per la maggior parte nei Paesi confinanti, in primis Iran e Pakistan.

Vent’anni di guerra. E questo è il risultato. 

Gino Strada l’aveva testimoniato da subito. Assieme agli operatori di Emergency ha salvato migliaia di afghani. Ma non è riuscito a fermare quella sporca guerra. E’ stato un profeta inascoltato. A piangerlo sono i civili afghani salvati, non i Grandi della Terra. Per Gino è una medaglia. 

 

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