Zaki ammanettato nella gabbia degli imputati: iniziato il processo

La prima udienza è durata poco più di 5 minuti e lo studente egiziano dell'Università di Bologna ha preso la parola lamentando di essere stato detenuto oltre il periodo legalmente ammesso

Tribunale di Mansura
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14 Settembre 2021 - 16.24


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Dopo più di un anno e mezzo di detenzione, il giovane Patrick Zaki è andato alla prima udienza del processo, il quale rischia di diventare una farsa, poiché non è stata rispettato alcun minimo diritto dell’imputato già dal primo atto.
Patrick Zaki era infatti ammanettato nella gabbia degli imputati nel processo che lo vede imputato al tribunale di Mansura, in Egitto. La prima udienza è durata poco più di 5 minuti e lo studente egiziano dell’Università di Bologna ha preso la parola lamentando di essere stato detenuto oltre il periodo legalmente ammesso per i reati minori di cui è accusato. Processo aggiornato al 28 settembre: fino a quella data Zaki resta in carcere.
Le parole di Zaki e la richiesta della legale
Hoda Nasrallah, la legale di Zaki, ha sostenuto la stessa tesi del suo assistito chiedendone il rilascio, dopo 19 mesi di detenzione.
La legale ha chiesto almeno l’accesso al suo dossier per avere certezza che le accuse di istigazione al terrorismo siano effettivamente decadute, come sembra dalla natura della Corte, ha spiegato una fonte. Barba, occhiali e codino, Patrick era vestito tutto di bianco con camicia, pantaloni larghi e scarpe da tennis. Ha parlato con impeto davanti a un giudice principale, uno a latere e un cancelliere. 
Cadute le accuse più gravi di incitamento al “rovesciamento del regime” e al “crimine terroristico” che avrebbero comportato fino a 25 anni, come reso noto da dieci ong egiziane l’accusa ora è di “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese” sulla base di un articolo pubblicato due anni fa.
Il ragazzo rischia una multa o una pena fino a cinque anni di carcere, ha previsto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, segnalando che non è chiaro al momento quante udienze siano previste.
Le sentenze del Tribunale per la sicurezza dello Stato davanti al quale comparirà il 30enne sono inappellabili, hanno precisato le ong, tra cui quella per cui Patrick lavorava come ricercatore, l’Iniziativa egiziana per i diritti personali (Eipr).
La Corte è la numero 2 per i “reati minori” (detta anche “d’urgenza”) di Mansura, la città sul delta del Nilo, circa 130 km a nord del centro del Cairo, dove Patrick è nato e vissuto fino al momento di andare all’università nella capitale, dove ora risiede la famiglia.
“Purtroppo era previsto che con l’approssimarsi della fine della detenzione preventiva dei 24 mesi, da quell’enorme castello di prove segrete mai messe a disposizione della difesa sarebbe stata presa una delle tante per mandarlo a processo. È uno scritto del 2019 in cui Patrick avrebbe preso le difese della minoranza copta perseguitata in Egitto”, ha riferito il portavoce di Amnesty.
Patrick era stato arrestato in circostanze controverse il 7 febbraio del 2020 ed è stato detenuto per quasi tutto il tempo a Torah, il famigerato carcere alla periferia sud del Cairo. La custodia cautelare in Egitto può durare due anni e dopo una prima fase di cinque mesi di rinnovi quindicinali ritardati dall’emergenza Covid il caso è stato a lungo in quella dei prolungamenti di 45 giorni.
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