Ungheria e Polonia, paesi sovranisti, sotto accusa per le loro leggi liberticide, hanno perso la loro battaglia con Bruxelles.
Infatti, per Polonia e Ungheria si tratta di una doppia sconfitta giuridica e anche politica. La Corte di Giustizia Ue ha respinto i ricorsi dei due Stati contro il meccanismo di condizionalita’ che subordina il beneficio di finanziamenti provenienti dal bilancio dell’Unione al rispetto da parte degli Stati membri dei principi dello Stato di diritto. Tale meccanismo, indica la Corte che si e’ riunita in seduta plenaria, e’ stato adottato sul fondamento di una base giuridica adeguata, e’ compatibile con la procedura prevista all’articolo 7 del Trattato Ue e rispetta in particolare i limiti delle competenze attribuite all’Unione e il principio della certezza del diritto. A questo punto la Commissione Europea ha la strada aperta per mettere in pratica il dispositivo del Recovery Fund che collega l’uso dei fondi Ue al rispetto dello Stato di diritto per tutelare il denaro dei contribuenti europei (attraverso il bilancio Ue e i fondi raccolti con le emissioni di debito comune).
Nel dicembre 2020, il Parlamento e il Consiglio avevano adottato il regolamento che istituisce un regime generale di condizionalita’ per la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri. Per realizzare tale obiettivo, e’ consentito al Consiglio, su proposta della Commissione, di adottare misure di protezione quali la sospensione dei pagamenti a carico del bilancio dell’Unione o la sospensione dell’approvazione di uno o piu’ programmi. L’Ungheria e la Polonia avevano proposto ciascuna un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia chiedendo l’annullamento di tale regolamento. Del contesto ‘politico’ fa parte l’accordo al Consiglio europeo di non mettere in pratica la disposizione concordata (semaforo rosso ai finanziamenti) fino al pronunciamento della massima magistratura europea, condizione apertamente contestata dal Parlamento Europeo.
Ungheria e Polonia hanno fondato i ricorsi in particolare sull’assenza di una base giuridica adeguata nei Trattati UE e di funzionamento della Ue, sull’elusione della procedura prevista all’articolo 7, sul superamento dei limiti delle competenze dell’Unione e sulla violazione del principio della certezza del diritto. L’articolo 7 disciplina i casi di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori dello Stato di diritto, tra cui l’indipendenza della magistratura rilevante nel caso di fondi europei per la certezza del loro buon uso. Prevede una procedura che puo’ portare in ultima istanza alla sospensione dei diritti di voto del Paese in questione al Consiglio. I piani anticrisi di Polonia e Ungheria sono bloccati a Bruxelles da mesi proprio sulla questione del mancato rispetto delle regole basilari della certezza di un uso corretto dei fondi e e sull’indipendenza della magistratura.
A sostegno dei loro argomenti, l’Ungheria e la Polonia hanno fatto riferimento a un parere riservato del servizio giuridico del Consiglio sulla proposta iniziale che ha portato al regolamento, il che viene ammesso dalla Corte, nonostante le obiezioni del Consiglio, in forza dell’interesse pubblico prevalente costituito dalla trasparenza della procedura legislativa.
In queste due cause, l’Ungheria e la Polonia si sono reciprocamente sostenute, mentre il Belgio, la Danimarca, la Germania, l’Irlanda, la Spagna, la Francia, il Lussemburgo, l’Olanda, la Finlandia, la Svezia e la Commissione sono intervenuti a sostegno del Parlamento e del Consiglio.
La Corte constata, in primo luogo, per quanto riguarda la base giuridica del regolamento, che la procedura prevista dal regolamento puo’ essere avviata solo nel caso in cui sussistano motivi fondati per ritenere non soltanto che in uno Stato membro si verifichino violazioni dei principi dello Stato di diritto, ma soprattutto che tali violazioni compromettano o rischino seriamente di compromettere ‘in modo sufficientemente diretto’ la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. Inoltre, le misure che possono essere adottate in forza del regolamento si riferiscono esclusivamente all’esecuzione del bilancio dell’Unione e sono tutte atte a limitare i finanziamenti provenienti da tale bilancio a seconda dell’impatto su quest’ultimo di un simile pregiudizio o di un simile rischio serio. Il regolamento mira, pertanto, a proteggere il bilancio dell’Unione da pregiudizi derivanti in modo sufficientemente diretto da violazioni dei principi dello Stato di diritto, e non gia’ a sanzionare, di per se’, violazioni del genere.
I giudici di Lussemburgo ricordano che il rispetto da parte degli Stati membri dei valori comuni sui quali l’Unione si fonda, che definiscono l’identita’ stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune a tali Stati tra i quali lo Stato di diritto e la solidarieta’, giustifica la fiducia reciproca tra tali Stati. Poiche’ tale rispetto costituisce quindi una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei Trattati a uno Stato membro, l’Unione deve essere in grado, nei limiti delle sue attribuzioni, di difendere tali valori.
La Corte precisa su tale punto, da un lato, che il rispetto di tali valori non puo’ essere ridotto a un obbligo cui uno Stato candidato e’ tenuto al fine di aderire all’Unione e dal quale potrebbe sottrarsi in seguito alla sua adesione.
Dall’altro lato, sottolinea che ‘il bilancio dell’Unione e’ uno dei principali strumenti che consentono di concretizzare, nelle politiche e nelle azioni dell’Unione, il principio fondamentale di solidarieta’ tra Stati membri e che l’attuazione del principio in questione, mediante il bilancio, si basa sulla fiducia reciproca tra di essi nell’utilizzo responsabile delle risorse comuni iscritte in bilancio’.
Di conseguenza, ‘la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione e gli interessi finanziari dell’Unione possono essere gravemente compromessi da violazioni dei principi dello Stato di diritto commesse in uno Stato membro’. Tali violazioni possono comportare, in particolare, ‘l’assenza di garanzia che spese rientranti nel bilancio dell’Unione soddisfino tutte le condizioni di finanziamento previste dal diritto dell’Unione e, pertanto, rispondano agli obiettivi perseguiti dall’Unione quando essa finanzia spese di tal genere’. Pertanto, un ‘meccanismo di condizionalita” orizzontale, come quello istituito dal regolamento, che subordina il beneficio di finanziamenti provenienti dal bilancio dell’Unione al rispetto da parte di uno Stato membro dei principi dello Stato di diritto, ‘puo’ rientrare nella competenza, conferita dai Trattati all’Unione, di stabilire regole finanziarie relative all’esecuzione del bilancio dell’Unione’.
In secondo luogo, la Corte constata che la procedura istituita dal regolamento non elude la procedura prevista all’articolo 7 e rispetta i limiti delle competenze attribuite all’Unione. Infatti, tale procedura ha lo scopo di consentire al Consiglio di sanzionare violazioni gravi e persistenti di ciascuno dei valori comuni sui quali l’Unione si fonda e che definiscono la sua identita’, al fine, in particolare, di ingiungere allo Stato membro interessato di porre fine a tali violazioni. Il regolamento mira invece a proteggere il bilancio dell’Unione, e cio’ soltanto in caso di violazione dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro che compromette o rischia seriamente di compromettere l’esecuzione efficiente di tale bilancio. Di conseguenza, la procedura prevista all’articolo 7 e quella istituita dal regolamento perseguono scopi diversi e hanno ciascuna un oggetto nettamente distinto.
Inoltre, poiche’ il regolamento consente alla Commissione e al Consiglio di esaminare solo situazioni o condotte imputabili alle autorita’ di uno Stato membro e che risultano rilevanti per l’esecuzione efficiente del bilancio dell’Unione, ‘i poteri conferiti a tali istituzioni dal regolamento di cui trattasi non travalicano i limiti delle competenze attribuite all’Unione’.
Quanto all’argomento dell’Ungheria e della Polonia sulla violazione del principio della certezza del diritto, poiche’ il regolamento non definirebbe la nozione di ‘Stato di diritto’ ne’ i suoi principi, la Corte sottolinea che tali principi, elementi costitutivi di tale nozione, sono stati ampiamente elaborati nella sua giurisprudenza, trovano la loro fonte in valori comuni riconosciuti e applicati anche dagli Stati membri nei loro rispettivi ordinamenti giuridici e essi derivano da una nozione di ‘Stato di diritto’ che gli Stati membri condividono e cui aderiscono, quale valore comune alle loro tradizioni costituzionali. Di conseguenza, la Corte ritiene che ‘gli Stati membri siano in grado di determinare con sufficiente precisione il contenuto essenziale e i requisiti derivanti da ciascuno di tali principi’.
In piu’, la Corte precisa che il regolamento richiede, per l’adozione delle misure di protezione previste, che ‘venga accertato un nesso effettivo tra una violazione di un principio dello Stato di diritto e un pregiudizio o un rischio serio di pregiudizio per la sana gestione finanziaria dell’Unione o per i suoi interessi finanziari e che una violazione del genere debba interessare una situazione o una condotta imputabile a un’autorita’ di uno Stato membro e rilevante per l’esecuzione efficiente del bilancio dell’Unione’. La nozione di ‘rischio serio’ e’ precisata nella normativa finanziaria dell’Unione e sottolinea che le misure di protezione che possono essere adottate ‘devono essere strettamente proporzionate all’impatto della violazione constatata sul bilancio dell’Unione’. In particolare, secondo la Corte, ‘e’ solo nella misura strettamente necessaria a conseguire l’obiettivo di proteggere tale bilancio nel suo complesso che tali misure possono riguardare azioni e programmi diversi da quelli pregiudicati da una simile violazione’. Infine, constatando che la Commissione deve rispettare, sotto il controllo del giudice dell’Unione, requisiti procedurali rigorosi che implicano in particolare varie consultazioni dello Stato membro interessato, la Corte conclude che il regolamento ‘soddisfa i requisiti del principio della certezza del diritto’.