Per comprendere la gravità della situazione più che ai leader politici è buona cosa prendere contezza di quanto resocontano autorevoli analisti militari.
Allarme ad Est
Per il presidente polacco Andrzej Duda la crisi in Ucraina è la “situazione più difficile che la Nato e l’Unione europea si trovano ad affrontare dagli eventi del 1989” che portarono al crollo del blocco politico dell’Est.
La dichiarazione è arrivata prima dell’incontro a Berlino con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron. “Abbiamo una concentrazione senza precedenti di truppe russe lungo il confine con l’Ucraina, abbiamo anche grandi raggruppamenti in Bielorussia, dove attualmente sono in corso manovre militari che dureranno fino al 20 febbraio. Ci domandiamo tutti cosa accadrà”, ha aggiunto il presidente polacco.
“Le cose più importanti sono l’unità e la solidarietà. Dobbiamo dimostrare di parlare con un’unica voce, che siamo una comunità, che non può essere spezzata, e penso che dovremmo anche dimostrare che non arretreremo”.
Valzer diplomatico
Sulla crisi ucraina, per ora si guadagna tempo. Dopo la maratona di incontri diplomatici a cui si è sottoposto il presidente francese Macron, ieri a Mosca con Putin e oggi prima in Ucraina con il presidente ucraino Zelensky e poi a Berlino con il cancelliere tedesco Scholz e il presidente polacco Duda, non è ancora ben chiaro quali progressi ci siano stati nelle trattative per porre un freno alla pericolosa crisi russo-ucraina.
Per Macron “c’è la possibilità di far progredire i negoziati” e che ora servono “soluzioni concrete pratiche” per avere una de-escalation nella crisi fra la Russia e l’Occidente sull’Ucraina. “Nelle prossime settimane ci attende un compito molto difficile, da parte di tutti è essenziale equilibrio in parole e azioni”.
Il presidente francese ritiene di avere ricevuto garanzie dal suo omologo russo, Vladimir Putin, che non ci sarà una nuova escalation. “(Putin)mi ha detto che non sarà all’origine di un’escalation. E’ importante. E il secondo elemento è che non ci saranno basi fisse o schieramenti di apparecchiature sensibili in Bielorussia”.
Ma da Mosca, il portavoce del Cremlino Peskov, ha categoricamente smentito che Macron sia riuscito a strappare a Putin la promessa che la Russia “non intraprenderà nuove iniziative militari”. Il portavoce di Putin ha anche sottolineato che la Francia non è l’interlocutore corretto perché non ha un ruolo di leadership nella Nato.
“La Francia detiene la presidenza di turno dei Paesi dell’Unione Europea, è anche un membro della Nato, ma non ha alcuna leadership, in questo blocco la guida è detenuta da un altro Paese. Di quali accordi possiamo discutere?”. Peskov ha però riconosciuto che una de-escalation “è davvero necessaria, poiché la tensione aumenta ogni giorno che passa. I Paesi occidentali inviano truppe in Ucraina, inviano aerei carichi di armi, inviano equipaggiamento militare. Questo, ovviamente, provoca nuove spirali di tensione”.
Nella conferenza stampa dopo l’incontro di Berlino, Macron ha detto che “Bisogna proseguire un dialogo esigente con la Russia”. Il “primo obiettivo è evitare la guerra”. Per raggiungerlo, “occorre conservare l’unità fra europei e alleati” e “difendere i principi europei”. Il capo dell’Eliseo ha quindi ribadito che nelle prossime settimane andrà avanti il dialogo con Mosca nel “formato Normandia (Germania, Francia, Ucraina e Russia”.
Scholz, senza nascondere il momento difficile, ha ribadito che qualsiasi attacco all’integrità territoriale ucraina avrà una risposta “vigorosa”, in termini di sanzioni economiche e politiche (anche se non ne ha specificato i contenuti). A sua volta, Duda ha evidenziato la necessità di proteggere l’integrità dell’Ucraina, un Paese che, senza essere membro dell’Unione Europea o della Nato, “ha bisogno di tutto il nostro sostegno”. Ma ha assicurato che “è ancora possibile evitare una guerra”.
Presto Macron dovrà poi parlare di nuovo con il presidente Usa, Joe Biden, lo ha reso noto la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki. “Mi aspetto che presto avrà un contatto con lui”. Biden ha parlato con Macron già due volte negli ultimi giorni.
La parola agli analisti militari
Scrive Gianluca Di Feo su La Repubblica: “L’incrociatore Ustinov è entrato l’altra notte nello Stretto di Gibilterra. Si pensava fosse diretto in Irlanda; invece ha cambiato rotta e si è infilato nel Mediterraneo con il suo carico di missili progettati per distruggere le portaerei. Subito il caccia americano Roosevelt si è messo all’inseguimento, per tenere sotto pressione l’equipaggio russo.
Questa non è un’esercitazione. La frase più temuta, quella che gela il sangue anche agli ufficiali più esperti, comincia a circolare in tutti i comandi della Nato. Ogni giorno che passa, i movimenti dell’armata di Mosca rendono concreto il timore di essere davanti a qualcosa di molto più serio delle grandi manovre. Su una scacchiera che va dal Baltico alla Siria, il Cremlino sta schierando le sue pedine secondo uno schema che non lascia dubbi: non c’è soltanto la preparazione a un’invasione, ma pure il dispositivo per fronteggiare ogni possibile reazione. La spada e lo scudo, come nello stemma del Kgb: quello che ha segnato il potere di Vladimir Putin.[..] Questa non è un’esercitazione. E lo confermano gli ultimi schieramenti sulla frontiera ucraina, anche questi con la duplice valenza: forze d’attacco e altre per difendere le posizioni. Non si spiegherebbe altrimenti la scelta di fare affluire le colonne della Rosgvardia, la guardia nazionale creata da Putin e da lui comandata. Sono i pretoriani del Cremlino, equipaggiati per soffocare rivolte e guerriglie: non servono per combattere in prima linea, ma per imporre l’ordine nelle città. Dalle foto sui social sono stati identificati persino due reparti della Rosgvardia venuti dalla Cecenia: i fedelissimi del despota filorusso Ramzan Kadyrov, noti per la loro ferocia. Contrariamente ai soldati regolari, non hanno tende: si stanno sistemando nelle scuole o negli edifici pubblici. Il massiccio afflusso di questi miliziani è un interrogativo inquietante, con una sola interpretazione plausibile: se ci sarà un’offensiva, avranno il compito di “pacificare” i territori occupati. Segnali altrettanto preoccupanti vengono dai trasferimenti dell’esercito. Intorno all’Ucraina si contano adesso 83 Btg, i gruppi tattici corazzati, mentre altri 14 sono in viaggio: costituiscono la massa d’urto dell’intera armata. Mosca da venerdì ha cominciato a spostare anche le unità dislocate nel Daghestan, considerato “il posto più pericoloso d’Europa” perché da secoli è il fulcro della resistenza musulmana: non verrebbe mai sguarnito per un normale addestramento…”.
Così Di Feo.
Grandi manovre
A darne conto è Pietro Batacchi, direttore di Rid (Rivista italiana difesa) : “Esattamente come la scorsa primavera – all’epoca il tutto era legato al “rinnovo” degli accordi di Minsk sul Donbass – la Russia è tornata a schierare le truppe nell’area al confine con l’Ucraina. Si parla di circa 100.000 soldati – appartenenti in gran parte alla 41ª Armata Armi Combinate ed alla 1ª Armata Carri della Guardia – appoggiati da carri, artiglieria e sistemi terra-aria: le immagini mostrano carri T-80, Sam Buk-M1, semoventi Msta-S, 8×8 Btr-80, ecc. In molti a Kiev ed Occidente temono un’invasione russa dell’Ucraina, mentre il Presidente Biden ha minacciato contro Mosca sanzioni “mai viste” autorizzando nuove forniture militari a Kiev. Tuttavia, Putin non crediamo abbia in questo momento l’intenzione di imbarcarsi in un’azione militare su larga scala: i rischi sarebbero troppo grandi e le conseguenze economiche sulla Russia ancor peggiori. Meglio, dunque, agitare lo spettro dell’invasione e giocare sulle percezioni per ottenere il vero obbiettivo di fondo: mantenere neutrale l’Ucraina evitandone o ritardandone all’infinito l’ingresso nella Nato. In certi casi è più utile minacciare l’uso della forza piuttosto che usarla, lasciando poi che la diplomazia “rinforzata” faccia il suo corso e raggiunga il compromesso mano mano che, sul terreno, si porta sempre più avanti la soglia del confronto. Si chiama, usando un termine inglese, brinkmanship, ovvero una strategia che punta deliberatamente a spingere sempre più avanti il rischio di guerra confidando sull’indisponibilità della controparte ad accettarlo. A volte va bene, e si porta a casa un risultato importante, ma a volte la soglia della guerra viene superata, anche in maniera non voluta perché il calcolo risultava sbagliato.
Dopo mesi di manovre e “build-up” russo ai confini, e lo spettro di una guerra in Ucraina, la Nato sta correndo ai ripari cercando di mettere in campo una risposta per riportare a più miti consigli Putin. Proprio ieri è iniziata nel Mediterraneo l’esercitazione Neptune Strike 2022 che coinvolge unità danesi, norvegesi e non solo ma, sopratutto, la portaerei americana Uss Harry Truman passata per l’occasione sotto il comando diretto della Nato, in particolare di StrikforNato, ovvero il Comando navale proiettabile di Saceur (Supreme Allied Commander Europe’s). Con la Truman anche l’incrociatore classe Ticonderoga Uss San Jacinto. Nei giorni scorsi, altri Paesi nato si erano già espressi circa la crisi ucraina. la danimarca, per esempio, ha deciso di schierare una fregata nel Baltico e 4 F-16 in Lituania a supporto della missione Nato Air Policing, mentre anche la Spagna sta inviando non meglio precisate unità nel Mediterraneo Orientale e considerando lo schieramento di caccia in Bulgaria. Il Presidente Macron si è detto disponibile a inviare truppe francesi in Romania, sotto comando Nato, e pure l’Olanda dispiegherà in Bulgaria 2 F-35 a partire da aprile, sempre nel quadro della missione Air Policing. Tutto questo mentre il Pentagono ha messo in massima allerta 8.500 soldati sul suolo americano: in 5 giorni, qualora le circostanze lo richiedessero, potrebbero essere rischierati in Europa (sia nell’ambito della Nato Response Force sia esternamente a tale ambito). Insomma, la Nato sta prendendo delle contromisure per rispondere al rafforzamento del dispositivo militare russo sul confine ucraino. L’obbiettivo dell’Alleanza è duplice. Da un lato, rassicurare i Paesi membri del fianco orientale, dall’altro rafforzare il proprio deterrente segnalando a Putin che ogni eventuale iniziativa russa in Ucraina avrebbe un costo molto alto.
In questo momento nel Mediterraneo stanno svolgendo manovre congiunte 3 portaerei Nato con i rispettivi gruppi da battaglia. Un segnale ben preciso alla Russia nel quadro della crisi ucraina ed un deciso innalzamento del profilo deterrente dell’Alleanza Atlantica nell’area. Le 3 portaerei in questione sono l’americana Uss Harry Truman, la francese Charles De Gaulle e l’italiana Cavour. La prima è scortata dai cacciatorpediniere tipo Arleigh Burke, Uss Gonzalez, Uss Bainbridge E Uss Gravely, dall’incrociatore tipo Ticonderoga, Uss San Jacinto, e dalla fregata norvegese Fridtjof Nansen; nell’area sono presenti anche i cacciatorpediniere Uss Cole e Uss Jason Dunham e, probabilmente, pure un sottomarino a propulsione nucleare lanciamissili da crociera (Ssgn) Ohio ed 1-2 sottomarini d’attacco a propulsione nucleare. La Task Force francese è composta, oltre che dalla De Gaulle, dal cacciatorpediniere tipo Orizzonte, Forbin, dalle fregate tipo Fremm, Alsace E Normandie, dall’unità rifornitrice Durance e da almeno un sottomarino nucleare d’attacco classe Rubis. La Task Force della portaerei della Marina Militare Cavour, invece, dovrebbe comprendere almeno un cacciatorpediniere Orizzonte e una fregata tipo Fremm, più un sottomarino convenzionale U-212a classe Todaro. Un dispiegamento “alleato” di così ampia portata non si ricordava dai tempi della Guerra di Libia del 2011. Dal canto suo la Russia ha attualmente nel Mediterraneo una forza da sbarco composta da 6 navi anfibie – classe Ropucha e la più moderna classe Ivan Gren e, soprattutto, 2 incrociatori pesanti da 11.000 t lanciamissili classe Slava, Marshal Ustinov E Varyag, ai quali si potrebbe aggiungere il Moskva, al momento nel Mar Nero, e il cacciatopedienire tipo Udaloy, Vice-Admiral Kulakov, e la fregata di nuova generazione tipo Admiral Gorshkov, Admiral Kasatonov. Ignoto il numero e la tipologia dei sottomarini russi nell’area, posto che la Flotta del Mar Nero dispone di 6 sottomarini convenzionali lanciamissili Kalibr, tipo 636.6, classe Varshavyanka, che regolarmente vengono distaccati nel Mediterraneo”.
Gli scenari tratteggiati da Di Feo e Batacchi sono la realtà.
Sentite invece questa confessione: “È troppo presto per dire che una de-escalation è più vicina. Non abbiamo nessuna certezza sulle intenzioni di Putin”. A dirlo non è un passante ma il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in un’intervista concessa al quotidiano spagnolo La Vanguardia sulla crisi in Ucraina”.